MaM
Messaggio del 17 aprile 1986:Cari figli, voi siete troppo presi dalle cose materiali, e per esse perdete tutto quello che Dio desidera darvi. Vi invito a chiedere i doni dello Spirito Santo, che adesso vi sono necessari per poter testimoniare la mia presenza e tutto quello che io vi do. Cari figli, abbandonatevi totalmente a me, perché io possa guidarvi pienamente. Non preoccupatevi delle cose materiali. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Eccezionale testimonianza di un rivoluzionario dell'IRA: dall'odio all'abbraccio del nemico

29/12/2008    2056     Testimonianze su Medjugorje    Padre Slavko Barbaric  Testimonianze 
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P. Slavko riferisce il dialogo avuto con un rivoluzionario dell'IRA (Armata repubblicana irlandese) convertito dalla Regina della Pace e ora aspirante al sacerdozio.

P. Slavko: Vogliate presentarvi.

Marc Lenagham: Mi chiamo Marc Lenagham. Sono irlandese. Vengo dalla parte occidentale di Belfast. Ho i genitori e due fratelli. Ho terminato gli studi di Slavistica, specializzandomi in letteratura russa e in marxismo. Ho studiato anche letteratura inglese. Ero un violento. Tre mesi prima di dare gli esami finali fui arrestato e condannato a 12 anni di carcere.

D. Che cosa vi ha portato in carcere. Ditecelo nel modo più chiaro e aperto.

R. Sono cresciuto senza fede e senza preghiera, senza conoscere Dio. Nel 1978 divenni membro dell'Armata repubblicana irlandese. Da allora mi sono dato da fare. Dapprima cominciai a diffondere scritti e volantini contro la Chiesa, contro la religione e contro gli inglesi. Ero un violento qualsiasi. Il 15 febbraio 1982 mi successe un fatto per cui sono finito in carcere. Il mio gruppo aveva attaccato una casa e preso in ostaggio i suoi inquilini. Trasformarono la casa in un nostro rifugio, poi si chiamò l'armata inglese come per chiederle aiuto. Quando arrivarono i soldati, noi, dalle finestre della casa, cominciammo a sparare sui loro automezzi. Un soldato britannico rimase ucciso. Nonostante fosse il coprifuoco, attraversai in moto la città assieme a un compagno. Sulle spalle tenevo la mia mitragliatrice. E proprio mentre stavo per uccidere un soldato britannico, ci rovesciammo dalla moto. Io fui preso e arrestato, mentre il mio compagno riuscì a fuggire. Sette giorni in carcere fui sottoposto ad interrogatorio, e alla fine condannato a una lunga pena, di cui scontai sei anni e due mesi. Poi, sotto condizione, fui rimesso in libertà.

D. Grazie per quello che ci avete detto. Ora diteci qualcosa delle vostre disposizioni interiori.

R. Nella mia infanzia ho visto e vissuto molte di queste cose. A Belfast la nostra casa fu bruciata. Ho visto molti conoscenti e amici scomparire o essere uccisi. Di tutto questo noi davamo la colpa ai soldati britannici. In me andava crescendo rabbia, voglia di vendetta, odio. Questo il motivo che mi spinse ad entrare subito nelle organizzazioni politiche. Lì mi hanno convinto della giustezza della nostra lotta. La nostra idea-guida era questa: noi lottiamo per la pace, la libertà e la giustizia. Pero eravamo sempre mossi dall'odio, dalla vendetta e dall'esasperazione. Così sono cresciuto. Adesso capisco perchè ero profondamente ferito nell'anima.
Divenni membro di un gruppo che nell'IRA funzionava da polizia locale. Nostro compito era quello di aggredire e di picchiare tutti quelli che ci sembravano pericolosi. Conseguenze: persone gravemente ferite, picchiate fino alle ossa. E noi ritenevamo di compiere un nobile dovere!

D. E' chiaro, eravate guidati dal male. Potete ora continuare con la testimonianza della vostra vita?

R. Sì. Ero capace di qualsiasi impresa. Sapevo battermi. Ero coraggioso. Avevo ottenuto la fiducia dei massimi dirigenti dell'IRA. Degli autentici specialisti ci insegnavano come uccidere con destrezza i soldati britannici, i poliziotti e gli altri avversari, Il maestro spesso ci ripeteva: ‘Non il fucile uccide, ma il cuore”. E veramente ero molto scontento se non ammazzavo qualcuno. Un cappellano nel carcere, un libro, una foto dei veggenti: ecco come Maria è arrivata a me

D. Si può arrivare fino a questo punto?

R. Sì. E anche più in là. Noi in complesso non avevamo nessun'idea sull'etica, sulla morale, sul rispetto della vita altrui. Anche in carcere io rimasi per un certo tempo ancora saldo e attaccato alle direttive della nostra armata.

