MaM
Messaggio del 13 settembre 1984:Cari figli, le vostre preghiere mi sono ancora necessarie. Voi vi interrogate: perché tante preghiere? Guardatevi intorno, cari figli, e vedrete quanto è grande il peccato che domina su questa terra. Perciò pregate perché Gesù trionfi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Un caso di possessione: I due fratelli Teobaldo e Josef Burner Illfurt, Alsazia, 1864-1869

18/07/2016    8344     L'inferno e satana    Esorcismo  Inferno  Satana 
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Le vicende dei due fratelli Burner hanno avuto un’abbondante documentazione contemporanea firmata dalle persone più vicine ai due piccoli pazienti, testimoni oculari e in parte protagonisti delle vicende stesse, che ci hanno lasciato, indipendentemente l’uno dall’altro, una testimonianza dettagliata di quanto avevano veduto e constatato. Ne citiamo i principali:
— il parroco di Illfurt, rev. Karl Brey, prete molto stimato dai suoi parrocchiani, morto in concetto di santità, che ha lasciato una relazione dei fatti nell’archivio parrocchiale di Illfurt;
— signor Ignazio Spies, deputato al Parlamento, sindaco di Schlettstadt (paese vicino a Illfurt);
— professor Lachemann, spesso presente all’esorcismo;
— Signor Tresch, sindaco di Illfurt;
— il poliziotto Werner;
— Monsignor Raess, vescovo di Strasburgo, da cui dipendeva Illfurt;
— il suo Vicario generale Mons. Rapp;
— il decano Schnautzer;
— l’esorcista padre Souquart gesuita;
tutti uomini di competenza, di capacità e di virtù che danno piena garanzia di veridicità alla loro testimonianza.

Dopo la liberazione dei due fanciulli, che sarà ottenuta, come si dirà, per l’intervento della Madonna Immacolata, fu innalzata a Illfurt una statua dell’Immacolata che si conserva ancora oggi, ai piedi della quale fu posta un’iscrizione latina che ricorda il fatto.

Tutti questi documenti sono stati raccolti e ordinati dal parroco P. Sutter nell’opera: Satans Macht und Wirken (potere e opera di satana), Gròbenzell 1927, che ha avuto in Germania sette edizioni ed è stata tradotta in francese, inglese, spagnolo, portoghese, ungherese, brasiliano, indiano, polacco, croato, sloveno, statunitense, italiano (col titolo: Il diavolo, le sue parole, i suoi atti nei due indemoniati di Illfurt, Alsazia, secondo i documenti storici, Torino 1935).

Molti articoli di giornali tedeschi e esteri del tempo si sono interessati del caso. Monsignor Corrado Balducci, che prende in esame il caso in diverse sue opere, scrive:
«Sull'autenticità del racconto non si può ragionevolmente dubitare, gli stessi increduli del tempo sono ricorsi alle ipotesi più strane, ma non hanno negato i fenomeni» (C. Balducci, La possessione diabolica, Roma 1974, 71; ID., Il diavolo, Casale Monferrato, 1988, 218).

Illfurt è un villaggio agricolo di circa 1200 abitanti presso Miìhlhausen — in francese Moulhouse — in Alsazia, a quel tempo incorporata alla Germania e oggi alla Francia, in diocesi di Strasburgo. La lingua parlata dagli abitanti era a quel tempo il tedesco e oggi il tedesco e il francese.
Seguendo l’ampia relazione del Sutter riferiamo qui in forma sintetica alcuni aspetti di questa possessione diabolica, non tutti quelli purtroppo che meriterebbero di essere presi in considerazione, anche per non uscire dai limiti che ci siamo proposti in queste pagine.

1. La famiglia Burner
La famiglia Burner era povera ma molto religiosa e molto stimata in paese. Il padre, Giuseppe, era venditore ambulante e girava per i paesi vicini vendendo miccia e fiammiferi ad uso domestico. Lamamma, Anna Maria Folzer, casalinga, si occupava dei cinque figli ancora in tenera età. Due di essi, Teobaldo e Josef sono i protagonisti della nostra storia. Teobaldo, nato il 21 agosto 1855, e Josef, nato il 29 aprile 1857, erano rispettivamente di 9 e 7 anni nel 1864 quando ebbero inizio gli strani fenomeni di cui intendiamo parlare. Gli anni della prima infanzia non presentano nessun fatto di rilievo. I due fratelli non godettero mai di una florida salute, tuttavia non accusarono neppure malattie specifiche. Ammessi alla scuola elementare, non si distinsero mai per intelligenza e per applicazione, ottenendo però sempre una votazione normale.
Nell’autunno 1864 tutti e due furono colpiti da una strana malattia di cui il medico di Altkirch, dottor Levy, non riuscì mai a determinare la diagnosi, come neppure gli altri medici chiamati da lui a consulto. Le cure e i rimedi somministrati non ebbero nessun effetto, Teobaldo anzi divenne in breve tempo talmente magro che sembrava uno scheletro.

2. I fenomeni strani aumentano
Un anno dopo, il 25 settembre 1865, i fenomeni strani invece di diminuire, aumentarono spaventosamente. Ecco che cosa scrive il Sutter: «Coricati sul dorso, si voltavano e rivoltavano con rapidità vertiginosa, come una trottola, oppure si sfogavano a battere senza posa, e con forza sorprendente, il letto e gli altri mobili, chiamando questa operazione “dreschen”, battere il grano, senza mai accusare la minima stanchezza per quanto lunga fosse la battitura».

Altre volte furono presi da convulsioni e da scosse che li lasciavano senza fiato per ore. Altre volte erano presi da una fame da lupi che nessuna quantità di cibo poteva saziare. Una volta, ad esempio, uno di loro divorò fino all’ultima tutte le mele contenute in un grande paniere. Il ventre gonfiava loro a dismisura e sembrava loro che una palla rotolasse nel loro stomaco, o che una bestia vivente vi si dibattesse. Le loro gambe a volte si intrecciavano tra loro che nessuna forza umana riusciva a separarle. A Teobaldo apparivano visioni di fantasmi spaventosi. Uno di essi egli lo chiamava Maestro. Aveva un becco d’anitra, artigli da gatto, piedi di cavallo, il corpo tutto coperto di piume sudicie e puzzolenti. Il fantasma si lanciava sul fanciullo minacciando di strangolarlo. Il fanciullo gli si lanciava contro per difendersi e gli strappava a manciate le piume che rimetteva agli astanti sbalorditi, i quali vedevano le piume ma non il fantasma.

Tutto ciò avveniva in pieno giorno davanti a molti testimoni appartenenti a diverse classi sociali, tra cui persone serissime, non facili a credere a illusioni e a trucchi. Le piume emanavano un fetore insopportabile e, cosa strana, gettate sul fuoco non bruciavano.

A volte le piume avevano un’altra origine, venivano dal corpo stesso dei due fanciulli. Dopo aver accusato pruriti e punture su tutto il corpo, senza che se ne potesse indovinare la causa, dai loro vestiti usciva una tale quantità di piume e di fuco da coprire il pavimento della stanza e per quanto i genitori si affrettassero a cambiare i vestiti e la biancheria, le piume non cessavano di apparire. Talvolta il corpo dei due ragazzi si gonfiava fin quasi a scoppiare ed essi vomitavano in quantìtà schiuma, piume e fuco mentre i loro vestiti si ricoprivano di quelle stesse piume che appestavano tutta la casa.

