MaM
Messaggio del 2 ottobre 1991: Figli miei! Ora più che mai ho bisogno del vostro aiuto. Vorrei che preghiate per i vostri fratelli che non hanno ancora conosciuto l’amore di Dio. Pregate per loro! Pregate con tutto il cuore! Vorrei che essi possano riconoscere l’amore del Padre in tutto ciò che voi fate. Aiutateli ed aspettatevi che il Padre aiuti voi così come voi aiutate gli altri. Non siate insensibili al richiamo di questa mia preghiera. Aiutate vostra madre! Io vi ringrazio di cuore.

Esiste il Purgatorio?

16/01/2004    2497     Il Purgatorio    Purgatorio 
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Una delle verità religiose più dibattute nella Chiesa e più nebulose per i credenti, è l’esistenza del Purgatorio. La morte è la verità più sicura per ogni uomo, sia egli piccolo o grande, dotto o ignorante, ricco o povero. "E’ stabilito, ricorda S. Paolo, che tutti gli uomini devono morire" (Eb 9,27). La fine della vita temporale ci apre a una vita immortale, senza fine, con una duplice soluzione: salvezza o perdizione eterna.

Un problema per tutti

Una delle verità religiose più dibattute nella Chiesa e più nebulose per i credenti, è l’esistenza del Purgatorio. La morte è la verità più sicura per ogni uomo, sia egli piccolo o grande, dotto o ignorante, ricco o povero. "E’ stabilito, ricorda S. Paolo, che tutti gli uomini devono morire" (Eb 9,27). La fine della vita temporale ci apre a una vita immortale, senza fine, con una duplice soluzione: salvezza o perdizione eterna.

Consolante la certezza che Dio crea ogni uomo per assicurargli, oltre il breve cammino della vita terrena, una vita di felicità infinita. San Paolo assicura: "E’ volontà di Dio che tutti gli uomini giungano alla salvezza". Siamo chiamati tutti alla salvezza, Dio offre a ciascuno la possibilità di conseguirla, ma essa dipende dalla nostra rispondenza: "Se vuoi entrare nel regno della vita, osserva i miei comandamenti" (Mt 19,17).

"Colui che ti ha creato senza di te, afferma S. Agostino, non ti può salvare senza di te". Scopriamo come sia difficile lottare contro il male, per la stessa nostra natura ferita dal peccato originale. Il peccato ci insidia costantemente, tanto che "se diciamo di essere senza peccato", dice S. Giovanni, "inganniamo noi stessi e la verità di Dio non è in noi".

All’inizio della Messa la Chiesa ci invita a pregare così: "Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni", tre colpe da cui nessuno, neppure i santi, possono sentirsi esenti. Da questa realtà che ci accompagna durante tutta l’esistenza è facile capire quanto sia importante avere delle idee chiare e sicure sul grande mezzo di purificazione e salvezza che Dio ci concede nel Purgatorio.

Vocazione alla perfezione

Il Paradiso per il quale siamo stati creati esige la perfezione, la santità: "Io sono il Signore vostro Dio, comportatevi come persone sante perché io sono santo". Al termine della vita sarà Dio stesso a giudicare come ci siamo comportati. "Tutti noi", dice S. Paolo, "compariremo davanti al tribunale di Cristo per essere giudicati da Lui. Allora ciascuno riceverà quello che gli è dovuto, secondo il bene o il male che avrà fatto nella vita".

A Gesù che si è incarnato ed è morto in croce, è affidata la sentenza che fisserà la nostra sorte per tutta l’eternità. Lui che ci ha salvato a prezzo di un amore e dolore infinito. Ma chi potrà presentarsi sicuro davanti a Lui che scruta l’intimo dell’anima: pensieri, parole, desideri, intenzioni? "Vi dico, avverte Gesù, come nel giorno del giudizio, tutti dovranno render conto anche di ogni parola inutile che hanno detto". Ma Gesù è venuto a salvare i peccatori e ci rassicura dicendo: "Il Padre vostro che è in cielo vuole che nessuna persona vada perduta".

Ecco perché viene offerto a tutti noi un supplemento di purificazione oltre la morte.

