MaM
Messaggio del 2 settembre 2015:Cari figli cari miei apostoli dell’amore, miei portatori di verità, vi invito nuovamente e vi raduno attorno a me affinché mi aiutiate, affinché aiutiate tutti i miei figli assetati d’amore e di verità, assetati di mio Figlio. Io sono una grazia del Padre Celeste, mandata per aiutarvi a vivere la parola di mio Figlio. Amatevi gli uni gli altri. Ho vissuto la vostra vita terrena. So che non è sempre facile ma, se vi amerete gli uni gli altri, pregherete col cuore, raggiungerete le altezze spirituali e vi si aprirà la via verso il paradiso. Là vi attendo io, vostra Madre, perché io sono là. Siate fedeli a mio Figlio ed insegnate agli altri la fedeltà. Sono con voi e vi aiuterò. Vi insegnerò la fede, perché sappiate trasmetterla agli altri nel modo giusto. Vi insegnerò la verità, perché sappiate discernere. Vi insegnerò l’amore, perché sappiate cos’è il vero amore. Figli miei, mio Figlio farà in modo di parlare attraverso le vostre parole e le vostre opere. Vi ringrazio.

I 9 primi venerdì del mese - La Grande Promessa

04/07/2016    2384     Le promesse di Gesù e Maria     Nove primi venerdi 
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DOMANDA ANGOSCIOSA

L'esperienza insegna che non c'è persona che cerchi di vivere in conformità alla sua fede, la quale non si fermi angustiata davanti a questa domanda:

mi salverò o mi dannerò?

Turbini di pensieri le passano allora per la mente conturbata ad accrescere la sua apprensione. La conoscenza della sua debolezza, la propria incostanza, l'assalto furibondo delle passioni, le suggestioni del male, le mille insidie di cui è circondata, l'ambiente malsano in cui deve vivere, con i suoi discorsi provocanti, derisioni, schemi, insulti, scandali, cattivi esempi, tutto coopera a farle nascere un senso di grande sfiducia fino a gettarla nel più profondo avvilimento.

Ecco allora venirle incontro l'infinita misericordia del Cuore di Gesù che le sussurra: «La Grande Promessa» che vengo a suggerirti farà svanire i tuoi timori e ti ridonerà pace e serenità. Pensa che metto a tua disposizione l'Onnipotenza del mio Amore per mettere al sicuro la tua salvezza eterna. Fidati di me che ho impegnato la mia parola; fidati di me che ti amo infinitamente e null'altro desidero che di vederti un giorno entrare in Paradiso a godere la felicità eterna. Incomincia subito a fare le nove Comunioni dei Primi Venerdì del mese.

Chi si salva?

Si salva chi fa una buona morte, cioè chi muore in grazia di Dio. Chi, al contrario, muore in peccato mortale si perde per sempre e sarà condannato alle pene eterne dell'inferno.

Possiamo noi sapere con certezza quale sarà la nostra morte, se buona o cattiva?

No, non possiamo sapere con certezza assoluta, perciò questa incertezza su un punto di così capitale importanza deve tenerci in una salutare trepidazione riguardo alla nostra salvezza eterna e spingerci a vivere bene, per sperare di morire bene.

Però dinanzi a questa angosciosa incertezza possiamo aprire il cuore alla più consolante speranza, anzi alla certezza morale di assicurarci il Paradiso mediante una buona morte: ed è l'ineffabile bontà del Cuore misericordiosissimo di Gesù, che ci ha voluto concedere questo supremo conforto per mezzo della sua Grande Promessa.

Che cos'è la Grande Promessa?

E una straordinaria e specialissima promessa del Sacro Cuore di Gesù con la quale Egli ci assicura l'importantissima grazia della morte in grazia di Dio, quindi la salvezza eterna.

Ecco le precise parole con cui Gesù manifestò la Grande Promessa a S. Margherita Maria Alacoque:

«IO TI PROMETTO, NELL'ECCESSO DELLA MISE RICORDIA DEL MIO CUORE, CHE IL MIO AMORE ONNIPOTENTE CONCEDERÀ LA GRAZIA DELLA PENITENZA FINALE A TUTTI COLORO CHE SI COMUNICHERANNO IL PRIMO VENERDÌ DEL MESE, PER NOVE MESI DI SEGUITO. ESSI NON MORRANNO NELLA MIA DISGRAZIA, NÈ SENZA AVERE RICEVUTO I SANTI SACRAMENTI, E IN QUEGLI ULTIMI MOMENTI IL MIO CUORE DARÀ LORO UN SICURO ASILO».