Nella loro stanza i ragazzi erano presi talvolta da ondate di calore insopportabile anche d’inverno. Una voce — quella del demonio — gridava beffarda: «lo sono un buon fuochista, vero? Se venite a casa mia non vi farò patire il freddo!».

Talvolta i due ragazzi restavano calmi e tranquilli per ore intere, poi, improvvisamente e senza motivo, diventavano nervosi, eccitati, cominciavano a gesticolare, a urlare e a strepitare senza posa. La loro voce era maschile, rauca, cavernosa, profonda, mentre le loro labbra restavano chiuse: segno evidente che non erano essi a parlare, ma un essere, o diversi esseri invisibili che agivano in loro. Per ore e ore gridavano: «Pasta, gnocchi, mangiare!». I familiari non sapevano più che cosa fare. Finalmente il papa ebbe l’idea di dire loro: «Continuate a gridare, ragazzi, gridate più forte a onore e gloria di Dio!». Dopo la prima e la seconda volta il gridare diminuì sempre più e alla terza cessò del tutto. Altre volte bastava dire: «Gridate più forte in onore della Santissima Trinità» perché il grido cessasse immediatamente.

3. Alla ricerca delle cause
Nonostante la straordinarietà dei fenomeni che quotidianamente e in forma sempre più impressionante avvenivano in casa Burner, di cui erano al corrente tutti gli abitanti del villaggio e ben presto anche quelli dei paesi vicini, nessuno aveva pensato alla vera causa da cui derivavano, cioè a una possessione diabolica, o se a qualcuno ne era venuto il dubbio, non aveva avuto il coraggio di manifestarlo anche per il timore non infondato di non essere preso sui serio. Tanto è vero che gli esorcismi furono cominciati soltanto quattro anni più tardi, nel 1868, e il permesso di farli fu ottenuto con molta difficoltà dal vescovo di Strasburgo Monsignor Raess che da principio non voleva credere a una vera possessione diabolica. Questa diffidenza dei testimoni oculari più vicini agli strani fenomeni di Illfurt è a conferma della verità e oggettività dei fenomeni stessi che non si possono attribuire, come generalmente e semplicisticamente avviene, a illusione collettiva o a psicosi di massa o a altre cause puramente naturali.

Non è neppure escluso che la prima origine dei fatti si possa attribuire a maleficio. Viveva in Illfurt una donna anziana, malfamata, accusata di stregoneria, che a causa dei suoi scandali era stata cacciata dal suo paese di origine. I due fratelli — si diceva — avevano un giorno ricevuto dalla vecchia una mela e l’avevano mangiata. Da quel giorno erano stati colpiti dalla strana malattia e non si erano più ripresi. Che ci fosse una relazione tra i fenomeni diabolici e quell’incontro casuale? Probabilmente sì, stando a quello che gli stessi spiriti cattivi dissero ripetutamente in seguito. Comunque sia la cosa, è certo che la presenza degli spiriti del male non si poteva più ormai mettere in dubbio e, come dice il vangelo, dai loro frutti si poteva conoscere l’albero, da ciò che essi dicevano e facevano si poteva facilmente intuire chi fossero.

Teobaldo, come si venne a sapere più tardi, era posseduto da due diavoli, e da altri due Josef. I nomi dei due diavoli di Teobaldo furono tenuti gelosamente segreti fino a quando furono iniziati gli esorcismi e l’esorcista, il padre gesuita Souquart, obbligò gli spiriti di rivelarli. Il nome di uno era Oribas e dell’altro Ypès, il quale ultimo dichiarava di essere un «conte dell’inferno» e di essere a capo di 71 legioni di diavoli. Ypès era sordo e Teobaldo, di cui egli si era impadronito, rimase completamente sordo per più di tre anni tanto che un colpo di pistola sparato accanto al suo orecchio non fu per nulla avvertito. Egli riacquistò l’udito solo al momento della liberazione durante l’ultimo esorcismo.

Josef, ugualmente, era posseduto da due demoni, ma Solo di uno, che si chiamava Soiathiei, si poté conoscere il nome, mentre il nome del secondo demonio non fu mai possibile saperlo.

4. Avversione al sacro
Uno dei segni di possessione diabolica può essere anche, e talvolta lo è, l’avversione al sacro: la quale tuttavia può derivare anche da cause naturali e quindi non può essere sempre presa come criterio sicuro della presenza diabolica. Nei due piccoli pazienti di Illfurt questa avversione al sacro si manifestò moltissime volte in diversa maniera e intensità.

Nei frequenti scatti di collera in cui cadevano, nel delirio di furore che improvvisamente manifestavano, guai avvicinare loro qualche oggetto benedetto, un crocifisso, una medaglia, un’immagine sacra, una corona del Rosario, o pronunziare i nomi di Gesù, di Maria, della Santissima Trinità, dello Spirito Santo o di altri santi, specialmente di san Michele arcangelo. Si vedevano trasalire, impallidire, tremare come foglie. Fantasmi visibili solo a loro apparivano e li riempivano di paura e di terrore. Quando erano invitati, o obbligati, a entrare nella chiesa o in altro luogo sacro, per la preghiera, o per assistere alle funzioni religiose, opponevano una feroce resistenza che non sempre era possibile superare. In quei momenti uscivano dalla loro bocca imprecazioni, bestemmie, parole volgari e oscene non imparate da nessuno e che prima non si erano mai sentite pronunziare da loro. Una volta vennero loro regalati fichi, benedetti a loro insaputa. Non li accettarono: «Buttate via queste teste di topi, gridarono, il pretaccio (in tedesco Pfaf li haavvelenati con le sue smorfie!» Se mentre dormivano qualcuno posava un rosario benedetto sul loro letto essi sparivano a un tratto sotto le coperte e non c’era verso di cavarveli se prima il rosario non era stato allontanato.

Un giorno Monsignor Strumpf— che più tardi fu nominato vescovo di Strasburgo — passò vicino a Teobaldo portando su di sè la teca del Santissimo Sacramento nascosta sul petto. Il piccolo si scosse come a una scarica elettrica e cercò di nascondersi in tutti gli angoli. Solo quando il sacerdote si avviò verso la cappella per riportarvi il Santissimo egli si alzò e lo seguì da lontano per sputare sulla traccia dei suoi piedi. Un solido crocifisso fu messo al collo di Josef ma appena sentito il contatto il ragazzo si contorse a forma di X, conservandola finché il crocifisso rimase sul suo petto. Uno scapolare posato sulla sua spalla volò in alto e descrivendo un ampio cerchio andò a cadere sul casco del poliziotto Werner entrato per caso nella camera in quel momento. Josef non si era minimamente mosso.

Un venerdì, giorno di astinenza, Teobaldo volle ad ogni costo e insistentemente che gli fosse portata la carne:
«Portatemi della carne altrimenti mi getto dalla finestra!», disse in tono minaccioso. Si dovette accontentarlo per evitare il peggio. Mai prima di allora aveva fatto una simile richiesta. L’avversione al sacro si faceva più evidente specialmente in riferimento a persone sacre, sacerdoti, religiosi, suore, che sempre affrontava e nominava con titoli offensivi, volgari, osceni. Egli sapeva trovare per deriderli e umiliarli le parole più inverosimili e spesso usava quelle dei più accesi anticlericali di allora e di oggi: corvo, porcello, cornacchia, sacco di carbone e peggio. Oggetto di odio speciale era il padre Strumpf già ricordato: «Sto andando dal piccolo Strumpf il letamaio», diceva per tormentarlo. E poco dopo gridava trionfante: «Glicl’ho fatta, possa crepare!». Ogni oggetto religioso era definito «sporcizia», la chiesa e la cappella erano «il porcile», le suore «teste ammalate coperte di sporcizia», i cattolici in genere «gli untori».

