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Jelena Vasilj: La bellezza nasce dalla croce

19/02/2004    1885     Jelena Vasilj    Croce  Jelena Vasilj 
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Per l'uomo è impossibile vivere senza la bellezza, perché la bellezza è parte integrante di ciò di cui il suo spirito si nutre. Già gli antichi greci lo intuivano, comprendendo il bello tra il vero ed il buono, come una delle tre categorie fondamentali che, in quanto assolute, si attribuivano solo a Dio.

Durante la storia il concetto di bello ha subito molte metamorfosi; nell'antichità si cercava una bellezza piuttosto oggettiva, ovvero una forma perfetta, come nell'arte greca e poi in quella romana (dalla quale sono stati ripresi i temi in varie epoche successive, come ad esempio il rinascimento). In risposta a questa assolutezza della forma si è cercato di dare al bello anche un senso cristiano o verticale, che in qualche modo potesse unire spiritualmente gli uomini alla bellezza di Dio. Così in oriente nacquero le icone e nell'occidente tutta la gamma del patrimonio cristiano dell'arte.

Attualmente, anche se si accende qualche sporadica scintilla, il bello sembra patire una vera alterazione, anzi direi che ormai siamo lontani da qualsiasi oggettività dato che il bello è diventato ciò che si trova nell'impressione dello spettatore (cioè è bello solo quello che ci piace!). Questo sembra valere non solo per l'arte ma per tutta la sfera dell'armonia nella vita dell'uomo moderno. L'uomo di oggi, infatti, sembra d'avere perso ogni punto di riferimento e rifiuta di conformarsi a Dio, che è il solo ad essere bellezza assoluta. Se invece entriamo in un discorso positivo sulla realtà della bellezza assoluta, la strada si fa molto più spinosa. Lo stesso Giovanni apostolo afferma che nessuno ha mai visto Dio. Nell'Antico Testamento ci sono solo alcuni cenni su questo tema. In due salmi - 90,17 e 27,4 - il testo ebraico parla della bellezza del Signore. Tale concetto spesso è legato ad altri concetti come bontà, grazia, dolcezza del Signore.

S. Agostino, nel suo commento al vangelo di s. Giovanni, ci lascia intuire che la bellezza di Dio contemplata dal salmista nel santuario è una vera delizia. Al contrario delle delizie contingenti, essa non appesantisce mai lo spirito dell'uomo ma, come scrive Agostino: Non temere di averti a stancare: tale sarà il godimento di quella bellezza, che sempre sarà dinanzi a te e mai te ne sazierai; o meglio, ti sazierai sempre e non ti sazierai mai. Se dicessi: non ti sazierai mai, potresti pensare che patirai la fame; se dicessi: ti sazierai, potresti pensare che finirai per annoiarti. Non so come esprimermi: non ci sarà noia e non ci sarà fame; ma Dio ha di che offrire a coloro che non riescono ad esprimersi, e tuttavia credono a quello che da lui possono ricevere (Io.eu.tr.3,21).

Ma la vera svolta sull'argomento ci proviene dalla lettura messianica dell'Antico Testamento. Emerge in particolare il profeta Isaia: Gli occhi tuoi ammireranno il re nella sua bellezza, contempleranno il paese, che si estende lontano (Is 33,17).

Il velo cadde in Gesù ed Egli ci permise di guardare, come dice s. Giovanni, la Sua gloria. Questa comunque è una visione non degli occhi fisici ma degli occhi spirituali, ovvero del cuore umile - afferma Agostino nello stesso trattato. Questa estasi del cuore che gode la bellezza di Dio viene in qualche modo scossa da una profonda verità affermata dal profeta Isaia che ci introduce ad un paradosso sconvolgente della nostra fede. Colui che è bello e splendente è anche l'uomo della croce: Egli è venuto su davanti a lui come un ramoscello, come una radice da un arido suolo. Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare.

Disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo stima alcuna (Is 53,2-3).

Credo che il profeta questa volta sveli davvero il mistero della bellezza che è la sofferenza, la croce. Chi potrebbe mai negare la bellezza di un martire oppure di una madre Teresa, anche lei martire sebbene non in apparenza. Sono belli, infatti, quei visi che digiunano, perché traspaiono di Cristo che ha dato la sua vita per noi sulla croce. Forse è proprio questa fuga dalla sofferenza che rende incapaci gli artisti moderni di produrre opere che possono ancora parlare del bello all'uomo. Di quel bello che non è una pura ricerca delle innovazioni secondo i propri criteri, ma che è profondamente legato alla croce.

Ci rivolgiamo a lei la più bella tra le donne pregandola di risplendere su di noi, tanto tempo ancora, con la bellezza di Dio.

Fonte: Eco di Maria nr.173