Il Purgatorio non lo hanno inventato gli uomini, ma Dio, il suo infinito amore di Padre che vuole tutti salvi, puri, per partecipare alla sua gloria e felicità infinita. La sua realtà scaturisce dalla stessa giustizia infinita di Dio, che non può premiare chi ha ancora da riparare il male commesso, né castigare chi, pentito, è morto affidandosi alla misericordia del Signore.

Il giudizio di Dio

Molti pensano che con la morte tutto sia finito. In realtà la morte è l’inizio di una nuova vita, è il vero "dies natalis", la nascita a una esistenza che non avrà più fine.

Sovente la morte per chi soffre è una liberazione; per tante persone occorre più coraggio per vivere che per morire. Il vero problema è ciò che ci attende dopo la morte. Lo stesso scettico Montaigne diceva: "Non temo la morte, mi spaventa quello che accadrà dopo".

Sulla terra non c’è giustizia: spesso la violenza, il sopruso, la prepotenza, l’ingordigia, hanno il sopravvento. Vittime sovente sono i buoni, gli innocenti che non hanno voce e potere per difendersi. Per questo un’esigenza profonda della natura umana, inculcata da tutte le religioni, è un tribunale in cui tutto il male venga rivelato e punito e tutto il bene premiato. Chi ci giudicherà al termine della vita è Gesù, che ci ha amato fino a farsi uomo per diventare nostro fratello, è morto in croce per espiare i nostri peccati, è risorto per assicurarci che anche noi risorgeremo a vita immortale.

Un giudice sapientissimo, che non può errare, scruta e giudica non solo le azioni, ma anche le intenzioni che guidano le nostre scelte. Giudice giustissimo che non si lascia ingannare dalle apparenze, né corrompere da alcuno. Giudice potentissimo nell’applicare il suo verdetto, premiando o castigando. Nulla e nessuno può sfuggire alla sua sentenza: ogni pensiero, ogni parola, ogni azione è segnata nel libro della vita in attesa della sentenza. Ci dona grande consolazione la certezza che ogni colpa commessa, se pentiti, viene prontamente perdonata, cancellata.

Il giudizio divino, nell’istante della morte, avrà una triplice sentenza: condanna definitiva per chi avesse rifiutato fino all’ultimo momento il perdono e la salvezza che Dio offre a tutti; il Paradiso a chi avrà osservato costantemente la sua legge. Per quanti fossero morti con colpe veniali o residui di pena da espiare, Gesù offre un periodo di espiazione e purificazione nel Purgatorio. Al termine del mondo il grande giudizio finale per tutti: "Alla voce dell’Arcangelo, al suono della tromba di Dio, il Signore scenderà dal cielo e allora quelli che sono morti credendo in Lui risorgeranno… e da quel momento saranno sempre con il Signore" (Ts 1,16-18).

Credenza universale

In tutte le grandi religioni e nelle varie culture, si è sempre creduto in un luogo di purificazione dove i morti possano espiare il male commesso durante la vita.

Grande cantore del Purgatorio è stato il nostro massimo poeta Dante Alighieri. Nella "Divina Commedia" descrive la trilogia dell’aldilà: Inferno, Purgatorio, Paradiso, dove descrive le attese e le credenze dell’umanità.

Il Purgatorio è formato da una montagna a sette cerchi dove si espiano i setti peccati capitali: orgoglio, invidia, collera, pigrizia, avarizia, gola, lussuria. Cerchi e sofferenze diminuiscono man mano che si sale verso la vetta, il Paradiso. Inizia così: "Canterò in quel secondo regno – dove l’umano spirito si purga – e di salir al cielo diventa degno" (Purg. 1,4-6)

Verità di fede

La Chiesa ha sempre creduto nell’esistenza del Purgatorio. Dio è Padre, la sua misericordia ci segue oltre la vita.

Il dogma del Purgatorio ha avuto una prima definizione dogmatica nel Concilio Ecumenico Niceno II, in quello Ecumenico Fiorentino che precisa: "Definiamo che le anime dei veri penitenti, morti nell’amore di Dio, prima di avere soddisfatto, con degni frutti di penitenza, ciò che hanno commesso od omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del Purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante i suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine, le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per i defunti".