Un giorno disse al signor Tresch, sindaco di Illfurt:
«Quando vi recate al porcile (la chiesa), e alzate le mani e ragliate (pregate) vi dirigete verso l’alto (il cielo), ma quelli che non lo fanno, quelli vengono da noi». Una signora di Bettendorf gli posò sul petto un rosario. Mentre gli si tenevano ferme le mani cominciò a gridare: «Se mai riesco a prendere le tue cacherelle di capra (i grani del rosario), romperò in cento pezzi la coda del gatto (la corona), ma non ho il diritto di toccare l’immagine della “Grande Signora” che vi è appesa».

Una cosa interessante, degna di essere sottolineata, era il rispetto, o piuttosto la paura che il demonio sempre dimostrò verso Maria Santissima. La liberazione dei due piccoli ossessi avverrà alla fine, come vedremo, per un visibile intervento di Maria. Mentre il demonio derideva nella forma più volgare e senza ritegno le cose più sante, non escluso Dio stesso e la persona di Gesù Cristo, non osò mai insultare la Madonna. Mai uscì dalla sua bocca il nome di Maria. Egli la chiamava con diversi titoli, «la Grande Signora», e altri, ma mai per nome. Essendogliene stata domandata la ragione rispose: «Non ne ho il diritto. La “Marionetta sulla croce” (Gesù Cristo) me l’ha proibito». Un’avversione non meno accentuata il demonio dimostrò sempre nei riguardi dell’acqua benedetta, dell’olio benedetto e dell’incenso, avversione che spesse volte divenne vera paura. Il suo furore raggiungeva il parossismo se qualcuno gli buttava addosso acqua benedetta. Una volta il Tresch, sindaco, gettò sulle dita di Teobaldo qualche goccia di acqua benedetta. Egli si agitò bruscamente, si lasciò cadere a terra in preda a convulsioni e si nascose sotto la tavola quando vide che non si poteva salvare in altro modo.

Nel 1868, come diremo, Teobaldo era stato ricoverato in un istituto di suore per essere meglio assistito e curato. Se la suora gli fosse passata vicina con un oggetto sacro dava subito in smanie terribili. Se poi essa lasciava cadere di proposito una goccia di acqua benedetta nei cibi a lui destinati, egli che non lo poteva sapere per non essere mai entrato nella cucina, se ne accorgeva subito, allontanava il vassoio e rifiutava il cibo: «Non ho fame, c’è della sporcizia dentro, è veleno».E per farlo mangiare bisognava portargli altri cibi. Così per le bevande.

L’acqua benedetta, così avversata dai due piccoli pazienti, era d’altra parte un rimedio efficacissimo per i molti inconvenienti che ogni giorno si rinnovavano e per fare tornare alla calma e alla normalità i due fanciulli. Quando nella stanza si sprigionava quel calore insopportabile a cui abbiamo accennato, la mamma aspergeva d’acqua benedetta il letto, i mobili, i muri e i ragazzi stessi. La temperatura si abbassava sensibilmente e tornava normale. Le suore infermiere fecero più volte la stessa esperienza. Il padre dei ragazzi afferma che certi fenomeni scomparivano solo con l’aspersione dell’acqua benedetta.

5. Il diavolo si diverte a far dispetti alla gente
C’erano alcune categorie di persone verso le quali il demonio faceva vedere una spiccata antipatia, anzi ostilità aperta. Verso costoro, potendo, non mancava di farsi sentire nei modi più impensati e provocanti. Tra questi, oltre i due piccoli pazienti, occupavano un posto di primo piano coloro che erano già convinti della presenza diabolica nei due fanciulli e che si adoperavano in tutti i modi per liberarli, i sacerdoti, gli esorcisti e i laici del paese, specialmente il sindaco Tresch e la famiglia Brobeck. Coloro invece che mettevano in dubbio l’ossessione e la negavano, godevano delle simpatie dei demoni, i quali talvolta rivolgevano loro lodi ed elogi. Questa antipatia e ostilità non si limitava solo a parole col fiorito vocabolario che conosciamo, ma anche con dispetti e vendette molto più gravi.

Un giorno Teobaldo, seduto alla finestra di casa, vide venire la carrozza sulla quale sedeva il padre Treurnpf, verso il quale il demonio dimostrò sempre un odio particolare, e un altro sacerdote, e li riconobbe subito: «Ah! le canaglie — gridò — eccoTi di nuovo. Aspetta che li faccio divertire!». Due minuti dopo una ruota della carrozza uscì dall’asse, la carrozza si rovesciò e i due sacerdoti dovettero fare a piedi il resto della strada.

Tutte le case di Illfurt, in un modo o nell’altro sentirono la sinistra presenza e l’odio dello spirito delle tenebre e il parroco Karl Brey fu spesso chiamato a benedire le loro case e le loro stalle per liberarle da quell’ingrato ospite, ma erano le famiglie Brobeck e Tresch le più bersagliate. In due notti il demonio distrusse le api di venti alveari appartenenti ai vicini della famiglia Brobeck, tutte le api erano state decapitate. Satana stesso fece sapere più tardi che era stata opera sua. I Brobeck fecero benedire gli alveari e in poco tempo gli sciami furono ricostruiti come prima senza che le infestazioni diaboliche si ripetessero. Alla famiglia Tresch fu giocato un bruttissimo scherzo: tutte le noci raccolte in autunno furono trovate vuote, senza gheriglio, lasciando intatto solo il guscio: stupore comprensibile per i proprietari quando si accorsero del disastro pur essendo rimasto il mallo perfettamente intatto. Al Signor Tresch — che poco prima aveva fatto una visita in casa Burner — una delle mucche della sua stalla si ruppe una gamba. Qualche giorno dopo gli morirono due vitelli senza una causa apparente. Trascorso un po’ di tempo il sindaco scendendo le scale si ruppe un braccio. Il demonio si dichiarò tutte le volte autore di quelle disgrazie.

6. Uso di lingue ignote e xenoglossia
La lingua parlata in Alsazia, e quindi anche a Illfurt, nel 1864 era il tedesco, o piuttosto un dialetto locale tedesco, e nella famiglia Burner non si conosceva altro linguaggio, neppure il francese parlato nella vicina Lorena e nelle altre regioni della Francia.

Eppure i due fanciulli, iniziati i fenomeni diabolici, parlavano correntemente e correttamente altre lingue mai imparate a scuola, il francese, l’inglese, il latino, i dialetti di Francia e di Spagna e rispondevano senza difficoltà alle domande loro rivolte in quelle lingue. Talvolta Teobaldo sosteneva conversazioni in perfetto francese per giornate intere senza stancarsi.