Certezza dell'autenticità della Grande Promessa

Che la Grande Promessa sia veramente autentica, cioè che sia stata fatta da Gesù Cristo veramente e nei termini in cui è espressa, ne abbiamo la maggior certezza che umanamente si possa desiderare. Infatti fin dal processo di beatificazione, e poi per quello di santificazione di Margherita Maria Alacoque, la Grande Promessa fu sottoposta al rigoroso esame dei più grandi teologi e il loro giudizio fu così favorevole che il Papa Benedetto XV volle dare egli stesso la più bella e autorevole testimonianza sulla autenticità della Grande Promessa, riportandone testualmente le parole nella Bolla Apostolica con cui Margherita Maria veniva dichiarata Santa: «Gesù Nostro Signore si degnò poi anche di rivolgere alla sua fedele sposa queste testuali parole: IO TI PROMETTO, NELL'ECCESSO DELLA MISERICORDIA... ecc. (Acta Ap. Sedis 2 novembre 1920 - Voi. XII- pag. 503).

Chi non comprende la grande importanza dell'introduzione della Grande Promessa in un documento di tale valore? Non è questa la prova più valida dell'autenticità di tale Promessa? Non sarebbe temerario chi volesse dubitarne? Difatti la Chiesa con tutta quella diligenza che suo le usare quando si tratta d'innalzare all'onore degli altari i Santi, ha fatto uno scrupoloso e minuzioso esame di tutti gli scritti di Santa Margherita M. Alacoque, e non solo non vi ha trovato nulla da rimproverare, ma li ha pienamente confermati con la sua autorità permettendone la divulgazione tra i fedeli.

Per noi il giudizio della Chiesa, Maestra infallibile di verità è più che sufficiente perché ne possiamo parlare liberamente colla più profonda convinzione dell'animo nostro.

Analisi della Grande Promessa

Considerando le parole della Grande promessa si possono distinguere tre parti: l'introduzione - la promessa - la condizione.

L'introduzione

L'introduzione comprende queste parole: «Io ti prometto, nell'eccesso della misericordia del mio Cuore, che il mio amore onnipotente...».

Incominciando colle parole solenni «Io ti prometto», Gesù vuole farci comprendere che trattandosi di una grazia così straordinaria, Egli intende impegnare la sua parola divina, sulla quale possiamo fare il più sicuro affidamento, come ci dice in Matt. 2,35: Il cielo e la terra passeranno ma le mie parole non passeranno.

Poi aggiunge: «nell'eccesso della misericordia del mio Cuore», affinché riflettiamo che qui si tratta non di una promessa ordinaria, ma di una promessa così straordinariamente grande, che poteva venire soltanto da un «eccesso di misericordia veramente infinita», quasi volerci dire: «Anime redente dal mio Sangue, la pro messa che vi faccio è così straordinaria da quasi esaurire con essa i tesori della mia misericordia. Sta ora a voi vo lerne approfittare».

Per renderci poi assolutamente sicuri che saprà mantenere a ogni costo quanto promette, Gesù dice che questa grazia la concederà «l'amore onnipotente del suo Cuore», quell'amore cioè che tutto può a favore di chi confida in Lui. Questo significa che tutte le arti del demonio per strappargli quell'anima, saranno da Lui trionfalmente sventate, perché disposto a fare anche un miracolo — se sarà necessario — affinché chi ha fatto bene le comunioni dei nove primi venerdì del mese sia salvo.

La Promessa

Che cosa promette Gesù? Egli promette la coincidenza dell'ultimo istante della vita terrena con lo stato di grazia, per cui si è eternamente salvi in Paradiso. Gesù spiega la sua promessa con le parole: «essi non morranno in mia disgrazia, né senza aver ricevuto i Santi Sacramenti, e in quegli ultimi momenti il mio Cuore sarà loro un asilo sicuro».

Le parole «né senza aver ricevuto i Santi Sacramenti» sono forse una sicurezza contro la morte improvvisa? Cioè chi avrà fatto bene i nove primi venerdì sarà certo di non morire senza prima confessarsi, aver ricevuto il santo Viatico e l'Unzione degli Infermi?

Importanti Teologi, commentatori della Grande Promessa, rispondono che questo non è promesso in forma assoluta, poiché:

1) chi, al momento della morte, si trova già in grazia di Dio, di per sé non ha bisogno dei Sacramenti per salvarsi eternamente;

2) chi invece, negli ultimi momenti della vita, si trova in disgrazia di Dio, cioè in peccato mortale, ordinariamente per rimettersi in grazia di Dio ha bisogno almeno del Sacramento della Confessione. Però in caso d'impossibilità a confessarsi; oppure in caso di morte improvvisa, prima che l'anima si separi dal corpo, Dio può supplire alla recezione dei Sacramenti con grazie interiori e ispirazioni che inducano il moribondo a fare un atto di dolore perfetto, in modo da ottenere il perdono dei peccati, riavere la grazia santificante e così salvarsi eternamente. Questo ben inteso, in caso eccezionale, quando cioè il moribondo, per cause indipendenti dalla sua volontà, non potesse confessarsi.