D. La vostra esperienza è pesante. Da quando venite qui, a Medjugorje?

R. In carcere, da noi,ogni domenica viene celebrata la messa. I detenuti ci vanno. Non tanto per pregare quanto per incontrarsi. E così anch'io ci andavo. Non per pregare, ma per distribuire volantini e per conoscere le ultimissime notizie. Un giorno celebrò la messa un missionario di nome Paddy Kelly. Era appena tornato da Medjugorje. Parlava con grande entusiasmo e convinzione dei veggenti, dei messaggi, dei segreti, di una nuova vita spirituale e delle conversioni. Pensavo tra me: questo sacerdote ci crede. L'aspettai dopo la messa e gli chiesi: “Veramente voi credete a queste cose?” Ed egli tranquillo e con molta persuasione rispose: “Sì, naturalmente”. Lo pregai che mi spiegasse un po' meglio come appare la Madonna a Medjugorje. Rispose che mi avrebbe mandato dei libri che descrivono ampiamente quello che accade a Medjugorje. Soggiunsi che non si disturbasse, che sono cose che non mi interessano poi tanto. Tuttavia quel sacerdote mi mandò i libri. Lessi tutto, ma non l'accettai.

D. Come vi siete sentito davanti agli insegnamenti che vengono da Medjugorje

R. Tutto è cominciato a Pasqua del 1984. Fino allora avevo respinto, come cosa buona per me, ogni pensiero sulla possibile veridicità dei fatti di Medjugorje. Tuttavia un giorno una piccola parte di me cominciò ad aprirsi. Andai dietro questa voce silenziosa dentro di me. Mentre leggevo mi soffermai su una foto con tutti i veggenti. Rimasi senza fiato: il sorriso sul volto di Vicka era per me una prova che qui non si trattava di un gioco, ma di una cosa seria. Era questo il piccolo seme che veniva deposto nel mio cuore. Accettavo la possibilità che tutto fosse vero.

Comincia la conversione all'amore e si impone la scelta di abbandonare l'IRA MESSA, CONFESSIONE, LIBERAZIONE

D. La conversione è sempre un avvenimento che si compie nel cuore dell'uomo. Come avete vissuto gli insegnamenti della Madonna a Medjugorje?

R. Ero in conflitto con il cristianesimo. I cristiani mi sembravano dei deboli, dei traditori della nostra rivoluzione e della nostra lotta. Convincevo me stesso: non posso e non devo essere un debole. Continuai a rileggere tutto... E riflettevo... Non potevo pregare, non sapevo.
Arrivai al punto di dover fare una scelta. Dovevo scegliere tra gli insegnamenti che offriva la Vergine e tutto quello che fino allora avevo ammesso e su cui avevo impostato la mia vita. La prima vittoria nel mio cuore fu che da allora non mi rallegrai più per le uccisioni, le violenze, le vendette. Anzi, ero triste quando sentivo dire che qualcuno era stato ucciso.

D. Questo era il primo impulso interiore. Ma quando gli altri hanno cominciato ad accorgersi del vostro cambiamento, avete avuto nuove prove e difficoltà?

R. Quando mi raccontavano come era stato ucciso qualche soldato io, davanti a loro, non mi rallegravo. Cominciarono a tormentarmi degli interrogativi: ma questo è giusto?
Allora nuovamente dovetti fare una scelta: o restare nel movimento della nostra armata o accettare la verità che la Madonna appare, e quindi cambiare vita.
Sentii che Dio era presente nella mia vita; che Egli agiva. Cominciai a partecipare alla messa; mi sono confessato e comunicato. Non mi sono più presentato alle lezioni della armata. Alla fine, un giorno - e ciò fu molto duro - mi presentai ai supervisori dell'IRA e dissi: “Io non posso più moralmente giustificare la lotta armata e gli assassini. La vita per me è diventata un valore. Non la posso più distruggere”. In quei momento apparvi a loro come un traditore e un vigliacco. Ma questa era la mia strada.

D. Come si sente una persona quando va a confessarsi, avendo provato odio profondo e una volontà decisa di uccidere?

R. Ognuno sente a modo proprio. Io parlo per me. Mi era difficile credere che Dio mi perdona. Mi è servito l'esempio di Davide che fece uccidere un innocente e Dio lo perdonò. Ho pensato a San Paolo che aveva perseguitato i cristiani e divenne apostolo. Di qui la forza e la fiducia nella misericordia di Dio. Tutto questo succedeva mentre ero in carcere. Ma ormai ero libero e felice come un uccello.