Due studenti stranieri erano venuti un giorno a trovare i ragazzi parlando con loro in un dialetto simile allo spagnolo, sconosciuto al Signor Tresch lì presente. I ragazzi risposero a tutte le domande, che avevano capito benissimo, in perfetto francese. Alla domanda se sapessero dondevenivano i due studenti, i ragazzi risposero, questa volta in tedesco: «Non occorre che ve lo diciamo, altrimenti correreste subito a dirlo alle cornacchie (cioè ai preti)».

7. Conoscenza di cose lontane e occulte
Secondo il rituale romano — come si è detto nella prima parte dei questo lavoro — i tre segni certi di possessione diabolica sono: «Parlare una lingua ignota adoperandone parecchie parole e capire chi le parla; scoprire cose lontane occulte; dar prova di forze superiori a1l’et e alla condizione della persona».

Nei due piccoli pazienti di Illfurt si trovano tutti e tre questi segni per cui la diagnosi del loro male non dovrebbe essere difficile.

Abbiamo accennato al primo segno, la xenoglossia. Ricordiamo alcuni aspetti del secondo, la scoperta e la conoscenza di cose lontane e occulte, impossibile e inspiegabile coi soli mezzi naturali.

Le occasioni in cui i due ragazzi fecero vedere di conoscere il pensiero altrui, o fatti lontani, o oggetti nascosti, in una parola tutto ciò che sarebbe sfuggito a una investigazione e conoscenza normale, erano moltissime. Di alcune abbiamo già parlato, ma ce ne sono altre molto numerose. Nel 1868 erano state incaricate due suore del convento di Niederbroon, suor Methula e suor Severa, di venire a Illfurt per assistere i due ragazzi. Al primo incontro in casa Burner essi che non avevano mai visto le due religiose e non avevano saputo neppure del loro arrivo, le chiamarono subito per nome dando loro familiarmente del tu e dicendo anche il nome dei fratelli di suor Severa, le loro occupazioni e altri segreti di famiglia. A un tratto Josef disse a suor Severa: «Mi faresti un gran piacere se mi regali quella boccetta azzurra che tieni in fondo alla valigia». La valigia era ancora alla stazione e fu mandata subito a prendere. Il sindaco Tresch chiese alla suora se la bottiglia azzurra esistesse davvero: «Sì, rispose la suora, tengo una bottiglietta di etere per mio uso personale».

Un giorno, mentre molte persone si trovavano nella sua camera, Teobaldo fece mostra di tirare come le corde di una campana a morte. «Per chi suoni?» gli fu chiesto. «Per Gregorio Kunegel». La figlia del Kunegel era presente:
«Bugiardo — gli disse — mio padre sta benissimo e lavora da muratore nella fabbrica del seminario». «Va bene replicò Teobaldo — ma è caduto e se non credi va a vedere». La ragazza volò alla fabbrica e dovè costatare che il padre effettivamente era caduto da un’impalcatura ed era morto all’istante proprio nel momento in cui Teobaldo parlava.

Un’altra volta disse a una delle due suore infermiere:
«Tu, ragliatrice, con le tue cacherelle appese alla coda di gatto (il rosario) non passerai più neppure tre notti e non ti sentirò più nella camera vicina». Nessuno aveva mai fino allora parlato di trasferire la suora, ma la sera dello stesso giorno arrivò la lettera della provinciale con l’ordine alla suora di tornare a Mtihlhausen entro 48 ore.

Non era infrequente il caso che i bambini ricordassero fatti del passato, anche di cent’anni prima, sconosciuti ai presenti con dati così precisi e particolari così minuti e con tale sicurezza da far pensare che essi stessi vi fossero stati presenti. Altre volte confessavano ad alta voce i peccati e i difetti occulti dei visitatori presenti rimproverando le loro ipocrisie e falsità tanto che essi se ne scappavano sgomenti e infuriati. A un ubriacone inveterato dissero un giorno: Beone che non sei altro! Non hai sentito il calottino (il prete) che ti ha detto di non sbronzarti? Sei tu, tu solo, la causa della malattia di tua figlia e del tuo bestiame».

Teobaldo predisse anche la morte imminente di persone, che poi si avverò puntualmente. Il passato e il futuro sembrava non avessero misteri per i due piccoli indemoniati e la gente di Illfurt si convinse presto che nulla poteva restare loro nascosto.8. Casi di levitazione o telecinesi La levitazione consiste nell’elevazione spontanea dal suolo, nel mantenimento e spostamento nell’aria del corpo umano senza appoggio alcuno e senza causa naturale visibile. Può avvenire miracolosamente, come avviene realmente nei mistici, e allora si chiama estasi ascensionale o volo mistico, e può avvenire negli indemoniati a opera del demonio e allora prende il nome tecnico di telecinesi, o movimento da lontano. In questo secondo caso è talvolta difficile distinguere la causa perché il fatto esteriormente si presenta uguale alla levitazione mistica e avviene talvolta anche in persone sante e di provata virtù. L’unico criterio da tenere presente sono gli effetti che il fenomeno produce nell’anima. Il diavolo, col permesso di Dio, può arrivare anche a sospendere la legge di gravità e produrre la evitazione del corpo e simulare altri miracoli per meglio ingannare l’uomo. Casi di telecinesi e levitazione si riscontrano spesso anche nei due indemoniati di Illfurt. Il Sutter racconta che talvolta si videro i due fanciulli sollevati in aria da mani invisibili con le seggiole su cui erano seduti. I fanciulli venivano poi scaraventati in un angolo mentre le seggiole volavano dalla parte opposta.

Anche la mamma dei ragazzi una volta dovette subire la stessa sorte. Mentre stava seduta accanto ai suoi figli si vide alzata in aria e cadendo non risentì nessun male. I fanciulli si arrampicavano sugli alberi come gatti e si appendevano ai rami più leggeri senza timore di romperli o di cadere. Talvolta mani invisibili strappavano le tende delle finestre e queste si spalancavano con una rapidità vertiginosa pur essendo solidamente fissate e chiuse. Altre volte le tavole, le sedie e altri mobili erano improvvisamente rovesciati e trascinati per la stanza e tutta la casa era scossa come sotto la forza del terremoto.

Il poliziotto Werner da principio si era dimostrato scettico sulla presunta possessione diabolica dei ragazzi, ma dopo aver esaminato bene i fatti e soprattutto dopo averne fatto l’esperienza personale, ne rimase pienamente convinto e alla fine stese un’ampia relazione di quanto aveva veduto e provato, conservata negli archivi parrochiali di Illfurt. Ecco un episodio narrato dal Werner: «In un pomeriggio del febbraio 1869 stavo presso i fanciulli. C’era poca gente in casa e da qualche giorno essi erano calmi e tranquilli perché — dicevano — è carnevale e Lucifero ha da fare nelle sale da ballo. Mamma Burner approfittò di quei momento di calma per rifare i letti. Li fece sedere in camicia, ciascuno su una sedia accanto alla stufa. Allora mi ritirai e mi fermai sul pianerottolo a scambiare qualche parola col signor Frindel, capo stazione, che era appena arrivato. Tutto a un tratto sentimmo un forte fracasso che veniva dalla stanza dei ragazzi. Ci precipitammo e vedemmo Teobado sollevato in aria a 30-40 centimetri sopra la sedia. Rimase parecchi minuti in quella posizione per poi ridiscendere lentamente. La nostra impressione era vivissima. I genitori e altri testimoni mi dissero che fatti del genere erano già avvenuti parecchie volte».

