MaM
Messaggio del 25 novembre 1996:Cari figli! Oggi vi invito di nuovo alla preghiera, affinché vi prepariate alla venuta di Gesù, con la preghiera, il digiuno ed i piccoli sacrifici. Figlioli, che questo tempo sia per voi un tempo di grazia. Approfittate di ogni momento e fate il bene perché solo così potrete sentire nei vostri cuori la nascita di Gesù. Se voi con la vostra vita date l'esempio e diventate segno dell'amore di Dio, la gioia prevarrà nei cuori degli uomini. Grazie per avere risposto alla mia chiamata!

Beata Anna Caterina Emmerick: Ricompensa e punizioni nell'altra vita

05/07/2016    8185     La Beata Anna Caterina Emmerick    Beata Anna Emmerick 
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Nelle Visioni che seguono Anna Katharina Emmerich fu guidata dal beato Nicola di Flùe . Nell’anno 1819, nella notte precedente la 9 domenica, dopo Pentecoste, ricorrendo la narrazione del Vangelo relativa al banchetto nuziale. Vidi il beato Claus, uomo grande e vecchio, con i capelli come l’argento cinti da una bassa corona lucente costellata di pietre preziose. Aveva in mano una corona di pietre preziose, indossava una camicia color neve fino alla caviglia. Gli domandai perché invece delle erbe avesse nelle mani solo una corona luccicante. Egli allora prese a parlare, conciso e serio, sulla mia morte e sul mio destino. Inoltre mi disse che voleva guidarmi ad una grande festa nuziale. Mi mise la corona in testa ed io mi librai in alto con lui. Entrammo in un palazzo sospeso nell’aria. Qui avrei dovuto essere una sposa ma mi vergognavo ed ero spaventata. Non riuscivo a rendermi conto della situazione, mi sentivo in un forte imbarazzo. Nel palazzo c’era una festa nuziale insolita e meravigliosa. Sembrava come se io dovessi prendere atto e vedere nei partecipanti i rappresentanti di tutte le condizioni e livelli sociali del mondo, e cosa facessero di bene e di male. Per esempio il Papa avrebbe rappresentato tutti i Papi della storia, i vescovi ivi presenti, tutti i vescovi della storia, ecc. Dapprima era stata apparecchiata una tavola per i religiosi, che partecipavano al banchetto nuziale. Vidi il Papa e i vescovi sedere con i loro pastorali e cinti con i loro paramenti. Con loro molti altri religiosi di rango alto e basso, Circondati da un coro di Beati e di Santi della loro stirpe, i loro progenitori e patroni, che agivano su di loro, giudicavano, influenzavano e decidevano. A questo tavolo c’erano anche sposi religiosi del rango più nobile e io fui invitata a sedermi tra questi, come una loro pari, con la mia corona. Lo feci nonostante mi vergognassi molto. Costoro non erano veri viventi e non avevano corone. Siccome io mi trovavo nell’imbarazzo, chi mi aveva invitata agì al mio posto. Le vivande sulla tavola erano figure simboliche, non pietanze alimentari terrene. Compresi a chi appartenevano tutte le cose e lessi in tutti i cuori. Dietro la sala da pranzo c’erano molte altre stanze e sale di ogni genere nelle quali entrava e si fermava altra gente. Molti tra i religiosi vennero espulsi dalla tavola nuziale. Erano immeritevoli di restare perché si erano mischiati con i laici e li avevano serviti più della Chiesa stessa. Vennero prima puniti poi allontanati dalla tavola e riuniti in altre stanze vicine o lontane. Il numero dei giusti rimase molto piccolo. Questa era la prima tavola e la prima ora, I religiosi andarono via. Venne preparata poi un’altra tavola alla quale io non mi sedetti ma restai tra gli spettatori. Il beato Claus restò sempre sospeso sopra di me per darmi assistenza. Giunsero una gran quantità. di imperatori, re e uomini di governo. Si sedettero a questa seconda tavola, alla quale servivano altri grandi signori. Su questa tavola apparivano i Santi, con i loro progenitori. Alcuni reggenti prendevano informazioni da me. Io ero stupita e Claus rispondeva sempre per me. Non stettero seduti per molto. La massima parte dei convitati apparteneva allo stesso genere ed il loro agire era non buono, ma debole e confuso. Molti non sedettero nemmeno a tavola e furono condotti subito fuori. Mi ricordo, particolarmente di aver visto la famiglia Croysche, che tra i suoi progenitori aveva una santa stigmatizzata.