Una seconda definizione viene dal Concilio Ecumenico Tridentino. In uno dei canoni scomunica "chi ritiene che il peccatore pentito, non abbia alcun debito di pena temporale da scontare o in questa vita o in quella futura in Purgatorio, prima che gli siano aperte le porte del regno dei cieli".

Inoltre "prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul Purgatorio, trasmessa dai santi Padri e dai Concilii sia creduta, conservata, insegnata, predicata ovunque". L’autorità dei due Concilii Ecumenici , viene richiamata dal Vaticano II che dice: "La fede dei nostri padri circa l’unione con i fratelli, che sono nella gloria celeste o che ancora dopo la morte stanno purificandosi, questo Concilio riceve con grande pietà e nuovamente propone i decreti di quei sacri Concilii" (Lumen Gentium 51).

Idee sbagliate

Nel corso della storia molti hanno scritto sul Purgatorio, il luogo dove si trova, la sua durata, le pene a cui sono sottoposte le anime…

Anzitutto le rivelazioni e le visioni private, comprese quelle di anime privilegiate e di santi, anche se approvate dalla Chiesa, non sono mai verità di fede, quindi si possono accettare o rifiutare.

Certe affermazioni e pitture di anime immerse in un mare di fuoco, continuamente tormentate con sadica crudeltà, sono senz’altro contrari alla verità.

Il fuoco è un’immagine simbolica, biblica, molto usata nella Scrittura, perché serve a purificare, distruggere il male. "La anime dei giusti", dice il Signore, "sono al sicuro nelle mani di Dio, nessun tormento li colpirà più… Dio li ha corretti con mano leggera, per dar loro una grande ricompensa… li ha purificati dalle scorie come si fa con l’oro, e li ha accolti come sacrificio".

Il Purgatorio non è un luogo, ma un modo di vivere, voluto da Dio, per la purificazione e per la salvezza di quanti hanno residui di colpa da espiare.

La morte separa l’anima dal corpo, che si riunirà a lei dopo il Giudizio finale, per partecipare nella persona rinnovata e santificata alla gloria e felicità del Paradiso. Il Purgatorio è pertanto uno stato intermedio per la purificazione delle anime, necessaria per entrare nel regno dei cieli e partecipare alla vita stessa di Dio. Per noi è impossibile capire questa verità, legati come siamo ai mali e ai beni, allo spazio e al tempo in cui viviamo, per cui pensiamo sempre in base a queste nostre esperienze.

Di conseguenza anche certi modi di dire: "Faccio qui il mio purgatorio, la mia vita è un purgatorio…" non riflettono la realtà della vera sofferenza di queste anime, che non è fisica, ma spirituale e consiste nella privazione della visione beatifica di Dio.

Verità di fede

La Chiesa ha sempre creduto nell’esistenza del Purgatorio. Dio è Padre e la sua misericordia ci segue oltre la vita.

L'esistenza del Purgatorio ha avuto una prima definizione dogmatica nel Concilio Ecumenico Niceno II, e in quello Ecumenico Fiorentino che precisa: "Definiamo che le anime dei veri penitenti, morti nell’amore di Dio, prima di avere soddisfatto, con degni frutti di penitenza, ciò che hanno commesso od omesso, sono purificate dopo la morte con le pene del Purgatorio e che riceveranno un sollievo da queste pene, mediante i suffragi dei fedeli viventi, come il sacrificio della Messa, le preghiere, le elemosine, le altre pratiche di pietà, che i fedeli sono soliti offrire per i defunti".

Una seconda definizione viene dal Concilio Ecumenico Tridentino. In uno dei canoni scomunica "chi ritiene che il peccatore pentito, non abbia alcun debito di pena temporale da scontare o in questa vita o in quella futura in Purgatorio, prima che gli siano aperte le porte del regno dei cieli".