9. Il diavolo fa la predica
Nel vangelo si legge che erano gli indemoniati, cioè i demoni che stavano nel corpo degli indemoniati, i primi a riconoscere e a proclamare la divinità di Gesù. Spesse volte il demonio, obbligato da Dio e non certo di sua iniziativa, diventava apostolo delle verità della fede e arrivava convertire atei e increduli da molto tempo lontani dalle pratiche della religione. Molti missionari in terra di missione considerano il demonio un loro valido collaboratore lo vedremo meglio nel quarto racconto di questa seconda parte, ambientato in Cina — in quanto molti pagani, per liberarsi dalla sua presenza fastidiosa, si rivolgono al missionario cattolico e scoprono, poi, la verità della fede e i fanno battezzare.

La predica del diavolo si è avuta a diverse riprese anche Illfurt. Le verità della fede, le norme della morale cristiana, le massime eterne, l’inferno, il paradiso, il peccato, l’eternità, la fedeltà all’autorità ecclesiastica, la frequenza lei sacramenti, la necessità della preghiera, la devozione alla Madonna e altri punti della catechesi hanno trovato, impensatamente, una nuova e strabiliante conferma proprio nelle parole che il demonio faceva sentire attraverso l bocca dei due fanciulli.Racconta ancora il Sutter: «Il pensiero del paradiso perduto è una pena atroce e indescrivibile per satana. Quante volte non lo si udì esclamare per bocca delle due povere vittime: “Ah! che splendore lassù! che splendore! Se potessi avere la gioia di godere un momento solo di quella gloria quanto sarei felice! Quanto è bello il paradiso! Come vorrei rivederlo! Ma non lo potrò rivedere mai, mai mai!” Interrogato che cosa farebbe per tornarvi disse: “Striscierei migliaia di anni su punte di spilli, camminerei su lame affilate pur di arrivarvi una volta!”».

Parlando dell’inferno generalmente terminava sempre coll’esprimere il desiderio di essere distrutto da Dio per non essere più obbligato a tornarvi, avverando così quello che si legge nella Sacra Scrittura: «Allora i re della terra e i grandi... si nascosero nelle caverne e fra le rupi dei monti e dicevano ai monti e alle rupi: cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello» (Ap 6,15-16). Attestò inoltre che la chiesa cattolica insegna la verità su quello che riguarda l’inferno. Parlando del fuoco disse:
— Non potete farvene un’idea, è molto più doloroso di quello che voi pensate e i dannati ne soffrono in modo spaventoso.

Uno degli astanti gli domandò come fosse l’inferno.

— Non è bello, rispose.

E siccome si insisteva per saperne di più egli si mostrò seccato e disse:
— Fate in modo di venirci e lo vedrete da voi.

Pur ritenendo l’inferno il posto peggiore che ci sia e la sorte di chi vi cade la più miseranda di tutte, non lasciava occasione per trovare nuove prede tra coloro che incontrava. In altre parole, continuava a essere e a fare, malgrado tutto, il suo mestiere di tentatore e di seduttore.

A papà Burner, sempre povero e obbligato a forti spese anche per la disgrazia capitata ai figli, avrebbe offerto 1000 franchi se si fosse messo al suo servizio e avesse promesso di stare a ciò che lui gli ordinava, il che il brav’uomo naturalmente rifiutò. Al signor Tresch offrì molti sacchi di monete d’argento e d’oro che gli avrebbe fatti trovare se l’avesse voluto, naturalmente a certe condizioni.

Ad ogni colpo ben riuscito si rallegrava visibilmente.

Una voltai! demonio interruppe bruscamente un discorso he stava facendo ed esclamò:
- Lo teniamo!
Chi dunque?
— Quel giovanotto che sta ballando freneticamente nella sala N. a Sélestat — aggiungendo trionfante — adesso non ci scappa più! E arrivato a destinazione!

Si andò subito a controllare la cosa. Veramente alla stessa ora nella sala da ballo indicata un giovanotto era caduto morto colpito da apoplessia durante il ballo.

Il sabato precedente la terza domenica di quaresima Teobaldo annunciò che l’indomani sarebbero arrivati parecchie centinaia di forestieri a Illfurt perché si era sparsa lì notizia che in quel giorno lui e il fratello sarebbero stati liberati dal demonio. L’indomani effettivamente i visitatori furono molto più numerosi del solito, desiderosi tutti di assistere al fatto straordinario, ma di liberazione degli ossessi non si parlò neppure. Si era trattato di un falso allarme. La sera il demonio alzò grida di gioia e di entusiasmo, il suo gioco era pienamente riuscito: la falsa notizia da lui stesso propagata aveva impedito a quel gran numero di persone di assistere alla Messa domenicale e alle altre funzioni religiose.

Il signor Martinot racconta di aver avuto un giorno dal demonio conferma esplicita della verità della religione cattolica e che tutte le altre religioni, nessuna esclusa, erano false.— Ma come puoi affermarlo? gli fu chiesto.
E il demonio rispose per bocca di Josef:
— Vi sono costretto dai Tre di lassù. E devo ancora aggiungere che noi siamo senza forza e senza potere sopra quelli che la pensano come te, che hanno la vera fede. Noi siamo inermi contro quelli che si confessano e si comunicano degnamente, che sono devoti alla «Grande Signora» e che invocano Colei alla quale dobbiamo la nostra rovina. Siamo inermi contro chiunque segue e pratica francamente la dottrina di Colui che noi odiamo cordialmente e sono obbedienti al padre di tutti i cani (il papa) e che vivono sottomessi nel gran porcile (la chiesa).

Un giorno un ufficiale di un reggimento d’Africa, di guarnigione a Mùhlhausen, volle fare per curiosità una visita ai due ragazzi di cui tanto si parlava. Non l’avesse mai fatto I due ragazzi gli fecero in perfetto francese un completo esame di coscienza di tutto ciò che aveva fatto da molti anni. L’uffìciale ne rimase impressionatissimo e, buon per lui, decise di convertirsi e di cambiar vita. Lo stesso avvenne ad altri signori che erano venuti a Illfurt per curiosità ed erano tornati a casa trasformati interiormente e convertiti. Lo stesso Werner, il poliziotto ricordato, completamente incredulo e lontano dalla partica religiosa, si convertì dopo aver conosciuto i fenomeni di cui era stato più volte testimone oculare e di cui poi ci lasciò una dettagliata relazione.

E facile immaginare come la notizia di fatti così straordinari e impressionanti si diffondesse con rapidità da ogni parte e attirasse a Illfurt spettatori sempre più numerosi, che se ne tornavano poi a casa con propositi di vita migliore. Dio sa cavare figli di Abramo anche dalle pietre, dice Gesù. In questo caso Dio si serviva anche del tentatore e del «Bugiardo» per fare arrivare alle anime che ama la luce della verità e ia grazia della salvezza.