Quello invece che il Cuore di Gesù promette in modo assoluto e senza restrizioni è che nessuno di coloro che hanno fatto bene i Nove Primi Venerdì morrà in peccato mortale, concedendogli: a) se egli è giusto, la perseveranza finale nel lo stato di grazia; b) se egli è peccatore, il perdono di ogni peccato mortale sia per mezzo della Confessione, sia per mezzo di un atto di dolore perfetto.

Tanto basta perché il Paradiso possa dirsi veramente assicurato, perché — senza eccezione alcuna — il suo amabile Cuore servirà per tutti di sicuro rifugio in quei momenti estremi.

Pertanto nell'ora dell'agonia, negli ultimi istanti della vita terrena, da cui dipende l'eternità, possono insorgere e scatenarsi anche tutti i demoni dell'inferno, ma non riusciranno a prevalere contro chi ha fatto bene i Nove Primi Venerdì richiesti da Gesù, perché il suo Cuore gli sarà rifugio sicuro. La sua morte in grazia di Dio e la sua eterna salvezza saranno un consolante trionfo dell'eccesso della misericordia infinita e dell'onnipotenza d'amore del Suo Cuore Divino.

La condizione

Chi fa una promessa ha diritto di mettervi la condizione che vuole. Ebbene, Gesù, nel fare la sua Grande Promessa, si contentò di mettervi soltanto questa condizione: fare la Comunione nei primi Venerdì di nove mesi consecutivi.

A chi sembrasse quasi impossibile che con un mezzo così facile si possa ottenere una grazia così straordinaria qual'è quella di conseguire la felicità eterna del Paradiso, deve tenere conto che tra questo mezzo così facile e una grazia così straordinaria si frappongono la Misericordia infinita e l'Onnipotenza di Dio. Chi può mettere limiti all'infinita Bontà e Misericordia del Cuore Sacratissimo di Gesù e restringere l'entrata in Paradiso? Gesù è il Re del Cielo e della terra, di conseguenza spetta a Lui fissare agli uomini le condizioni per la conquista del suo Regno, il Paradiso.

Come dev'essere compiuta la condizione posta da Gesù per conseguire la Grande Promessa?

Questa condizione deve essere compiuta fedelmente e quindi:

1) le Comunioni devono essere nove e chi non le avesse fatte tutte e nove non ha diritto alla Grande Promessa;

2) le Comunioni devono essere fatte nei primi venerdì del mese, e non in altro giorno della settimana. Nemmeno il confessore può commutare il giorno, perché la Chiesa non ha concesso a nessuno questa facoltà. Neppure gli ammalati possono essere dispensati dall'osservare questa condizione;

3) Per nove mesi consecutivi senza interruzione.

Chi dopo aver fatto cinque, sei, otto Comunioni, la tralasciasse poi un mese, anche involontariamente o perché impedito o perché se ne fosse dimenticato, costui per questo non avrebbe fatto alcuna mancanza, ma sarebbe obbligato a ricominciare la pratica daccapo e le Comunioni già fatte, sebbene sante e meritorie, non potrebbero essere computate nel numero.

La pratica dei Nove Primi Venerdì si può cominciare in quel periodo dell'anno che torna più comodo, importante è non interromperla.

4) Con quali disposizioni devono essere fatte le nove Comunioni?

Le nove comunioni devono essere fatte in grazia di Dio, colla volontà di perseverare nel bene e di vivere da buon cristiano. Non si richiede un fervore speciale che non sarebbe alla portata di tutti.

A) È chiaro che se uno facesse la Comunione sapendo di essere in peccato mortale, non solo non si assicurerebbe il Paradiso, ma, abusando in modo così indegno della misericordia divina, si renderebbe meritevole di grandi castighi perché, invece di onorare il Cuore di Gesù l'oltraggerebbe orribilmente commettendo un peccato gravissimo di sacrilegio.

B) Chi facesse queste nove Comunioni per potersi poi abbandonare liberamente ad una vita di peccati dimostrerebbe con questa perversa intenzione di essere attaccato al peccato e quindi le sue Comunioni sarebbero tutte sacrileghe e non potrebbe certamente pretendere di essersi assicurato il Paradiso.