Inoltre "prescrive ai vescovi di vigilare con zelo perché la sana dottrina sul Purgatorio, trasmessa dai santi Padri e dai Concilii sia creduta, conservata, insegnata, predicata ovunque". L’autorità dei due Concilii Ecumenici, viene richiamata dal Vaticano II che dice: "La fede dei nostri padri circa l’unione con i fratelli, che sono nella gloria celeste o che ancora dopo la morte stanno purificandosi, questo Concilio riceve con grande pietà e nuovamente propone i decreti di quei sacri Concilii" (Lumen Gentium 51).

Idee sbagliate

Nel corso della storia molti hanno scritto sul Purgatorio, il luogo dove si trova, la sua durata, le pene a cui sono sottoposte le anime…

Anzitutto le rivelazioni e le visioni private, comprese quelle di anime privilegiate e di santi, anche se approvate dalla Chiesa, non sono mai verità di fede, quindi si possono accettare o rifiutare.

Certe affermazioni e pitture di anime immerse in un mare di fuoco, continuamente tormentate con sadica crudeltà, sono senz’altro contrari alla verità.

Il fuoco è un’immagine simbolica, biblica, molto usata nella Scrittura, perché serve a purificare, distruggere il male. "Le anime dei giusti", dice il Signore, "sono al sicuro nelle mani di Dio, nessun tormento li colpirà più… Dio li ha corretti con mano leggera, per dar loro una grande ricompensa… li ha purificati dalle scorie come si fa con l’oro, e li ha accolti come sacrificio".

Il Purgatorio non è un luogo, ma un modo di vivere, voluto da Dio, per la purificazione e per la salvezza di quanti hanno residui di colpa da espiare.

La morte separa l’anima dal corpo, che si riunirà a lei dopo il Giudizio finale, per partecipare nella persona rinnovata e santificata alla gloria e felicità del Paradiso. Il Purgatorio è pertanto uno stato temporaneo per la purificazione delle anime, necessaria per entrare nel regno dei cieli e partecipare alla vita stessa di Dio. Per noi è impossibile capire questa verità, legati come siamo ai mali e ai beni, allo spazio e al tempo in cui viviamo, per cui pensiamo sempre in base a queste nostre esperienze.

Di conseguenza anche certi modi di dire: "Faccio qui il mio purgatorio, la mia vita è un purgatorio…" non riflettono la realtà della vera sofferenza di queste anime, che non è fisica, ma spirituale e consiste nella privazione della visione beatifica di Dio.

Dolorosa attesa

Cerchiamo di immaginare i sentimenti profondi delle anime chiamate alla purificazione per essere degne di partecipare alla vita beata.

La pena più grande è l’attesa, la separazione dell’incontro con Dio, creatore di tutto e di tutti; con Gesù che ci ha ricolmati di grazie durante tutta la vita; con Maria Santissima nostra avvocata. Con loro in Paradiso ci attendono i Martiri, i Santi, le anime elette che hanno già raggiunto la gloria. Tra questi i nostri parenti, amici, benefattori, tante persone con le quali abbiamo condiviso sofferenze e gioie durante il cammino terreno. L’elemento espiatorio, purificatore è dato da questa dolorosa separazione. Si trovano come un carcerato che, pur sicuro di riconquistare la libertà, è costretto a rimanerne privo; come un ammalato che sta recuperando lentamente la salute. Al termine dell’ultimo conflitto i reduci dai campi di concentramento erano impazienti di tornare a casa. Sovente si cercava di trattenere quanti erano in condizioni disastrose per i patimenti e la denutrizione, per metterli in condizioni di continuare il viaggio. Ma essi rifiutavano con ostinazione: la gioia per la libertà riconquistata, l’ansia di rivedere i propri cari era superiore a ogni invito. Il fuoco purificatore è un’immagine dell’aspirazione di queste anime, bramose di essere liberate dalla colpa per entrare nel regno della nuova vita per cui sono state create. Una sofferenza accettata con coraggio, come il malato che si sottopone a una terapia dolorosa per essere guarito.

La sofferenza purificatrice è dovuta anche al ricordo del male compiuto, al rimorso per le colpe veniali, i doveri trascurati, le mancanze di pazienza, di carità commesse con tanta facilità… Un rimorso tanto più cocente quanto maggiore era la possibilità di fare del bene.