10. Il muro di incredu1ità comincia a incrinarsi e a sgretolarsi
Da quanto siamo venuti finora dicendo — e ci siamo limitati solo a una parte di quanto si sarebbe potuto dire in base alla documentazione che abbiamo — risulta chiaramente che nel caso dei due ragazzi di Illfurt si trattava di una vera e autentica possessione diabolica. I fenomeni che giorno dopo giorno si avveravano in casa Burner non potevano essere attribuiti a isteria o ad altra deformazione psichica né trovare un’adeguata spiegazione naturale. I dati richiesti dal rituale romano per riconoscere la presenza demoniaca c’erano tutti e sarebbe stato conveniente, anzi necessario, dato lo stato in cui si trovano i due infelici piccoli pazienti e la loro famiglia, intervenire immediatamente con gli esorcismi per mettere fine a quello scempio. l invece, come si è detto, il rimedio fu adottato dopo circa quattro anni e si cominciò a fare qualche cosa solo nell’autunno del 1868.

Il via definitivo per gli esorcismi poteva venire, secondo il codice di diritto canonico, soltanto dall’ordinario della diocesi che a quel tempo era Monsignor Raess, vescovo di Strasburgo, il quale però stentò fino alla fine a convincersi della realtà della presenza diabolica.

L’atteggiamento del vescovo era in parte giustificato dalle pressioni dell’opinione dominante in quel tempo che non riteneva autentici i fatti di Illfurt. Se molti erano i convinti, e tra questi il primo, fin da principio, era il parroco di Illfurt, reverendo Karl Brey, e altri che abbiamo ricordato in queste pagine, molti erano anche coloro che in Illfurt e fuori erario rimasti ostinatamente scettici sui fatti riferiti e attribuivano tutto a fissazioni, a fantasie, a finzioni, a psicosi di massa, che nulla avevano a fare col demonio. Ricordiamo ancora che gli ultimi anni dell’Ottocento furono caratterizzati da una vera esplosione di fenomeni psichici, spiritismo, mesmerismo, ipnotismo, e cose del genere, che pur trovando essi stessi non poche difficoltà a essere spiegati scientificamente, gettavano il dubbio anche su quelli veri che una spiegazione potevano avere.

Quanto fosse diffusa a Illfurt e fuori la doppia corrente degli «innocentisti» e dei «colpevolisti» — tanto per chiamarli con un nome — ossia dei favorevoli e dei contrari all’infestazione diabolica, riportiamo tra i molti un solo episodio abbastanza eloquente: lo riferiamo in base alla testimonianza del tempo lasciando al lettore la piena libertà di giudicare come crede la cosa.Il marito della donna malfamata, della «strega» di Illfurt, che aveva dato ai due piccoli Burner la mela, causa presunta del loro male, era pescatore di professione. Un giorno, avendo preso un grosso pesce, lo portò in canonica per venderlo al parroco. La domestica, in assenza del parroco, non lo volle acquistare, aveva avuto la proibizione di acquistare qualcosa da certa gente del paese. Tra questi c’era anche il pescatore che stava alla porta, il quale, davanti al rifiuto, se ne andò seccato e offeso e presentò la sua merce al maestro di scuola, certo signor Miklo. Era costui un libero pensatore, incredulo, miscredente, ateo, il capo degli anticlericali del paese, il principale avversario del parroco Brey, e tra i più accaniti sostenitori della non esistenza del diavolo. Spesse volte aveva riso e ironizzato ferocemente sui fatti di casa Burner. Saputo che il parroco aveva rifiutato il pesce, lo comprò con maggior gusto:

— Se il parroco non lo vuole, lo mangio io.

Nelle stesso tempo il diavolo disse per bocca di Teobaldo:
— Bene bene, ora Miklo è nostro, non ci scappa più, tra un anno lo avremo in mano del tutto. Ecco in breve il seguito dei fatti. Il Miklo, trovandosi a Colmar con la famiglia in casa di parenti, fu preso da una forma di pazzia che gli faceva credere di essere addirittura Napoleone redivivo. Presentatosi in piazza d’armi dove una compagnia di soldati stava facendo esercitazioni, gridò: — Sono Napoleone imperatore dei francesi, e accostandosi all’ufficiale lo volle decorare tenendo in mano un pezzo di carta. Il povero pazzo fu preso e chiuso in un manicomio dove rimase alcuni mesi. Dimesso perché ritenuto guarito, riprese la scuola a Illfurt, ma appena una settimana dopo lo trovarono nella soffitta del palazzo comunale morto irrigidito. Si trattava di un suicidio come costatò il medico del comune. Era passato un anno esatto da quando il demonio aveva detto: «Tra un anno lo avremo in mano del tutto».

Questi fatti, e altri ancora, servirono a smantellare pezzo per pezzo il muro di diffidenza e di incredulità che circondava i fatti di casa Burner e a infondere coraggio in coloro che, mossi da compassione per la povera famiglia così duramente colpita, volevano con tutti i mezzi por fine a quello scempio e a quello scandalo.

11. Primo tentativo di esorcismo di Teobaldo al santuario di Einsiedeln
Nel maggio 1868 il parroco Brey con un suo amico e compaesano sacerdote, parroco in un paese vicino, e alcuni parrocchiani tra cui i signori Tresch, Brobeck e Lachemann, decise di portare Teobaldo al santuario mariano di Einsiedeln, Svizzera, con la speranza che fosse finalmente liberato dal suo male. Teobaldo accettò di accompagnarli di mala voglia. Partiti col treno, a Mùhlhausen trovarono altri amici, il sacrestano del duomo di Strasburgo, il capo stazione di Colmar, il provinciale dei marianisti che si unirono a loro. Arrivati senza incidenti a Einsiedeln furonq accolti dai monaci benedettini e il giorno dopo il padre Lorenzo Hecht cominciò gli esorcismi in una sala del monastero. La reazione di Teobaldo fu immediata e ferocissima. Cominciò a agitarsi e a strepitare e quattro uomini non riuscivano a tenerlo fermo. Alle molte domande dell’esorcista non diede mai nessuna risposta. A un certo momento cadde a terra come morto e rimase per qualche istante fisso al suolo. Improvvisamente, con rapidità fulminea si alzò e voleva darsi alla fuga ma fu trattenuto in tempo.
Il giorno dopo la prova fu ritentata con un altro monaco esorcista, il padre Buchmann, ma con lo stesso risultato. Nei giorni seguenti fu portato nella cappella della Madonna miracolosa. Mentre si recitavano le preghiere il poveretto tremava tutto, testa, mani, gambe: quale spavento deve incutere a satana la sola immagine della Madonna!
Risultati inutili questi tentativi, non restava che fare ritorno a Illfurt, dove Teobaldo, ancora sotto schoc, rimase chiuso in se stesso senza parlare per due settimane.

12. La liberazione di Teobaldo: 3 ottobre 1869
Benché tenuto continuamente al corrente delle vicissitudini delle due povere vittime, il vescovo Raess era rimasto sempre scettico, ma alla fine si vide costretto a cedere alle numerose istanze che gli venivano fatte, specialmente dal canonico Lemaire, decano di Altkirch. Il 13 aprile 1869 nominò una commissione di tre ecclesiastici, il canonico Strumpf, rettore del seminario di Strasburgo, Apollinare Freyberger, decano di Ensisheim, Nicolò Sester, parroco di Mùhlhausen, che subito si recarono a Illfurt per un primo esame. Esaminata con cura e scrupolosità ogni cosa, interrogate le persone interessate e in primo luogo i due ragazzi, restarono pienamente convinti della presenza diabolica in quei fatti preternaturali e ne rìferirono al vescovo che finalmente diede il permesso per gli esorcismi.