D. Quanto tempo siete stato in carcere e quando siete venuto per la prima volta a Medjugorje?

R. Rimasi in carcere della febbraio 1982 al marzo 1988, quando riebbi definitivamente la libertà. Avevo un grande desiderio di andare a Medjugorje L'ho potuto realizzare nell'agosto del 1988. Qui, a Medjugorje, ho trovato la pace e la gioia dell'amore. Mi è sembrato come se fino allora non avessi mai sentito nulla di questo. Avevo conosciuto solo un amore limitato: per i genitori, per l'IRA e per qualche amico. E' tutto qui quello che pensavo si dovesse amare.
Ora sono profondamente convinto che ogni uomo ha il suo valore e una sua dignità. Vedo con chiarezza che tutti siamo vittime: e noi dell'IRA e i soldati e poliziotti britannici. Noi siamo vittime delle passioni, della violenza e della giustizia senza amore ecc. Noi siamo delle vittime, e non dei bersagli su cui sparare! L'abbraccio sul Krievac col nemico di ieri La potenza della preghiera!

D. Questa è l'educazione di Maria. Avete qualche altra cosa da dirci sul vostro impatto con Medjugorje?

R. Sì. Qualcosa, per me, d'incredibile. E' successo a Pasqua del 1989, alla mia seconda venuta a Medjugorje. Ero salito sul Krizevac e pregavo. Un pellegrino, che conosceva la storia della mia vita, mi chiese se poteva raccontarla a un'altra persona. Gli chiesi: “Chi è questa persona?”. La risposta mi stupì e in un certo senso mi parve naturale: “Desidero far conoscere la vostra esperienza a un soldato britannico che si trova ora sul Krizevac”. Acconsentii senz'altro e desiderai d'incontrare questa persona. Abbiamo conversato assieme. Il soldato mi raccontava come a Medjugorje la sua vita stava cambiando. Riconobbi in lui uno di quei soldati che mi avevano dato la caccia quando fui arrestato. Alla fine della conversazione ci siamo abbracciati, ci siamo augurati la pace l'uno all'altro e a tutto il mondo. Ecco, come il mondo è piccolo e grande! Si rimane senza parole...

D. Come vi pare ora la vostra vita? Che cosa fate? che piani avete?

R. C'è un'altra esperienza importante per me, a Medjugorje Quando arrivai qui la prima volta, ebbi l'impressione come se fossi tornato a casa, una casa conosciuta e da lungo desiderata. Appena rientrai in Irlanda, cominciai a lavorare molto nel campo spirituale, con la gente. Attraverso le conversazioni e le testimonianze scoprii che potevo chiamarmi: il guaritore dei feriti. Molti cominciarono a guarire spiritualmente. Dio si serve delle mie esperienze per aiutare gli altri.

D. In base alle vostre esperienze pensate che sia possibile la pace e la riconciliazione?

R. Io credo di essere arrivato alla mia conversione perché ci sono state tre persone che hanno pregato per me. Se crediamo a ciò che ha detto la Madonna, cioè che anche le guerre si possono fermare con la preghiera, vuoi dire che è vero e possibile, se cominciamo a pregare. E quando penso alla situazione del mondo e alla mia patria, devo dire che vi è tanto odio, violenza, disprezzo; per cui bisogna molto lavorare, cristianamente lavorare. Tutte le forze distruttrici bisogna trasformarle in forze di conversione e di costruzione. Miora sarà veramente possibile la pace.

D. Desiderate lasciarci un messaggio?

R. Vorrei dire questa mia esperienza: l'odio distrugge l'uomo. L'odio mi avrebbe completamente distrutto. L'odio niente ha costruito, ha solo distrutto. L'amore insegna a non guardare a se, ma a guardare agli altri per aiutarli.

D. Ho l'impressione che desiderate dire ancora qualcosa.

R. Sì. Desidero diventare sacerdote! Mi sono già presentato in un seminario. Così diverrò più pienamente quello che ho già cominciato ad essere: un guaritore di chi è ferito. E alla fine desidero per tutti quelli che sembrano perduti, quello che io ho vissuto. Ero convinto che non mi sarei mai rialzato, invece Dio mi aspettava e mi accoglieva. Ma mi viene in mente l'immagine dell'aquila che solleva il suo aquilotto alto, alto. Poi lo lascia cadere e di nuovo lo riprende sulle ali e io porta verso le altezze. Cosi continua il suo gioco fino a che l'aquilotto non impara a volare. Dio ci ama e ci rialza quando siamo caduti. Dio c'insegna ad amare. Desidero essere testimone di questo divino amore. Ne vale la pena!


Fonte: Eco di Medjugorje n.71 - Da Sveta Bastina - febbraio ‘90 - traduzione di Suor Margherita Makarovic