C) Chi invece avesse iniziato i nove primi Venerdì con buone disposizioni, ma poi per debolezza venisse a cade re in peccato grave, purché si penta di vero cuore, riacquisti la grazia santificante con la Confessione Sacramentale e continui senza interruzioni le nove Comunioni, costui conseguirà la Grande Promessa.

5) Quale intenzione bisogna avere nel fare le nove Comunioni?

Nel fare le nove Comunioni bisogna avere l'intenzione di farle secondo le intenzioni del Cuore di Gesù per ottenere la sua Grande Promessa, e cioè la salvezza eterna. Questo è molto importante perché, senza questa intenzione, fatta almeno nell'incominciare l'esercizio dei Primi Venerdì, non si potrebbe dire di avere bene adempiuta la pia pratica.

Che cosa si dovrà dire di colui che, dopo di aver fatto bene i nove primi Venerdì del mese, con l'andare del tempo diventasse cattivo e vivesse malamente?

La risposta è molto consolante. Gesù, nel fare la Grande Promessa, non ha eccettuato nessuno di quelli che avranno compiuto bene le condizioni dei Primi Nove Venerdì. Anzi è da notare la circostanza che Gesù, nel rivelare la sua Grande Promessa, non disse ch'essa è un tratto della sua misericordia ordinaria, ma dichiarò espressamente che è un eccesso della misericordia del suo Cuore, cioè una misericordia straordinaria che compirà con l'onnipotenza del suo amore. Ora queste espressioni così energiche e solenni ci fanno capire chiaramente e ci confermano nella sicura speranza che il suo Cuore amorosissimo concederà anche a questi poveri traviati il dono ineffabile della salvezza eterna. Che se per convertirli fosse anche necessario di operare miracoli straordinari di grazia, Egli compirà quest'eccesso della misericordia del suo amore onnipotente, dando loro la grazia di convertirsi prima di morire, e concedendo loro il perdono, li salverà. Quindi chi fa bene i nove Primi Venerdì non morirà in peccato, ma morrà in grazia di Dio e certamente si salverà.

Questa pia pratica ci assicura la vittoria sul nostro nemico capitale: il peccato. Non una vittoria qualsiasi ma la vittoria ultima e decisiva: quella sul letto di morte. Che grazia sublime della infinita Misericordia di Dio!

Questa pratica dei Nove Primi Venerdì non favorisce forse la presunzione, peccato contro lo Spirito Santo?

La domanda sarebbe imbarazzante se non ci fosse di mezzo:

1) da una parte la promessa incondizionata di Gesù che ha voluto indurci a porre in Lui ogni nostra confidenza, rendendosi Egli garante della nostra salvezza per i meriti del suo amorosissimo Cuore;

2) e dal l'altra parte l'autorità della Chiesa che ci invita ad approfittare di questo mezzo così facile per raggiungere la vita eterna.

Quindi non esitiamo a rispondere che essa non favorisce in alcun modo la presunzione delle anime bene intenzionate, ma ravviva loro la speranza di giungere in Paradiso nonostante le loro miserie e debolezze. Le anime bene intenzionate sanno benissimo che nessuno può salvarsi senza la sua libera corrispondenza alla grazia di Dio che ci spinge soavemente e fortemente a osservare la legge divina, cioè a fare il bene e a fuggire il male, come insegna il Dottore della Chiesa S. Agostino: «Chi ha creato te senza di te, non salverà te senza di te». È questa appunto la grazia che intende ottenere colui che si accinge a fare i Nove Primi Venerdì con retta intenzione.

Esempi

Sono molti gli esempi di coloro che per aver fatto bene i Primi Venerdì del mese sono morti in Grazia di Dio con seguendo così la grande Promessa, però per ragioni di brevità ne riporto soltanto due.

I Conversione di un federale

Questo fatto accadde nel periodo in cui l'autore del presente opuscolo studiava nel Seminario di Catania.

Durante il fascismo c'era a Catania, quale federale onnipotente per tutta la provincia (il “federale” era il rappresentante del Partito Fascista in ogni provincia), l'avv.Pietro Angelo Mammana, di pessimi costumi. Tra le sue innumerevoli malefatte, un giorno aveva dato uno schiaffo a un giovane perché portava al petto il distintivo di Azione Cattolica (c'era allora un po' di attrito tra il Vaticano e il Partito Fascista per il movimento dell'Azione Cattolica Italiana che Mussolini non vedeva di buon occhio); glielo aveva strappato, gettato a terra e pestato, dicendo: Ora vai a dirlo al tuo Vescovo!