Per compiere gli esorcismi in un clima di minore pubblicità e di maggiore raccoglimento fu deciso di allontanare i due ragazzi dal paese e si cominciò col più grande, Teobaldo. In settembre egli veniva portato nell'orfanotrofio o San Carlo a Schiltingheim, dai padri marianisti, di cui era superiore il padre Spitz. Lo accompagnò anche la mamma.

L’esorcismo fu tenuto la domenica 3 ottobre 1869, alle due del pomeriggio, nella cappella dell’istituto dal padre gesuita Souquart autorizzato dal vescovo di Strasburgo.

Pensiamo che il lettore desideri conoscere come si vo1ge un esorcismo, cosa a cui non tutti hanno la possibilità di assistere. Per questo vogliamo dilungarci alquanto, una volta per sempre, anche sui particolari di questa importante cerimonia.

Teobaldo, che da quando si trovava nell’istituto San Carlo aveva conservato una relativa calma, quando fu portato nella cappella cominciò a agitarsi furiosamente, tenuto a bada dai padri Schrantzer e Hausser e dal giardiniere André. Il suo viso, rivolto verso il tabernacolo, era e congestionato come quello di un febbricitante. Una schiuma densa usciva dalle sue labbra e colava fino a terra mentre egli si dibatteva come fosse steso su una graticola ardente, cercando invano di trovare la porta di uscita. Ogni volta che il padre gli toccava il petto col crocifisso, il petto si sollevava e si gonfiava. Appena si presentò l’esorcista padre Souquart, il demonio gridò: — Via di qui, via di qui, sporcaccione!

Furono cominciate le litanie dei santi. All’invocazione «Santa Maria prega per noi» il demonio ricominciò a agitarsi e a gridare forsennatamente:
- Fuori da questo trogolo, puzzoni. Non voglio star qui!

All’invocazione «Dalle insidie di satana liberaci o Signore» l’ossesso si mise a tremare come una foglia e a divincolarsi con tanta violenza che tre uomini stentavano a tenerlo fermo.

Le stesse reazioni violente e paurose intercalate dalle solite parolacce e titoli offensivi si ripeterono alla recita delle preghiere del rituale, alla lettura del vangelo di san Giovanni, alla recita del Gloria Patri e tutte le volte che l’esorcista tracciava su di lui il segno della croce, come è prescritto dal rituale, sulle labbra e sul petto del paziente. Teobaldo si mise a guaire come un cane bastonato e cercò anche di mordere la mano del padre.

L’esorcista, lasciato il rituale, disse in tedesco al demonio:
— Spirito delle tenebre, serpe che fosti schiacciato, io, sacerdote del Signore, te lo comando, dimmi chi sei e come ti chiami.
— E che cosa importa a te, puzzone? Lo dico a chi mi pare e quando mi pare.
— Ecco il tuo spirito di orgoglio — replicò il padre — quell’orgoglio che hai avuto con Dio e che ti ha rovinato per sempre scacciandoti dal paradiso. Ma io te lo ordino: satana, esci di qui, tu non hai nulla a che fare nella casa di Dio. La tua casa è l’inferno, li devi tornare e restare!— No no, non lo voglio — gridò il demonio — la mia ora non è ancora venuta.

L’esorcismo era durato tre ore. Il padre Souquart, stanco e madido di sudore, si ritirò per riposarsi prima di tornare a Strasburgo, rimandando all’indomani la ripresa dell’esorcismo. Teobaldo, subito calmato, uscì dalla cappella.

Nella serata il piccolo disse al padre Schrantzer:
— Ehi! Hai fatto bene a dargli la placca di latta (medaglia).
— A chi l’ho data?
— Al cocchiere.

Era vero. Il padre aveva regalato al cocchiere una medaglia di san Benedetto, particolarmente efficace contro le infestazioni diaboliche, quando era andato a Strasburgo a prendere l’esorcista. Ma Teobaldo, che si trovava in quel momento al di là del fabbricato che divideva il cortile, non aveva potuto vederlo.

— E come lo sai? - domandò il padre —. E che cosa sarebbe capitato se non gliel’avessi data?
— Avrei fatto ribaltare la carrozza, cavalli e viaggiatori. Io galoppavo al fianco.
— Intanto oggi ti abbiamo dato il fatto tuo. Conosci l’esorcista?
— Certo, è stato lui a scacciare uno dei nostri capi.

E difatti il padre Souquart aveva qualche anno prima fatto un esorcismo e scacciato il demonio da una famiglia. Ma questo Teobaldo non lo poteva sapere.
Il giorno dopo, lunedì, il padre Souquart, accompagnato dai membri della commissione, tornò a Illfurt e riprese l’esorcismo. Teobaldo fu fissato in un busto di ferro e legato strettamente a un pesante seggiolone di velluto rosso e custodito da tre uomini per prevenire e impedire qualunque sorpresa, ma anche questa misura servì a poco.

Il demonio si dimenò più che mai, sollevò in aria il seggiolone col fanciullo che vi era legato, scaraventò a destra e a sinistra i tre uomini di guardia urlando sguiatamente e con abbondante schiuma che gli usciva dalla bocca.

Le preghiere liturgiche durarono due ore, le quali finite cominciò il solito confronto diretto.
L’esorcista disse:
— Adesso, spirito immondo, la tua ora è suonata. Ti ordino in nome della chiesa cattolica, in nome di Dio e in nome mio come sacerdote di Dio, di dirmi quanti siete.
— Non te ne importa un cavolo, puzzone!
— Queste sono le parole che si adattano bene a un tuo pari, riprese il padre, che usi e che senti usare nell'inferno. Il tuo posto è là, nel fondo dell’abisso, non alla luce del sole. Tornatene là, all’inferno, satana!
— Nemmeno per sogno, voglio andare dove voglio.
— Intanto ti ordino di dirmi quanti siete.
— Solamente due.
— Qualè il tuo nome?
— Oribas.
— E l’altro?
- Ypes.
— Orbene, spiriti immondi, vi ordino di uscire dalla casa di Dio. Qui non avete nulla da fhre, spiritidi perdizione, ve lo comando in nome del Santissimo Sacramento, andatevene via di qua!
- Te lo ripeto, puzzone, tu non puoi nulla contro di me, il tempo della mia partenza non è ancora arrivato.

Il padre Souquart tremava ed era coperto di sudore ed era profondamente sconvolto per l’emozione.

Gli astanti lo erano non meno di lui. Tuttavia il sacerdote non si scoraggiò, riprese la lotta contro l’avversario deciso questa volta a portarla fino in fondo. Preso il suo crocifisso lo mise davanti alla faccia dell'indemoniato dicendo:

— Miserabile demonio che non osi contemplare la croce in faccia e allontani lo sguardo da essa, credi di poter sfidare il sacerdote? Partirai di qui perché te lo comando io e tornerai all’inferno dove il tuo posto è sempre pronto a riceverti.
— Ma ti ripeto che non voglio — gridò il demonio — non si sta bene laggiù.
— Dovevi obbedire a Dio — riprese il padre — ma hai ascoltato il tuo orgoglio e ti ha perduto. Ormai sei lo spirito delle tenebre, allontanati dalla luce e ritorna nelle tenebre.
— No no no, voglio star qui. La mia ora non è ancora venuta. Non voglio andarmene.

Allora l’esorcista prese una candela benedetta dal papa, il così detto Agnus Dei, e la posò sul capo dell’ossesso.

