>Il primo biografo di Don Bosco, Don G.B. Lemoyne,
scrive:
«Incalcolabile fu il bene spirituale che gli alunni
dell’Oratorio ricavavano dai sogni di Don Bosco... L’annunzio
che Don Bosco avrebbe raccontato un sogno era come un avvenimento
nell’Oratorio, e i giovani impazienti e irrequieti aspettavano
il momento di udirne la narrazione».
La sera del 31 dicembre
del 1867 Don Bosco radunò i giovani in chiesa e, salito sul
pulpito, dopo le orazioni parlò così: «In questi
giorni i parenti sogliono dare la strenna ai loro figliuoli, e gli
ami ci darsela tra di loro. Così anch’io sono solito di
fare ogni anno, dando in questa sera un ricordo ai miei cari giovani,
che serva di norma per l’anno venturo».
Don Bosco
continua quindi dicendo che stava pensando quale strenna dare ai
ragazzi dell’Oratorio, quando gli parve nel sogno di trovarsi
in un bel giardino, ricco di rose splendide e cinto da un muro sul
cui ingresso era scritto a caratteri cubitali 1868.
I giovani che
si divertivano in quel giardino, appena videro Don Bosco, gli si
affollarono attorno e si inoltrarono insieme nel giardino. Dopo un
tratto di via, videro in un canto molti giovani che cantavano il
Miserere e altre preghiere dei defunti, insieme con alcuni preti e
chierici. Avvicinatosi a loro, chiese:
— Perché
cantate il Miserere? E morto forse qualcuno?
—Oh —
risposero —, non lo sa? E morto il tale. Ma ha fatto una morte
invidiabile. Ha ricevuto con grande nostra edificazione i sacramenti
e si dimostrò pienamente rassegnato alla volontà di
Dio. Ora preghiamo per la sua anima accompagnandolo alla sepoltura,
ma pensiamo che sia già in paradiso.
— La sua fu
dunque una buona morte — commentò Don Bosco —. Sia
fatta la volontà di Dio. Imitiamo le sue virtù e
preghiamo il Signore che conceda anche a noi la grazia di fare una
buona morte.
Sempre circondato da una folla di giovani, Don Bosco
proseguì il cammino finché arrivò in un
bellissimo prato verdeggiante. Ed ecco un’altra turba immensa
di giovani disposti in circolo intorno a qualcosa che non riusciva a
distinguere. Si avvicinò e vide che attorniavano una bara e
udì che anch’essi cantavano il Miserere.
Domandò:
—
Per chi pregate?
Essi, tutti malinconici, risposero:
— È
morto un altro giovane. Stette gravemente malato, fu visitato dai
suoi parenti e fece una buona morte.
Don Bosco domandò il
nome del morto e, quando lo seppe, rimase molto addolorato.
—
Oh, come mi rincresce! — esclamò —. Mi voleva
molto bene e non ho potuto dargli l’ultimo addio! Muoiono tutti
adesso: solamente ieri uno, oggi un altro....
— Che cosa
dice? — obiettò la solita Guida —. Sono più
di tre mesi che è morto il primo, il tal giorno, nella tale
ora.
Don Bosco prosegue: «Continuammo a inoltrarci tutti in
mezzo a quei boschetti e, dopo un breve cammino, ecco che udiamo
cantare di bel nuovo il Miserere. Arrestiamo il passo e vediamo
un’altra schiera di giovani che si avvicinavano; erano tutti
sconsolati e con gli occhi lacrimosi.
— Che cosa avete? —
chiesi loro.
— È morto il tale!
— E morto
anche lui?!
— Sì, poveretto! Ha fatto una morte poco
desiderabile.
— Non ricevette i sacramenti?
—
Dapprima non voleva riceverli, poi li ricevette, ma con poca voglia e
non dando segni di pentimento, cosicché rimanemmo poco
edificati di lui e ci rincresce assai che un giovane dell’Oratorio
abbia fatto una così brutta morte.
Allora io cercai di
consolarli dicendo:
— Se ha ricevuto i sacramenti, speriamo
che si sia salvato.
Non bisogna disperare della misericordia di
Dio: è così grande! ». Mentre, addolorato e
turbato, Don Bosco pensava in qual tempo quei giovani fossero morti,
gli apparve d’improvviso la Guida che disse:
— Dunque
sono tre. Hai visto il numero 68 scritto sulla porta del giardino?
Significa l’anno 1868. In quest’anno i giovani che ti
furono indicati devono morire. Come hai visto, i due primi sono il 12
ottobre 1889, rilasciava la seguente dichiarazione: «Posso as
ben preparati, il terzo tocca a te preparano. sicurare con giuramento
che la morte annunziata dei tre figli di
— Ma come tu puoi
dirmi questo? — obiettò Don Bosco. Don Bosco si è
avverata, come potrebbero testificarlo Don Berto — Sta’
attento all’esito e vedrai — gli rispose, e Don Bologna».
Avvinto dall’amabilità e chiaroveggenza della sua Guida,
Don Bosco le disse:
— Ti prego di essermi cortese. Mi hai
detto dell’avvenire; ora parlami del presente. Dimmi qualche
cosa da riferire ai miei giovani come strenna domani sera.
E la
Guida:
— Di’ ai tuoi giovani che siccome quei due
primi erano preparati perché frequentavano con le dovute
disposizioni la S. Comunione in vita, così anche in morte la
ricevettero con edificazione di tutti. Ma quell’ultimo non la
frequentava in vita, perciò in punto di morte la ricevette con
poca soddisfazione. Di’ loro che se vogliono fare una buona
morte, frequentino con le dovute disposizioni la S. Comunione e che
la prima disposizione è una Confessione ben fatta. La strenna
dunque sia questa: «La Comunione devota e frequente è il
mezzo più efficace per fare una buona morte e così
salvarsi l’anima».
C’era nell’Oratorio di
Valdocco il chierico Stefano Bouriot, entrato da poco con
l’intenzione di farsi salesiano. Egli trovava una certa
ripugnanza a prestar fede ai sogni di Don Bosco, che gli narravano i
compagni anziani. Quindi con spirito di critica stette a osservare
ciò che quella volta sarebbe accaduto riguardo alla morte dei
tre giovani e alle circostanze che dovevano accompagnarle. Con Don G.
Berto e con Don G. Bologna si mise di proposito a costatare per
iscritto gli avvenimenti a mano a mano che accadevano; tutti e tre
firmavano il verbale ogni volta che una profezia si avverava,
rimanendo stupiti della mirabile precisione con la quale si
svolgevano le cose preannunziate da Don Bosco.
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