Quindi apparve la tavola di un nobile distinto, e vidi tra gli altri la pia donna della famiglia menzionata. Poi apparì la tavola dei ricchi borghesi. Non posso dire quanto la medesima fosse disgustosa. La maggior parte ne furono scacciati e con i nobili loro pari furono relegati in un buco pieno di sterchi, come in una cloaca. Apparve un’altra tavola in buone condizioni, dove sedevano vecchi, sinceri borghesi e contadini. C’era tanta brava gente, anche i miei parenti e conoscenti. Riconobbi tra questi anche mio padre e mia madre. Allora apparvero anche i discendenti di fratello Claus, gente veramente brava e forte appartenente alla schietta borghesia. Giunsero i poveri e gli storpi, tra i quali c’erano molti devoti, ma anche dei cattivi che furono rimandati indietro. Ebbi molto da fare con loro. Quando i banchetti delle sei tavole ebbero termine il Santo mi portò via. Mi condusse fin nel mio letto dal quale mi aveva presa. Ero molto stremata e senza coscienza, non mi potevo muovere e neppure svegliarmi, non davo nessun segno, mi sentivo come se fossi paralizzata. Il beato Claus mi apparve soltanto una volta, ma la sua visita ebbe nella mia vita un grande significato, anche se non riesco a comprenderlo e non ne conosco il motivo preciso.

L’ inferno

Dell’inferno, Anna Katharina ebbe la seguente visione: Quando venivo afferrata da molte pene e disturbi diventavo veramente pusillanime e sospiravo. Dio forse mi avrebbe potuto regalare solo un giorno tranquillo. Vivo come nell’inferno. Ebbi allora un severo rimprovero dalla mia guida, che mi disse:
“Per fare in modo da non paragonare più così la tua condizione voglio mostrarti veramente l’inferno”. Così essa mi guidò verso l’estremo settentrione, dalla parte dove la terra diviene più ripida, poi più distante dalla terra. Ricevetti l’impressione di essere giunta in una località terribile. Discesi attraverso i sentieri di un deserto di ghiaccio, in una regione sopra all’emisfero terrestre, dalla parte più settentrionale del medesimo. La via era deserta e nel percorrerla notai che si faceva sempre più scura e ghiacciata. Al solo ricordo di ciò che vidi sento tutto il mio corpo tremare. Era una terra di infinite sofferenze, cosparsa da macchie nere, qua e là carbone e un fumo denso si levava dal suolo; il tutto era avvolto in una profonda oscurità, come una notte eterna”. Alla pia suora, successivamente fu mostrato, in una visione abbastanza chiara, come Gesù, immediatamente dopo la sua separazione dal corpo, scese nel Limbo. Finalmente Lo vidi (il Signore), procedere con grande gravità verso il centro dell’abisso e avvicinarsi all’inferno. Aveva la forma di una roccia gigantesca, illuminata da una luce metallica, terribile e nera. Un portone immane e scuro serviva da ingresso. Era veramente spaventoso, chiuso con chiavistelli e catenacci incandescenti che stimolavano una sensazione d’orrore. Improvvisamente udii un ruggito, un urlo orrendo, i portoni furono aperti e apparve un mondo terribile e sinistro. Tale mondo corrispondeva per l’appunto all’esatto contrario di quello della Gerusalemme celeste e delle innumerevoli condizioni di beatitudini, la città con i giardini più diversi, pieni di frutta e fiori meravigliosi, e gli alloggi dei Santi. Tutto quello che mi apparve era l’opposto della beatitudine. Tutto portava il marchio della maledizione, delle pene e delle sofferenze. Nella Gerusalemme celeste tutto appariva modellato dalla permanenza dei Beati e organizzato secondo le ragioni ed i rapporti della pace infinita dell’armonia eterna; qui invece tutto appare nella discrepanza, nella disarmonia, immerso nella rabbia e disperazione. In cielo si possono contemplare gli edifici indescrivibili belli e limpidi della gioia e dell’adorazione, qui invece l’esatto opposto: carceri innumerevoli e sinistre, caverne della sofferenza, della maledizione, della disperazione; là in paradiso, si trovano i più meravigliosi giardini pieni di frutta per un pasto divino, qui odiosi deserti e paludi pieni di sofferenze e pene e tutto quello che di più orrendo si possa immaginare. All’amore, alla contemplazione, alla gioia e alla beatitudine, ai templi, agli altari, ai castelli, ai torrenti, ai fiumi, ai laghi, ai campi meravigliosi e alla comunità beata e armonica dei Santi, si sostituisce nell’inferno lo specchio contrapposto del pacifico Regno di Dio, il dilaniante, eterno disaccordo dei dannati. Tutti gli errori umani e le bugie, erano concentrate in questo stesso luogo e apparivano in innumerevoli rappresentazioni di sofferenze e pene. Niente era giusto, non esisteva nessun pensiero tranquillizzante, come quello della giustizia divina. Vidi delle colonne di un tempio tenebroso e orribile.

