MaM
Messaggio del 11 settembre 1986:Cari figli! In questi giorni, mentre festeggiate la Croce, desidero che anche per voi la vostra croce diventi gioia. In modo particolare, cari figli, pregate per poter accettare la malattia e le sofferenze con amore, come le ha accettate Gesù. Soltanto così potrò, con gioia, darvi grazie e guarigioni che Gesù mi permette. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Visione beatifica di Dio (4)

27/09/2004    2557     Paradiso    Aldilà  Paradiso 
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Investitura dell’impero cosmico.

Con la sua resurrezione Gesù ha conseguito la sua solenne apoteosi personale. Il suo trionfo finale, prearinunziato per la fine del mondo, è stato decretato dal Padre per la glorificazione della Sua Persona e per la confusione di tutti i suoi nemici stravinti.
Il ritorno glorioso di Cristo sulla terra, alla testa delle sue falangi angeliche, sarà per dare compimento a quanto ancora manca all’attuazione totale della Redenzione da Lui operata. I viventi di quaggiù, che ancora si troveranno sulla terra, istantaneamente trasformati saliranno con Lui, con gli altri viventi di lassù, che hanno riavuti i loro corpi gloriosi, e con gli Angeli per condividere le esultanze eterne del trionfo. Tutta la creazione irrazionale (minerali, vegetali, animali) ritornerà a essere un Eden, un giardino cosmico fiorito, fulgente di perfezioni e dispensatore di delizie ai Beati. Dio perfezionerà tutte le cose materiali per essere strumenti di godimenti sensibili ai Beati. Dio glorificherà non solo le nostre anime. ma anche i nostri corpi. Tutto il Paradiso cosmico sarà pieno di materia glorificata.
La natura corporea è stata creata come parte integrante nel piano di dimensioni cosmiche ed eterne che Dio aveva predisposto da sempre: costruire un unico regno tutto pace e gioia, tutto santità e gloria; riunirvi dentro tutto ciò che esiste al di fuori di Dio; affidarne il governo incontrastato a Suo Figlio fatto Uomo. In tale regno benedetto, accumunati nello stesso stato di splendore, di felicità e fraternizzante in perfetta armonia, sotto lo sguardo compiaciuto di Dio, dovranno trovarsi:
tutto il mondo angelico, tutto il mondo umano, tutto il mondo materiale dall’atomo impercettibile alle galassie sconfinate, dalla cellula ìnvisibile ai colossi vegetali e animali. Un universo di splendori inimmaginabili, eppure differenziati. Disegno veramente degno della mente e del cuore di un Dio. Disegno che, benché disturbato e ritardato dalla malvagità insipiente di creature ribelli, raggiungerà la sua piena realizzazione. Ad Adamo e discendenti era stato conferito l’incarico e il potere di assoggettare il mondo materiale, ma la nostra disubbidienza fece rotolare nella polvere il nostro trono di «re della natura».
Gesù Cristo come uomo ha vinto non in sostituzione, ma in nome degli uomini, con gli uomini e in favore degli uomini, e perciò la sua vittoria è vittoria anche nostra di diritto in attesa che lo diventi anche di fatto. Gesù non vuole regnare da solo e per questo aspetta ancora fino alla fine del mondo la resurrezione dei morti. Quando questo avverrà e tutti i Beati saranno postì in grado di signoreggiare l’universo, allora Gesù, assieme ad essi, comincerà a esercitare il suo potere sovrano sul mondo fisico dell’universo, esplicandolo tutto quanto come non ha fatto mai. Con Gesù Cristo glorioso noi condivideremo il dominio sull’intera creazione fino ai suoi confini estremi, fino ai più remoti nascondigli dello spazio. Il ritorno glorioso di Cristo conferirà ai Beati l’investitura del dominio universale sull’universo cosmico. Così ìl divino Redentore rimedierà totalmente alla sconfitta che l’invidia di Satana ha fatto subire all’uomo, cancellerà dall’universo, che resterà a sola disposizione dei Beati, tutte le conseguenze del peccato originale e dei nostri personali, eliminando qualsiasi traccia e sentore di peccato.
