Il 27 settembre del 1876, a Lanzo Torinese, Don Bosco, a ricordo
degli Esercizi Spirituali dei Salesiani, raccontò un sogno che
è uno dei più istruttivi di quanti ne aveva avuti fino
allora. Si snoda in tre parti ben distinte tra loro.
«Sognai
— disse — di fare con voi il viaggio da Lanzo a Torino.
Eravamo tutti insieme su di un convoglio, forse sui carrozzoni della
ferrovia. A un tratto la macchina si ferma. Scendo per vedere che
cosa è successo e mi trovo accanto un personaggio strano: alto
e basso nello stesso tempo, grasso e anche magro, mentre era bianco
era anche rosso, camminava per terra e per aria.
— Vieni —
mi disse —, vieni presto. Facciamo girare le carrozze in questo
campo.
Il campo era vastissimo, si perdeva a vista d’occhio,
pianeggiante e battuto come fosse un’aia. Sistemati i veicoli
in quella pianura, gridammo ai passeggeri di scendere. Ed ecco che,
appena tutti so no scesi, si vedono scomparire i veicoli, senza che
sapessimo dove erano andati.
— Ora che siamo discesi, tu mi
dirai... voi mi direte... lei mi dirà... — sussurrai
incerto sul modo di comportarmi con quello strano personaggio —
mi dirà perché ci abbia fatti fermare in questo
luogo.
Rispose:
— Il motivo è grave: per farvi
evitare un grandissimo pericolo.
— E quale?
— Il
pericolo di un toro furibondo che non lascia persona viva al suo
passaggio. Chiama tutti i tuoi attorno a te. Avvisali che devono
stare attenti, molto attenti. Appena sentiranno il muggito del toro,
muggito straordinario e immenso, si gettino subito a terra, e così
se ne stiano bocconi, con la faccia rivolta al suolo, fintanto che il
toro abbia fatto il suo passaggio. Guai a colui che non ascolterà
la tua voce! Poiché qui se humiliat exaltabitur, et qui se
exaltat humiliabitur (Chi si umilia sarà esaltato, e chi si
esalta sarà umiliato).
Poi soggiunse:
— Presto,
presto! Il toro sta per venire. Grida forte che si buttino a
terra.
Io gridavo forte, ma egli mi esortava:
— Grida più
forte, grida più forte, grida, grida!
Io ho gridato tanto
forte che credo di aver spaventato Don Le moyne (il direttore di
Lanzo), che dormiva nella camera accanto. Tutt’a un tratto si
sente il muggito tremendo del toro.
— Attenti, attenti!
Falli mettere tutti in fila, l’uno vicino all’altro, da
una parte e dall’altra, con un passaggio nel mezzo, per cui il
toro possa passare.
Così mi grida quel personaggio. Io do
questi ordini e in un batter d’occhio tutti sono a terra,
mentre incominciamo a vedere da molto lontano il toro, che arrivava
furibondo. Alcuni però volevano vedere che cosa fosse quel
toro e rimasero in piedi: erano pochi, per fortuna. Quell’individuo
mi disse:
— Ora vedrai che cosa avverrà di costoro;
vedrai che cosa riceveranno perché non si vogliono
abbassare.
Io volevo avvertirli ancora, correre presso di loro,
farli abbassare, ma la mia Guida me lo impedì recisamente.
—
L’ubbidienza è anche per te: abbassati!
Non ero
ancora prostrato che un grandissimo muggito, tremendo, spaventevole,
si fece udire. Tutti tremavamo e ci domandavamo:
— Che cosa
succederà?
Una cosa strana che fece stupire anche me fu
questa: sebbene avessi il capo prostrato a terra con gli occhi nella
polvere, vedevo benissimo ciò che accadeva attorno a me. Il
toro aveva sette corna in forma quasi di circolo. Queste corna erano
mobili, le voltava dalla parte che voleva di modo che, per abbattere
qualcuno, non aveva da voltarsi qua e là; gli bastava andare
avanti per abbattere qualunque cosa incontrasse.
Già il
toro ci era vicinissimo. Allora la Guida gridò:
— Si
vedrà l’effetto dell’umiltà.
E in un
istante ci vedemmo tutti sollevati in aria, a una considerevole
altezza, in modo che il toro non poteva assolutamente raggiungerci.
Ma quei pochi che non si erano abbassati non furono sollevati. Arrivò
il toro e li sbranò in un momento. Non se ne salvò
neppur uno. Noi intanto vedevamo il toro furioso, che cercava di
raggiungerci; faceva salti terribili per poterci dare delle cornate;
ma non poté farci alcun male. Allora, furioso più che
mai, se ne andò; e noi ci ritrovammo per terra. La Guida
allora gridò: — Voltiamoci dalla parte di
mezzogiorno.
Ed ecco che si cambiò completamente la scena
davanti a noi. Il prato era scomparso, al suo posto vedemmo una
chiesa immensa, bellissima, ornata con magnificenza. Fra un tripudio
di luci stava esposto il SS. Sacramento. Mentre eravamo in
adorazione, arrivò un’intera mandria di tori furibondi,
decisi a sterminarci. Ma trovandoci in adorazione a Gesù
Sacramentato, non poterono farci nulla e, di lì a poco,
scomparvero. A un tratto non vedemmo più nè chiesa né
altare: era tutto sparito e noi ci trovammo nuovamente nel prato».
Don Bosco terminò il racconto dicendo che era facile
capire che il toro è il nemico delle anime, il demonio. Le
sette corna sono i sette vizi capitali. Dalle terribili cornate di
questo toro infernale ci salvano l’Eucaristia e l’umiltà,
base e fondamento di ogni virtù. Tra i preziosi consigli che
dava Don Bosco, eccone uno preziosissimo:
« Abbi l’umiltà
di riconoscerti debole;
abbi l’umiltà di farti
aiutare da chi sa e può aiutarti;
abbi l’umiltà
di pregare e di confessarti spesso e bene».
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