Poi improvvisamente qualcosa cambiò, vennero aperti i portoni dagli Angeli, ci fu un contrasto, fughe, offese, urla e lamenti. Angeli singoli sconfissero schiere intere di spiriti cattivi. Tutti dovevano riconoscere Gesù e adorano. Questo era il tormento dei dannati. Una grande quantità di costoro fu incatenata in cerchio intorno agli altri. Al centro del tempio si trovava un abisso avvolto nelle tenebre, Lucifero fu incatenato e gettato dentro mentre si innalzava un nero vapore. Tali avvenimenti accadevano in seguito a determinate leggi divine.
Se non sbaglio sentii che Lucifero sarà liberato e gli verranno tolte le catene, cinquanta o sessant’anni prima degli anni 2000 dopo Cristo, per un certo tempo. Sentii che altri avvenimenti sarebbero accaduti in tempi determinati, ma che ho dimenticato. Alcune anime dannate dovevano essere liberate per continuare a subire la punizione di essere indotte in tentazione e sterminare i mondani. Io credo, che ciò avvenga nella nostra epoca, almeno per alcuni di essi; altri saranno liberati in futuro”.

L’8 gennaio del 1820 in Mtinster, Overberg diede al cappellano Niesing di Diilmen un vasetto a forma di torre contenente delle reliquie per Anna Katharina, che partì da Mùnster diretto a DUlmen con il vasetto sotto il braccio. Sebbene la suora Emmerich non ne sapesse nulla dell’intenzione di Overberg, cioè quella di inviarle le reliquie, vide il cappellano ritornare a Dtilmen con una fiamma bianca sotto il braccio. Più tardi disse: «Mi meravigliai di come non si bruciasse, e mi venne quasi da sorridere vedendo che camminava senza notare affatto la luce delle fiamme dal colore dell’arcobaleno. Io vidi al principio solo queste fiamme colorate, ma quando si avvicinò alla mia abitazione riconobbi anche il vasetto. L’uomo passò davanti a casa mia proseguendo oltre. Non potetti ricevere le reliquie. Fui veramente dispiaciuta al pensiero che egli le avesse portate dall’altra parte della cittadina. Questo fatto mi rese molto inquieta. Il giorno dopo Niesing le consegnò il vasetto. Fu molto felice. Il 12 gennaio raccontò al “pellegrino” la visione sulla reliquia: «Vidi l’anima di un giovinotto avvicinarsi in sembianze ricche di splendore, e in una veste simile a quella della mia guida. Sul suo capo splendeva un aureola bianca e mi disse che aveva superato la tirannia dei sensi e di conseguenza aveva ricevuto la salvezza. La vittoria sulla natura era avvenuta progressivamente. Da fanciullo nonostante l’istinto gli dicesse di strappare le rose egli non lo faceva, così iniziò a superare la tirannia dei sensi. Dopo questo colloquio entrai in estasi, e ricevetti una nuova Visione: vidi quest’anima, come un ragazzo tredicenne, affaccendarsi in svariati giochi in un giardino dei divertimenti bello e grande; aveva un cappello bizzarro, una giacca gialla, aperta e attillata, che gli scendeva fino ai pantaloni, sulle cui maniche vicino alla mano c’era un pizzo di stoffa. I pantaloni erano allacciati in un modo molto stretto tutti da una parte. La parte allacciata era di un’altro colore. Le ginocchia dei pantaloni erano colorate, le scarpe erano strette e allacciate con nastri. Il giardino aveva graziose siepi rasate e molte capanne e case di giochi, le quali dentro erano rotonde e all’esterno apparivano come quadrangolari. C’erano anche campi con molti alberi, dove lavorava della gente. Questi lavoratori erano vestiti come i pastori del presepe del convento. Mi ricordai quando mi curvavo su di loro per guardarli o sistemarli. Il giardino apparteneva a gente distinta che viveva nella stessa importante città di quel fanciullo. Nel giardino era concesso passeggiare. Vidi i fanciulli che saltavano allegri e spezzavano rose bianche e rosse. Il beato giovinetto superò i suoi istinti nonostante che gli altri gli mettessero i grandi cespugli di rose davanti al naso. A questo punto quest’anima beata mi disse: “Imparai a vincere me stesso attraverso altre difficoltà:
tra i vicini si trovava una fanciulla mia compagna di giochi, di grande bellezza, l’amai di grande amore innocente. I miei genitori erano devoti e imparavano molto dalle prediche ed io, che ero con loro, avevo udito spesso prima di tutto in chiesa, quanto fosse importante vegliare sulle tentazioni. Solo con grande violenza e superamento di me stesso potei evitare il rapporto con la fanciulla, così come poi fu per la rinuncia verso le rose”. Quando egli finì di parlare vidi questa vergine, molto graziosa e fiorente come una rosa, dirigersi in città. La bella casa dei genitori del fanciullo si trovava nella grande piazza del mercato, era di forma quadrangolare. Le case erano costruite su delle arcate. Suo padre era un ricco commerciante. Giunsi nella casa e vidi i genitori, e altri bambini. Era una bella famiglia, cristiana e devota. Il padre commerciava vino e tessuti; era vestito con gran sfoggio e aveva un portamonete di pelle appeso ad un fianco. Era un uomo grande e grosso. Anche la madre era una donna forte, aveva una folta e meravigliosa capigliatura. Il giovinetto era il maggiore tra i figli di questa brava gente. Fuori dalla casa stavano carrozze cariche di merce. Al centro del mercato si trovava una fontana meravigliosa circondata da una grata artistica in ferro con figure tratteggiate di uomini famosi; al centro della fontana faceva spicco una artistica figura che versava l’acqua.