La vita eterna sarà tutta e sola: gioia, pace, santità, felicità eterna. Sarà uno stato eterno di puro godimento personale e collettivo. Possedendo ormai tutta la perfezione che ci compete e tutta la felicità che Dìo ci avrà assegnata in premio, sia nell’anima che nel corpo, nulla potrà più toglierci da quello stato fortunato, né il tempo avrà più il potere d’intaccare minimamente alcuna delle nostre facoltà rimesse a nuovo.
Le perfezioni divine sono un bene e una bellezza così infinitamente vasti e inesauribili da non perdere mai per tutta l’eternità il sapore della novità. Neppure la felicità secondaria (quella sensibile del nostro io corporeo), che noi attingeremo al di fuori di Dio, potrà mai ingenerare in noi la minima nausea della monotonia.
La felicità secondaria sarà quasi un nulla in confronto di quella primaria della visione di Dio, però non bisogna sottovalutarla. Il P. Sertillanger, scrutando a fondo la natura e la portata della felicità secondaria, fa questa sapiente considerazione. L’eternità bisogna prenderla come è. E vero che Dio basterebbe da solo a soddisfare qualsiasi nostro desiderio, tuttavia Egli si è fatto una legge che, attirando a Sé le creature di qualsiasi specie, non le spoglia di quanto ha già loro conferito, bensì continua sempre a dario loro impiegandole nei loro tipo specifico di operazioni e utilizzandole nei loro rapporti con cui sono legate ad altre creature. Non le mutila affatto, ma le completa perché andando verso Dio si va all’arricchimento e non alla spogliazione, al tutto e non al nulla!
In Paradiso non vi sarà monotonia perché Dio, come sa interessare così bene le nostre menti di viatorì su questa terra mediante moltitudini di problemi appassionanti in una natura ancora molto imperfetta, così in una natura perfezionata saprà interessare meglio ancora le nostre menti di premiati con una infinità di altri problemi più elevati e avvincenti. In Paradiso non vi sarà mai stanchezza, perché Dio ha eternamente potenziato tutte le facoltà della nostra anima e del nostro corpo. Il Paradiso sarà: il Regno della pace eterna, dell’attività beatificante eterna dell’anima e del corpo, della partecipazione eterna alla vita di Dio.

Il materiale

Le cose sensibili servono da materiale al regno di Dio sulla terra. Infatti il nostro Redentore, impiegandole nei sacramenti, nelle celebrazioni del culto, nell’esercizio delle virtù e delle opere di misericordia, le purifica, le consacra, le eleva all’altissima dignità di strumenti di santificazione soprannaturale. Ancora un’altra elevazione ed esse diventeranno strumenti di godimento per i Beati. Questo avverrà quando il Regno di Dio sulla terra si estenderà a tutto l’universo.
E incalcolabile a quale vertice di intimo potenziamento, abbellimento, perfezionamento e arricchimento sarà spinto tutto l’universo sensibile, che noi vediamo, tocchiamo, maneggiamo, calpestiamo, allorché diventerà, secondo il piano di Dio, materiale del regno di Dio nell’universo intero.
Questo è l’uso specifico che Dio intendeva fare del mondo materiale fin dall’eternità, da quando decideva trarlo dal nulla. Infatti sarà attraverso le cose materiali che le perfezioni divine, eminentemente spirituali, saranno trasmesse in nostro godimento con immagini e sensazioni materiali.