Un giorno d'estate, durante l'ultima guerra, assistendo con una sigaretta accesa, nella sua villa di Trecastagni, al travaso di benzina da una macchina all'altra fatto dal suo autista, la benzina s'incendiò e Mammana fu avvolto dal le fiamme. Accorsi con delle coperte, i familiari gli spensero le fiamme addosso e quindi lo ricoverarono all'Ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Le fiamme gli avevano bruciato tutta la pelle, per cui non poté essere coperto con lenzuola perché si appiccicavano le carni. Dovette essere messo sopra una incerata e coperto con un'altra incerata.

Chiese subito un Prete. Nella stanza accanto alla sua c'era ricoverato il Sac. Giuseppe Consoli, residente nella Chiesa di S. Giuliano in via Crociferi a Catania. Egli accorse subito. Il federale Mammana, dopo avergli raccontato l'accaduto, gli disse: “Quando fui avvolto dalle fiamme sentii una voce che mi diceva: ‘Dovresti morire e andare all'inferno, ma ti aspetta misericordia perché hai fatto i Nove Primi Venerdì... Se tu non l'avessi fatti quando eri ragazzo, ora ti avrei portato con me all'Inferno!”.

Quindi si confessò e comunicò con grande pentimento e devozione. Non volle ricevere nessuno: né amanti, né amici, ma soltanto il Sac. Consoli. Per i tormenti si torce va come un verme, ma ripeteva continuamente: Me lo merito! Me lo merito!

Sopravvisse 15 giorni in quei tormenti e morì pienamente rassegnato e riconciliato con Dio.

II Padre Games

Nella città di Guadalajara, in Messico, un povero massone era agonizzante. Due membri della loggia massonica lo sorvegliavano perché nessun prete lo avvicinasse.

I vicini di casa, accortisi del fatto, andarono ad avvisare il P. Games, salesiano, apostolo dei giovani universitari di Guadalajara, tipo burbero, deciso, coraggioso, che non si fermava di fronte a nessuna difficoltà.

Si vestì in borghese, con un cappellaccio in testa e due rivoltelle ai fianchi, prese la SS. Eucarestia, l'olio degli infermi e andò alla casa indicata.

Col calcio della rivoltella picchiò tre colpi alla porta. I due massoni di guardia vennero ad aprire e P. Games li affrontò così:

— Il capo vuole che andiate a prendere una boccata d'aria e a bere alla sua salute. Vi sostituisco io.

I due furono contenti della proposta e prima di andarsene dissero:

— Stai attento a P. Games, che potrebbe venire a rovinarci tutto!

— Se viene P. Games — rispose — lo saprò accogliere io come si merita — e fece vedere le armi.

I due se ne andarono e P. Games entrò, chiuse la porta a chiave e si precipitò verso il moribondo, che giaceva nel suo letto.

— Che cosa hai fatto — gli gridò — per meritarti una grazia simile?

Il poveretto nel vedere quel figurone, con quelle rivoltelle, mandò un gemito, temendo che gli affrettasse la morte.

Allora P. Games si tolse il cappello, lasciò sul tavole le rivoltelle e con voce più amabile disse:

— Io sono P. Games e sono venuto a confessarti, a comunicarti e ad aiutarti a morire da buon cristiano. Che cosa hai fatto per meritarti questa grazia?

— Oh, benedetto il Signore, benedetta la Madonna

— mormorò il morente — Sono stati fedeli. Quand'ero ragazzo ho fatto la Comunione riparatrice ai primi Nove Venerdì e ai Primi Cinque Sabati, e il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria non si sono dimenticati di me, povero peccatore, nell'ora della mia morte.

A P. Games non riuscì difficile disporre il malato alla Confessione, al Viatico e al Sacramento degli infermi. Poi ottenne che il malato firmasse due copie di una dichiarazione, nella quale rinunziava alla massoneria e attestava di voler morire da buon cattolico. P. Games controfirmò, lasciò la copia sul tavolo e partì portando con sé la seconda copia.

Quando i due custodi ritornarono e videro il malato cambiato e lessero la dichiarazione, non poterono che esclamare:

— P. Games ce l'ha fatta! — E dovettero allontanarsi.

P. Games poté ritornare, vestito da prete, ed assistere il malato fino alla morte edificantissima.

Più tardi, in seguito, anche quei due vollero l'assistenza religiosa di P. Games e morirono in pace con Dio e con la Chiesa.

(Dal periodico «Il Santuario del Sacro Cuore'> di Bologna del 1 giugno 1980. Questo episodio fu narrato allo scrivente P. Domenico Bertetto dallo stesso P. Games a Morelia nei 1964, ed era il dominio pubblico fra i Salesiani del Messico).