Chi non ha provato il dispiacere, la tristezza di occasioni perdute, imputabili alla nostra trascuratezza? Quanto bene avremmo potuto compiere, per arricchire la nostra vita, quanta carità esercitare con poche rinunce, aumentando i nostri meriti per l’eternità!

Il più grande dolore sarà proprio non essere stati santi come avremmo potuto e dovuto essere.

Gioia nella sofferenza

Insieme al dolore purificatore, proporzionato nell’intensità e nella durata alle colpe da espiare, le anime nel Purgatorio godono una gioia inesprimibile, dovuta ad alcune realtà di cui solo esse possono rendersi conto.

Anzitutto la certezza di avere superato la prova. Anche se la meta è ancora lontana, sono sicure di poterla raggiungere. Intravedono la gioia, la felicità che le attende nel Paradiso; una felicità superiore a ogni immaginazione. Chi non ha provato il piacere di un difficile esame superato, di un tremendo pericolo scampato, di un premio conseguito a prezzo di tanti sacrifici? Queste anime sanno che non saranno più soggette a tentazioni, che nessun peccato potrà più privarle della vita beata verso cui sono incamminate.

Anche sul piano fisico non più lacrime, privazioni, sofferenze, dolori che hanno punteggiato la loro vita in questa "valle di lacrime". Ogni aspirazione, ogni desiderio lungamente coltivato sarà pienamente esaudito, anzi sorpasserà ogni attesa.

In cielo avranno la pienezza di ogni bene con esclusione di ogni male e questo per sempre: un godimento senza fine. Dio stesso, l’essere infinito, sarà l’oggetto di questa felicità sempre nuova.

In Paradiso noi creature finite non esauriremo mai l’infinito, bene supremo al quale saremo inseparabilmente uniti. La certezza del premio ormai vicino fa parte della gioia che accompagna le anime durante il tempo della purificazione.

"Si sta molto meglio in Purgatorio che sulla terra" scrive S. Bernardino da Siena. "Qui rischi, sofferenze, dolori, pericoli, tentazioni, incertezze; là sicurezza della salvezza". "Per gli eletti non più morte, né lutto, né gemiti, né grida, né dolore" assicura S. Giovanni (Ap 20,4).

Santa Caterina da Genova, la mistica del Purgatorio, scrive: "Non credo si possa provare una gioia pari a quella delle anime in Purgatorio, se si accettua quella dei beati in cielo". E ancora: "Se si aprisse il Purgatorio e si invitassero le anime a uscirne, queste si rifiuterebbero".

Il vero senso della morte

La paura della morte è naturale e razionale perché l’uomo è stato creato per la vita. I vegetali e gli animali non provano questo timore perché non sanno di dover morire. Solo la fede e la parola di Dio ci aiutano a superare questa paura, anzi ad attendere questa realtà con serenità.

Grazie a Cristo la morte cristiana ha un significato profondamente positivo: "Per me vivere è Cristo e morire un guadagno", dice S. Paolo e continua: "Certa è questa verità, se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui".

Con la morte Dio chiama l’uomo alla vita immortale. Per questo il credente può esclamare con S. Paolo: "Desidero essere liberato da questo corpo per vivere con Cristo" (Fil 1,23). "Voglio vedere Dio", diceva S. Caterina , "ma per vederlo devo morire". E S. Teresina del Bambino Gesù: "Io non muoio, entro nella vita".

Ignorando il giorno e il momento della morte è necessario ascoltare l’invito di Gesù: "Tenetevi sempre pronti perché il Figlio dell’uomo verrà quando meno ve lo aspettate" (Mt 24,44). E' saggio per chi deve partire per un lungo viaggio, prepararsi accuratamente e questo è un viaggio senza ritorno per cui è necessario trovarsi sempre preparati: vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. "Comportati sempre come desideri trovarti in punto di morte; se avrai una coscienza retta non avrai mai paura della morte".