Ai quattro angoli del mercato si trovavano piccoli edifici come garitte. La città, che sembrava trovarsi in Germania, era situata in una zona tre-menda; da una parte era circondata da un fossato, dall’altra scorreva un fiume abbastanza grande; aveva sette chiese, ma nessuna torre d’importanza significativa. I tetti erano pendenti, a punta, ma la parte anteriore della casa del giovinetto era quadrangolare. Vidi quest’ultimo giungere in un convento isolato per studiare. Il convento era situato su una montagna dove cresceva l’uva ed era a circa dodici ore dalla città paterna. Egli era molto diligente e molto fervido e fiducioso verso la Santa Madre di Dio. Quando non capiva qualcosa dai libri, parlava all’immagine di Maria dicendole: “Tu hai insegnato al tuo Bambino, tu sei anche mia madre insegna anche me!” Così accadde che un giorno gli apparve personalmente Maria e prese a dargli insegnamenti. Egli era interamente innocente, semplice e disinvolto con Lei e non voleva divenire sacerdote per umiltà, ma veniva apprezzato per la sua devozione. Restò tre anni in convento, poi si ammalò gravemente e mori a soli ventitré anni. Fu anche sotterrato nello stesso luogo. Un suo conoscente pregò molto sulla sua tomba, per più anni. Costui non riusciva a superare le sue passioni e spesso cadeva nei peccati; egli riponeva grande fiducia nel defunto e pregava per lui ininterrottamente. Infine gli apparve l’anima del giovinetto e gli disse che avrebbe dovuto rendere pubblico un segno circolare sul suo dito formato da un anello, che aveva ricevuto durante il suo matrimonio mistico con Gesù e Maria. Il conoscente avrebbe dovuto rendere nota questa visione, e il relativo colloquio in modo che tutti, dopo aver trovato il segno sulla sua salma, si convincessero della veridicità di questa visione.
L’amico così fece, e rese nota la visione. La salma venne riesumata e si constatò l’esistenza del segno sul dito. Il giovine defunto non fu santificato, ma mi richiamò chiaramente alla mente la figura di san Luigi.

L’anima di questo giovinetto mi condusse in un luogo simile alla Gerusalemme celeste. Tutto sembrava splendente e diafano. Giunsi ad una grande piazza circondata da palazzi bellissimi e lucenti dove, al centro, c’era una tavola lunga e coperta di indescrivibili portate. Vidi fuoriuscire dai quattro palazzi antistanti archi di fiori che arrivavano fino al centro della tavola, sulla quale si univano incrociandosi e formando un’unica corona adornata. Intorno a questa meravigliosa corona vidi luccicare i nomi di Gesù e Maria. Gli archi erano confezionati con fiori di moltissime varietà, di frutta e figure splendenti. Io riconobbi il significato di tutto