Qualcuno potrebbe osservare: Ma Dio non sarà percepito direttamente? Si risponde: nella sua essenza, sì, nella sua operosità, no. — San Tommaso (I qu. 108, a. 1) dice che gli Angeli vedono e conoscono Dio nella sua essenza, ma circa le sue opere (ratione rerum creatarum) gli uni hanno cognizioni più universali degli altri, e gli Angeli di ordine inferiore devono apprenderle dagli Angeli di ordine superiore. Così i beati, pur avendo la visione immediata di Dio, ne dovranno completare la conoscenza e la comprensione con l’aiuto di altri. Così la potenza e l’amore di Dio, attuati fuori di Lui in meravigliose realtà oggettive senza numero, si offriranno alla nostra ammirazione estatica sul «video» della creazione, video enorme, smagliante che impressionerà non uno, ma tutti quanti i nostri sensi insieme perché dovrà appaga rli tutti. Video illuminato e sonorizzato dalla presenza immediata di Dio che «sarà tutto in tutte le cose.
Sulla terra ogni cosa creata è un enigma per noi, perché include un mistero dell’Amore che le permea e le muove. Ogni cosa è un debolissimo specchio che riflette poveramente le divine perfezioni. E giusto e logico che un giorno questa misteriosità dell’universo cosmico sia svelato ai Beati e così anche le creature inferiori contribuiranno a farci conoscere svelatamente le meraviglie della Divinità, non in se stessa ma nella sua attività esteriore.
La vita intima di Dio è Amore e quindi tutta la creazione è espressione di amore. Terminata la prova terrena, il Creatore e Padrone del mondo universo trasformera la funzione sacrificatrice delle cose in funzione remuneratrice, deliziatrice e beatificatrice degli utenti dell’universo: i Beati.
Tutto l’universo creato sarà abitazione dei Beati perché è stato creato da Dio essenzialmente per loro utilità e diletto. Essi potranno goderlo a piacere, perché ne avranno il pieno diritto. Però, siccome ai Beati non riesce nulla gradito se non ha il sapore di Dio, Egli farà in modo che tale sapore risulti espresso da tutte e singole le cose. Un esempio chiarisce l’idea. La frutta candita, conservando ognuna il suo sapore e profumo, è dolce della dolcezza dello zucchero con cui fu candita.
Alle anime di fede ogni creatura, se usata con intelletto d’amore, si presenta quaggiù come un sacramento efficace per impetrare il divino amore. Ai Beati sarà come un sacramento che conferisce realmente la felicità sensibile, o almeno un aumento di essa, o un ravvivamento incalcolabile.

Dio desidera unificarsi con noi

Dio è Amore (I Gv. 4, 16). La sua tendenza naturale è «donarsi». Il Padre dà a suo Figlio tutta la sua sostanza. Il Figlio dà al Padre tutto se stesso. Lo Spirito Santo, che impersona la comunicazione reciproca dell’unica infinita sostanza divina, si può dire che esiste per essere il loro reciproco dono d’amore.
L’Amore infinito di Dio a che cosa tende nei nostri riguardi? Che cosa vuole fare in noi e di noi? Ce l’ha ripetuto più volte Gesù stesso nel discorso dell’ultima cena (Gv. 17, 2 1-23): «... perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una sola cosa... io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità». Dio non vuole «unirsi» a noi, ma vuole «unificarsi» con noi. Vuole donarci un modo di esistere molto più perfetto e più felice di quello che abbiamo naturalmente. Non vuole darci semplicemente un modo di essere simile ma distinto dal suo, ma vuole comunicarci invece il suo proprio essere, unificarci con Lui, farci partecipi dell’unica sua vita divina. Siamo destinati a vivere in eterno non uniti, ma unificati con Dio in un unico essere, come le tre Persone della Trinità vivono unificate in un unico essere. E la promessa formale di Gesù.
Sulla terra noi non possiamo comprendere questa unificazione di personalità, perché da noi esiste solo l’unione. Anche il bambino, ancora nel seno materno, vive unito alla madre intimamente, ma non unificato: la nostra individualità fisica, morale, spirituale è una barriera insormontabile. In Dio invece la individualità è la comunione totale di una Persona con l’altra. Amore magnifico, sorprendente che, dandosi senza misura, realizza il sogno di tutti gli amanti irrealizzabile sulla terra! Di tre Persone uguali e distinte forma un solo Dio.