La Chiesa ci suggerisce di fare sovente l’esame di coscienza e se ci troviamo carichi di qualche colpa, chiediamo sinceramente perdono. Dio è sempre disponibile ad assolvere le nostre colpe perché vuole che viviamo costantemente in sintonia di amore con Lui e con i fratelli. Rivolgiamo ogni giorno con fiducia la nostra preghiera alla Madre di Dio e Madre nostra: "Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte". Raccomandiamoci al suo sposo, S. Giuseppe, protettore della buona morte, al nostro Angelo custode, ai nostri Santi protettori. Soprattutto piena fiducia e totale abbandono nel Signore. Sulla croce morendo Gesù ha vinto per noi la morte e ci attende tutti per vivere eternamente beati con Lui in cielo.

Rispetto per i morti

Presso tutte le religioni, fin dai tempi più remoti, è diffuso il rispetto, il culto per i defunti. Mausolei sono stati costruiti in loro ricordo; le imbalsamazioni in uso presso certi popoli, le offerte, i riti sacrificali, dimostrano quanto sia sentito il dovere di onorare coloro che ci hanno lasciato per una vita oltre la morte.

Per molti è un preciso dovere di gratitudine per il bene ricevuto, dal dono della vita dai genitori, ai valori intellettuali, morali, materiali con cui ci hanno beneficato durante la vita. Purtroppo sovente questo nobile sentimento viene espresso in maniera errata, con ostentazione di potere e ricchezza che non servono assolutamente al defunto, tanto meno a purificarlo dai peccati commessi durante la vita.

Una tomba di marmo pregiato, una cassa di legno prezioso, un funerale sfarzoso con decine di corone di fiori, sono il più delle volte spreco inutile di denaro che avrebbe potuto essere devoluto a opere di grande valore sociale-caritativo verso i poveri, di cui il defunto avrebbe goduto un grande beneficio.

Solidarietà con i defunti

La morte non spezza i legami che abbiamo con i defunti. Le tre Chiese: peregrinante, purificante, trionfante, rimangono strettamente unite come vasi comunicanti: i beni di una si riversano sulle altre. E’ una verità di fede che proclamiamo nel simbolo apostolico: "credo nella comunione dei santi".

Con queste differenze: mentre noi possiamo invocare e ottenere l’aiuto dei beati in cielo, questi sicuramente intercedono per noi, particolarmente i nostri patroni, parenti, amici, persone alle quali abbiamo fatto del bene. Le anime del Purgatorio invece non sono più in grado di meritare per sé; mentre noi abbiamo possibilità di aiutarli, lenire le loro sofferenze, anticipare la soddisfazione dei debiti contratti verso la divina giustizia.

Da sempre la Chiesa accompagna i defunti, dopo la morte, con particolari riti e preghiere: dalla benedizione della salma, alla Messa esequiale, alle preghiere mentre scende nella tomba. La morte del cristiano è una partecipazione al mistero di morte e risurrezione del Signore Gesù, come membro del suo corpo mistico.

Per Gesù la morte è principio di salvezza, inizio di vita nuova, di appartenenza al regno dei cieli: "Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me non morirà in eterno" (Gv 11,25). La liturgia esequiale onora il corpo del defunto in cui Dio è stato presente mediante la Grazia dei Sacramenti e spinge lo sguardo all’ultimo avvenimento della storia, quando Cristo tornerà glorioso per ridare vita ai corpi e renderli partecipi della sua gloria.

Il più grande desiderio dell’uomo è vincere la morte, che trova la risposta certa in Gesù morto e risorto, salito al cielo per preparare un posto per ciascuno di noi. Accomiatandosi dai discepoli Gesù ha promesso: "Vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché anche voi siate dove sono io" (Gv 14,2-4). Per questo la liturgia esequiale è una celebrazione pasquale: un momento in cui i fedeli, mentre pregano per il defunto, affidandolo alla misericordia di Dio, ravvivano la propria fede e speranza in Cristo che tutti attende nel suo regno di amore.

Una delle preghiere recita: "Dio, Padre misericordioso, tu ci doni la certezza che nei fedeli defunti si compie il mistero del tuo Figlio, morto e risorto: per questa fede che noi professiamo, concedi al nostro fratello che si è addormentato in Cristo, di risvegliarsi con noi nella gioia della risurrezione".

Come aiutarli

La Chiesa, madre e maestra, ci addita parecchi mezzi per suffragare le anime dei nostri cari e aiutarle a raggiungere la pienezza della vita eterna.