e di ogni cosa, in quanto quella natura era da sempre dentro di me, come del resto in tutte le creature umane. Nel nostro mondo terreno questo non si può esprimere in parole. Più discostate dai palazzi, in un solo lato, c’erano due chiese dalla forma ottagonale, una dedicata a Maria, l’altra al Bambino Gesù. In quel luogo, vicino ai palazzi luminosi, si libravano nell’aria le anime di bambini beati. Indossavano gli abiti di quando erano in vita e tra loro riconobbi molti dei miei compagni di giochi. Quelli che erano morti prematuramente. Le anime mi vennero incontro per darmi il benvenuto. Prima li vidi sotto questa forma, poi presero consistenza corporale così come erano stati realmente in vita. Tra’ tutti riconobbi subito Gasparino, il fratellino di Dierik, un fanciullo malizioso negli scherzi ma non cattivo, il quale morì a soli undici anni in seguito ad una lunga e dolorosa malattia. Costui mi venne incontro e guidandomi mi spiegò ogni cosa, mi meravigliai nel vedere il maleducato Gasparino così fine e bello. Quando gli spiegai la mia meraviglia per essere giunta in questo posto mi rispose: “Qui non vieni con i piedi ma con l’anima”. Questa costatazione mi diede molta gioia. Poi enumerò alcuni ricordi e mi disse: “Una volta ti affilai il coltello per aiutarti a tua insaputa. Allora ho superato i miei istinti con mio profitto. Tua madre ti aveva dato qualcosa da tagliare, ma non potevi farlo perché il coltello non era affilato, allora ti disperasti e piangesti. Avevi paura che tua madre ti rimproverasse. Io vidi e dissi: “Voglio vedere se la madre grida; poi però superando questo basso istinto pensai: “Voglio affilare il vecchio coltello”. Lo feci e ti aiutai, ne venne a profitto alla mia anima. Una volta, vedendo come gli altri bambini giocavano in modo screanzato, non volesti più giocare con noi dicendo che quelli erano giochi cattivi, e andasti a sedere sopra una tomba piangendo. Ti venni dietro per domandarti il motivo, mi dicesti che qualcuno ti aveva mandato via, dandomi l’opportunità di farmi riflettere e, superando il mio istinto, smisi di giocare. Anche questa cosa mi portò un buon profitto. Un altro ricordo sui nostri giochi è quando ci lanciavamo l’uno contro l’altro le mele cadute, e tu dicesti che non avremmo dovuto farlo. Mia mia risposta, che se non l’avessimo fatto gli altri ci avrebbero provocati, tu dicesti “noi non dovremmo mai dare agli altri la possibilità di provocarci e farci arrabbiare,” e non lanciasti alcuna mela, così feci anch’io e ne trassi profitto. Solo una volta ti tirai contro un osso e il dispiacere di quest’azione mi rimase nel cuore. Di questi ricordi parlai piuttosto a lungo con Gasparino.