Mistero magnifico di unità che ha valicato i confini del mondo strettamente divino e si è esteso pure al mondo umano: oggi nella Comunione come iniziazione e caparra, domani in Paradiso come realizzazione piena in ciascuno di noi.
Il Figlio di Dio è diventato uomo (per noi uomini) senza cessare di essere Persona Divina. Ebbene se i Beati diventeranno «una sola cosa in Dio», vuole dire che diventeranno Dio senza cessare di essere persone umane. Incarnazione di Dio da una parte, divinizzazione dell’uomo dall’altra! Mistero l’uno, mistero l’altro che si equivalgono. Ambedue consolanti per noi perché sempre a vantaggio di noi meschini. Dirà S. Agostino: «Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventasse Dio». O vita divina, tu sei la meta cui tutti dobbiamo giungere e in cui ci stabiliremo per continuare la nostra seconda esistenza, quella vera, quella piena, quella senza fine nella quale vivremo come vive Dio, capiremo e agiremo come capisce e agisce Dio, godremo come gode Dio.
Al presente anche se ammessi, tramite l’Eucaristia, a vivere ogni giorno cuore a cuore con il nostro Dio in noi rimangono sempre innumerevoli debolezze e imperfezioni e nel nostro cuore fermenta sempre una moltitudine di desideri non del tutto santi e perfetti. Questo succede perché, vivendo ancora nel tempo, possiamo essere uniti a Dio, ma non ancora unificati con Lui. Invece nell’eternità beata tutto il Paradiso vedrà in noi non solo l’immagine e somiglianza di Dio, che già era forse ben manifesta nel paradiso terrestre, ma addirittura la bellezza di Dio, la verità di Dio, la santità di Dio, l’amabilità di Dio, la preziosità di Dio, la bontà e l’amore di Dio, la perfezione di Dio: in una parola vedrà in ciascuno di noi una specie di reale identità divina e cioè «un Dio in piccolo». Perciò dovrà avverarsi non solo quello che dice San Giovanni (I Gv. 3 2): «Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui. Perché lo vedremo così come Egli è», ma dovrà avverarsi anche quello che dice S. Paolo, per dopo la fine del mondo (I Cor. 15, 28): «Perché Dio sia tutto in tutti».
Ripetiamo che non è neppure concepibile che noi deponiamo il nostro essere creato per assumere quello divino, perché questo equivarrebbe a distruggere il nostro vero «io umano» per sostituirne un altro. Ma Possiamo ben dire che anche sopra di noi verrà lo Spirito Santo e la potenza dell’Altissimo ci adombrerà affinché, senza cessare di essere uomini, diventiamo in qualche modo reale Dio, analogamente al Verbo Eterno che, senza cessare di essere Dio, è diventato in modo reale uomo. necessario, per essere realmente «figli di Dio», che il nostro inserimento nella Famiglia Divina non si riduca a una formalità giuridica esteriore, come avviene nell’adozione di un figlio tra gli uomini, ma in una vera trasmissione e trasfusione. anche se limitata evidentemente, dell’essere stesso divino in noi. Ed è appunto quello che avverrà perché « nulla è impossibile a Dio » (Lc. 1, 37).
Quale rivelazione estasiante! Se la meditassimo più spesso e più profondamente, non sentiremmo fremere in noi, già fin d’ora, tutta la felicità del Paradiso e risuonar ai nostri orecchi le rime nell’inno trionfale della beata eternità! Con la prospettiva di un destino così incredibilmente sublime e splendido, non dovrebbero placarsi senza difficoltà tutte le nostre agitazioni e inquietudini terrene? Tutte le tristezze insoddisfatte? Non dovrebbero tutti i nostri desideri e tutte le nostre aspirazioni polarizzarsi unicamente verso il Paradiso e la vita eterna?
Il pensiero del Paradiso ci farebbe guardare con meno tristezza la tomba dei nostri cari e ci farebbe accettare con meno timore l’avvicinarsi della morte, come si vede con evidenza dall’esempio che leggiamo nella biografia di San Francesco di Sales, Vescovo di Ginevra.