L’aiuto più efficace è la S. Messa, la Comunione fatta in suffragio dei defunti. La celebrazione Eucaristica, rinnovando il sacrificio di Gesù, è l’atto supremo di adorazione e riparazione che possiamo offrire a Dio per le anime dei defunti.

La preghiera: un mezzo sempre efficace, alla portata di tutti, tanto più efficace quando non chiediamo aiuti e beni per noi, ma perdono e salvezza per le anime dei nostri cari. Questa preghiera è tanto gradita a Dio perché coincide con la sua volontà salvifica.

Egli desidera, attende di incontrarle nel cielo per il quale le ha create. Oltretutto per molti di noi è un dovere di gratitudine per il bene ricevuto da parenti e amici e insieme una garanzia perché le anime, giunte in Paradiso, ci ripagano intercedendo per noi.

Tra le preghiere tanto raccomandate dalla Madonna, la recita del Rosario, con l’aggiunta dopo il Gloria, di una invocazione per i defunti: "L’eterno riposo dona a loro, o Signore, splenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace".

Oltre la preghiera possiamo suffragare le anime con mortificazioni, digiuni, sacrifici, penitenze, beneficenza e atti di carità, in riparazione del male commesso mentre erano in vita. La croce è sicuramente la via più sicura per noi e per loro, per staccarci dai beni della terra, aumentare i meriti, seguire il divino modello, che ne ha fatto condizione per essere suoi seguaci: "Chi non prende la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo".

Indulgenze e giaculatorie

La Chiesa, madre tenerissima, ci propone anche altri mezzi per suffragare le anime del Purgatorio; le più note sono le "indulgenze". Consistono nella remissione della pena temporale dovuta al peccato.

Ogni colpa, anche dopo il perdono, lascia un debito da riparare per il male commesso. La Chiesa trae dal suo tesoro, offerto dalla misericordia divina, quanto si deve espiare per le colpe gravi o leggere, commesse e non ancora soddisfatte.

Le indulgenze si dividono in "plenarie", remissione totale del debito, e "parziali", cioè limitate, da applicare ai defunti. L’indulgenza più nota è legata alla commemorazione di tutti i defunti, il 2 novembre, mediante: visite alle tombe, celebrazione Eucaristica al cimitero, visita a una Chiesa. Si può lucrare l’indulgenza plenaria a partire dal mezzogiorno del 1° novembre a tutto il 2 novembre.

Si può lucrare una sola volta ed è applicabile solo ai defunti. Visitando una Chiesa, si reciti almeno un Padre nostro e il Credo. Le tre condizioni richieste sono: Confessione, Comunione, preghiera secondo le intenzioni del Papa (Pater, ave, gloria).

Queste tre condizioni possono essere adempiute anche nei giorni precedenti o seguenti il 2 novembre. Nei giorni dall’1 all’8 novembre chi visita il cimitero e prega per i defunti può lucrare una volta al giorno l’indulgenza plenaria, applicabile ai defunti, alle condizioni di cui sopra.

Uno degli atti più meritori per le anime del Purgatorio è "l’Atto eroico di carità". Consiste nell’offrire a Dio tutte le opere buone che uno compie e anche i suffragi che riceveremo dopo la morte, perché siano applicate alle anime sante del Purgatorio, secondo il beneplacito di Dio, offerta di immensa generosità sommamente gradita al Signore.

Le giaculatorie sono brevi invocazioni di fede a Dio, a Gesù Cristo, alla Madonna, ai Santi, per lodare, ringraziare, invocare il loro aiuto per noi o per i nostri cari vivi e defunti.

Nessuna formula è prescritta, molte sono suggerite da particolari devozioni; le migliori sono quelle che sorgono spontanee, rispondenti a particolari necessità e desideri.

Molte di queste sono indulgenziate dall’autorità ecclesiastica, meritorie per vivi e defunti. Non dimentichiamo di pregare anche per le anime più bisognose e dimenticate del Purgatorio, certi che ricambieranno in Paradiso questa nostra carità.

Fonte: rivista Medjugorje Torino