Sospesi nell’aria ci accostammo alla tavola posta nel mercato ricevendo una qualità di cibo in relazione alle prove superate e lo potevamo gustare solo in virtù di quello che abbiamo compreso. Poi si levò una voce: “Solo chi può capire queste pietanze le può gustare”. Le pietanze erano per la maggior parte fiori, frutta, pietre lucenti, figure ed erbe, che avevano una sostanza spirituale diversa da quella che materialmente hanno sulla terra. Queste pietanze erano circondate da uno splendore del tutto indescrivibile ed erano contenute su piatti immersi in un’energia mistica meravigliosa. ii tavolo era occupato anche da bicchierini di cristallo con figure piriformi, nei quali un tempo contenevo i medicinali Una delle prime portate consisteva in mirre dosate meravigliosamente Da una scodella dorata emergeva un piccolo calice, il cui coperchio aveva un pomo e sullo stesso un crocefisso piccolo e fine. Intorno al margine c’erano lettere lucenti di un colore violetto blu. Non potevo ricordare l’iscrizione che conobbi solo in futuro. Dalle scodelle fuoriuscivano in forma piramidale gialla e verde i più bei mazzi di mirra che andavano fin dentro i calici. Questa mirra si presentava come un insieme di foglioline dai fiori bizzarri come chiodi di garofano di immensa bellezza; sopra c’era un bocciolo rosso intorno al quale spiccava un bel blu-viola. L’amarezza di questa mirra donava un meraviglioso e rinforzante aroma per lo spirito. Io ricevetti questa pietanza perché portavo segretamente, in silenzio, tanta amarezza nel cuore. Per quelle mele che non raccolsi per lanciarle contro gli altri, ebbi il godimento delle mele luminose. Ce n’erano molte, tutte insieme su un solo ramo.

Ricevetti pure una pietanza in relazione al pane duro che avevo suddiviso con i poveri, sotto forma di un pezzo di pane duro ma lucente come un cristallo multicolore che si rispecchiava sul piatto cristallino. Per aver evitato il gioco maleducato ricevetti un abito bianco. Gasparino mi spiegò tutto. Così ci accostammo sempre più al tavolo e vidi un sassolino nel mio piatto, come lo ebbi in passato nel convento. Allora mi sentii dire che prima della morte avrei ricevuto un abito e una pietra bianca, sulla quale stava un nome che solo io potevo leggere. Alla fine della tavola veniva ricambiato l’amore per il prossimo, rappresentato da abiti, frutta, composizioni, rose bianche e tutto bianco, con pietanze dalle forme meravigliose. Non posso descrivere il tutto nella maniera giusta. Gasparino mi disse: “Adesso vogliamo mostrarti anche il nostro piccolo presepe, perché tu hai sempre giocato volentieri con i presepi”. Così andammo tutti verso le chiese entrando subito nella chiesa della Madre di Dio nella quale si trovava un coro permanente ed un altare sul quale erano esposte tutte le immagini della vita di Maria; intorno si potevano vedere i cori degli adoratori. Attraverso questa chiesa si giungeva al presepe posto nell’altra chiesa, dove c’era un altare con sopra una rappresentazione della nascita del Signore e tutte le immagini della sua vita fino a quella dell’ultima Cena; così come l’avevo vista sempre nelle Visioni.
A questo punto Anna Katharina si interruppe per avvertire con grande ansia il “pellegrino” di lavorare per la sua salvezza, di farlo oggi e non domani. La vita è breve e il giudizio del Signore molto severo.