Il Santo si trovava in visita pastorale della sua diocesi, quando venne avvertito che un contadino, gravemente ammalato, desiderava vederlo per avere la sua benedizione. Vi andò subito e trovò un vecchio vicino alla morte con una grande lucidità di mente.
— Monsignore, gli disse quel contadino, ringrazio il Signore che prima di morire mi dà la possibilità di ricevere la sua benedizione.
Poi chiese di confessarsi. I familiari si ritirarono in un’altra stanza lasciando soli il Vescovo con il moribondo.
Dopo la confessione gli chiese:
— Monsignore, morirò?
— Fratello mio, rispose il Santo, il medico potrebbe dirvelo meglio di me.
— Monsignore, io chiedo il suo parere: morirò?
— Tutti dobbiamo morire, ma il momento è incerto. Quanto a voi, fratello mio, non è assolutamente certo che sia arrivata la vostra ora. Altri, in maggiore pericolo, sono guariti.
— Monsignore, non creda che io gli faccia questa domanda, riprese a dire il buon vecchio, perché abbia paura della morte, al contrario temo piuttosto di non morire.
Il Santo fu molto sorpreso da tali parole, possibili solo in anime perfette, oppure in anime cadute in profondo scoraggiamento.
— Dunque non vi dispiace di morire?
— Assolutamente no, e se non fosse stata volontà di Dio che io arrivassi a questa mia età, io su questa non ci sarei più da molto tempo.
— Ma ditemi, a che cosa è dovuto questo vostro disgusto della vita? A pene segrete, a perdita di beni, a dispiaceri in famiglia?
— Niente affatto, ho 70 anni e fino ad ora ho avuto sempre una buona salute; beni temporali ne ho anche troppi; della famiglia non mi posso lamentare affatto.
— Ma allora, fratello mio, perché volete morire?
— Monsignore, rispose il vecchio, nelle prediche ho sentito parlare delle meraviglie della vita futura e delle immense gioie del Paradiso, per cui la vita presente mi pare una vera prigione...
E qui il contadino cominciò a parlare sulla nullità dei beni terreni e sulla immensa felicità del Paradiso con tale fervore da far commuovere il Santo Vescovo fino alle lacrime. Il Santo poi lo confermò in questi suoi sublimi sentimenti, gli fece ripetere atti di abbandono alla volontà di Dio e gli amministrò personalmente l’olio degli Infermi. Dopo poco tempo quell’uomo virtuoso spirò dolcemente e il suo volto si atteggiò a una dolce serenità, come se l’anima partendo dal corpo, vi avesse lasciato l’impronta della beatitudine celeste.
Ancora un altro esempio narrato dal Domenicano P.A. Arrighini nel suo libro «Il Paradiso».
«Un giovane studente da me assistito fino all’ultimo, stava per morire. Era stato colpito da inesorabile malattia proprio quando stava per coronare i suoi studi con la laurea. Egli voleva vivere per rendere testimonianza a Dio con la vita di cattolico praticante ma quando capì che il Signore lo voleva in Paradiso, non aspirò più ad altro. Poco prima di morire chiamò attorno al suo letto parenti e amici, e quando la stanza fu piena disse loro con un sorriso celestiale: Addio,vi saluto tutti! Ricordatevi di me sempre... Io me ne vado in Paradiso! — E poiché all’intorno si piangeva accoratamente, egli soggiunse: Non c’è bisogno di piangere! Vado in paradiso! Lassù pregherò tanto per voi... Vi aspetto tutti in paradiso! A chi andava a trovano, ripeteva: Arrivederci in Paradiso! e sorridendo fissava i suoi sguardi in alto come se già ne pregustasse la felicità infinità. Pochi minuti prima di morire, la sorella gli domandò: Se la Vergine Santissima ti facesse guarire, non saresti contento? — Egli mosse leggermente il capo, poi guardò in alto verso il Cielo ripetendo: No, no, io preferisco morire! Voglio andare in paradiso! Voglio andare in Paradiso!