Poi continuò: «Giunsi in un luogo elevato, ebbi l’impressione di salire in un giardino dove si mostrava tanta magnifica frutta, e alcune tavole erano riccamente adornate, con sopra molti doni. Vidi provenire da tutte le parti anime che si libravano intorno. Alcune di queste avevano preso parte all’attività del mondo con i loro studi e il loro lavoro, e aiutato gli altri. Queste anime, appena giunte, presero a sparpagliarsi nel giardino. Poi si presentavano una dopo l’altra, per ricevere un tavolo e prendere la loro ricompensa. Al centro del giard0 stava un piedistallo mezzo rotondo a forma di scale, pieno delle più belle delizie. Davanti e ad entrambi i lati del giardino premevano i poveri che reclamavano qualcosa mostrando dei libri. Questo giardino aveva qualcosa di simile ad un bellissimo portone, da dove si intravedeva una via. Da questo portone vidi giungere un corteo composto dalle anime dei presenti che formarono fila su due lati, per accogliere e dare il benvenuto ai sopraggiunti fra i quali si trovava il beato Stolberg . Si muovevano in una processione ordinata e avevano con loro bandiere e corone di fiori. Quattro di essi portavano sulle spalle una lettiga d’onore, sulla quale era adagiato il Santo mezzo sdraiato, sembrava che gli stessi non trasportassero alcun peso. Gli altri lo seguivano e coloro che attendevano il suo arrivo avevano fiori e corone. Una di queste era anche sul capo del defunto, intrecciata di rose bianche, pietruzze e stelle luccicanti. La corona non era posata sul suo capo, ma si librava sul medesimo, restando sospesa. All’inizio queste anime mi apparvero tutte simili, come fu per i bambini, ma poi sembrò che ognuna avesse una propria condizione, e vidi che erano coloro che con il lavoro e l’insegnamento avevano guidato gli altri alla salvezza. Vidi Stolberg librarsi in aria sulla sua lettiga, la quale scomparve mentre lui si avvicinava ai suoi doni. Dietro la colonna mezza rotonda apparve un Angelo mentre al terzo gradino della medesima, pieno di frutta preziosa, vasi e fiori, fuoriuscì un braccio che porse ai circostanti un libro aperto. L’Angelo riceveva a sua volta anime circostanti, dei libri, dentro i quali egli segnava qualcosa e li poneva sul secondo gradino della colonna, dalla sua parte; poi consegnava alle anime delle scritte grandi e piccole, le quali passando mano per mano si dilatavano. Io vidi dalla parte dov’era Stolberg, scorrere tante piccole scritte. Mi sembrò che queste fossero state una testimonianza della continuazione celeste dell’opera terrena di tali anime.

Il beato Stolberg ricevè, dal “braccio” fuoriuscito dalla colonna, un grande piatto trasparente, nel cui centro appariva un bel calice e intorno a questo uva, piccoli pani, pietre preziose e bottigliette di cristallo. Le anime bevevano dalle bottigliette e godevano tutto. Stolberg suddivideva il tutto, uno ad uno. Le anime comunicavano tra di loro tendendosi la mano, infine tutti furono condotti più in alto per ringraziare il Signore.
Dopo questa visione la mia guida mi disse che dovevo recarmi dal Papa a Roma e indurlo alla preghiera; egli mi avrebbe detto tutto quello che avrei dovuto fare’.