— Superbo demonio, ti metto questa candela benedetta sul capo perché ti illumini la strada che ti conduce all’inferno. Questa luce è quella della chiesa cattolica e tu sei lo spirito dell’oscurità. Torna all’oscurità dell’inferno insieme coi tuoi compagni che ti aspettano.
— Io resto qui — rispose il demonio — qui sto bene, nell’inferno si sta male.
Il padre Souquart rimase un momento assorto in preghiera, poi si risolse di ricorrere all’ultimo definitivo rimedio che si è sempre dimostrato efficacissimo contro il demonio quando fallivano gli altri, l’invocazione della Madonna. Prese nelle mani una statuetta della santissima Vergine e ricominciò:
— La vedi questa immagine della santissima Vergine Maria? Sarà lei a schiacciarti ancora una volta il capo. Essa deve imprimere nuovamente su di te il suo sigillo e scrivere sul tuo petto i nomi di Gesù e di Maria perché tu ne sia eternamente bruciato. Non vuoi partire? Non vuoi andartene di qui dopo che te l’ho ordinato in nome di Gesù, in nome della chiesa cattolica, del papa, del Santissimo Sacramento? Non vuoi obbedire alla voce del sacerdote di Dio? Ebbene, satana, adesso è la santa Madre di Dio che per mezzo mio ti ordina di partire. Vattene, spirito immondo, allontanati dallo sguardo della Vergine Immacolata. Obbedisci! Essa te lo comanda, va via per sempre!

Gli astanti pregavano sotto voce. Il demonio con una voce da basso profondo da far venire i brividi al sentirla gettò un grido disperato:
— Adesso, si, sono costretto a cedere.

Immediatamente il fanciullo si contorse come una serpe cui fosse stato messo un piede sulla testa, un leggero scricchiolio percorse le sue membra, allungò il corpo e cadde a terra come morto. Il demonio era fuggito e l’ossesso era finalmente liberato.

13. Teobaldo rinato a vita nuova
Descrivere l’impressione degli astanti, sacerdoti, laici, suore, la loro gioia, il respiro di sollievo alla fine del lungo incubo, la riconoscenza a Dio, alla Madonna, non è facile. Noi rinunciamo a farlo lasciando alla fantasia del lettore immaginarla e pensarla, se ci riesce. Che differenza da un momento prima a un momento dopo sul viso del fanciullo! Prima la faccia contratta dallo spavento e dalla rabbia, un linguaggio spavaldo e arrogante, la sfrontatezza di un orgoglio indomato e indomabile. Ora il fanciullo tace, dorme un sonno tranquillo, la sua faccia si è distesa, un leggerosorriso si atteggia sulle sue labbra come stesse vivendo un bellissimo sogno. Il sonno durò circa un’ora. Alla fine riaprì gli occhi e si guardò attorno trasognato. Dov’è? Perché si trova lì? Chi è tutta quella gente che sta lì intorno e che cosa vuole da lui? Non reagisce più contro il crocifisso e l’acqua benedetta, lo si può sollevare e ricondurre nella sua stanza senza nessuna resistenza. E diventato docile e arrendevole come da anni non era mai stato. Il padre Schnautzer si accorge di questo cambiamento repentino e gli domanda:
— Mi conosci? Sai chi sono io?
— No, chi sei? Non ti ho mai visto né conosciuto, risponde il ragazzo.

Il ragazzo non è più sordo. Egli sente bene, normalmente, la sua sordità è completamente sparita. La mamma getta un grido di gioia sovrumana. Il mostro che l’aveva tenuto schiavo per tanto tempo finalmente se n’è andato e per sempre. Lacrime di riconoscenza sgorgano abbondanti dai suoi occhi e a lei si uniscono tutti gli altri per ringraziare Dio, la Madonna che, attraverso la chiesa, hanno ancora una volta riportato la vittoria sui nemico.

Madre e figlio possono ormai tornare alla loro casa di Illfurt. Dal giorno in cui Teobaldo rientrò in casa riprese le buone abitudini di prima, era allegro gioviale, di buon umore, servizievole e obbediente. Ritornò a scuola e spesso si confessava. Quanto era avvenuto lo venne a sapere da altri, più tardi; egli — cosa bellissima — non ricordava nulla, affatto nulla. Anche il parroco Brey era per lui, a principio, una persona sconosciuta, non ricordava di averlo mai incontrato prima.

Dal collegio di San Giuseppe Teobaldo aveva portato con sé alcune medaglie benedette e ne offrì una al fratello osef, il quale — egli era ancora indemoniato — la rifiutò con dispetto, la gettò a terra e la calpestò coi piedi dicendo stizzito:
— Potevi tenertela, non ne ho bisogno.

Teobaldo ne rimase meravigliato e afflitto non sapendosi spiegare il perché dello strano comportamento del fratello e raccontando il fatto alla mamma disse:
— Che Josef sia diventato matto, mamma?

La mamma si guardò bene, per allora, dallo spiegare la causa di quello strano comportamento al figlio che viveva ormai in un mondo nuovo e tanto bello.

14. La liberazione di Josef: 27 ottobre 1869
Abbiamo di proposito scritto «liberazione» e non «guarigione» del piccolo Josef — nell’anno in cui ci troviamo, 1869, egli aveva 12 anni — perché il malessere che lo aveva colpito non era, come sappiamo, una malattia che si potesse curare con medici e medicine, ma una «possessione» che lo teneva schiavo da quattro anni e da cui doveva essere liberato. Liberazione, quindi, non guarigione. Pochi giorni dopo il ritorno di Teobaldo da Strasburgo il demonio gridò a un tratto per bocca di Josef:
— I miei due compagni (i due diavoli) sono stati dei paurosi, ma adesso sono io il padrone e il più forte. Per sei anni resterò qui e non me ne andrò. Non ho paura dei pretacci.
— Sei proprio tanto forte? — gli domandò il Signor Tresch.
— Certo. Qui mi sono istallato e qui resto. Qui mi piace. Mi faccio un nido e me ne vado quando mi pare e piace.

Il parroco Brey, dopo la felice conclusione della vicenda di Teobaldo, aveva nuovamente sollecitato il suo vescovo per ottenere il permesso di esorcizzare anche Josef Le condizioni del paziente diventavano di giorno in giorno sempre peggiori e più penose per lui e per i familiari. Il permesso non tardò a venire e il parroco fissò per l’esorcismo la data del 27 ottobre, tre settimane dopo la liberazione di Teobaldo.La cerimonia fu tenuta nella cappella del cimitero di Burnenkirch distante un quarto d’ora dal villaggio, in grande segreto per evitare la pubhlicit e l’afflusso dei curiosi. Testimoni erano i signori Tresch, Martinot, Lachernann e Spies. Altri invitati i genitori, il signor Frindel, maestro di scuola, il capo stazione e una suora.

Il 27 ottobre, di buon mattino, la piccola comitiva si recò alla cappella. Alle 6 iniziò la santa Messa celebrata dal parroco Brey alla presenza di Josef il quale cominciò subito a agitarsi, a smaniare, a fare strepito, a urlare con tale impeto che dovettero legargli le mani e i piedi. Il celebrante era ancora all’introito quando il ragazzo riuscì a liberarsi dei suoi lacci e scagliarsi con violenza contro il prete tentando poi di fuggire. Rincorso e riacciuffato dal signor Martinot, fu tenuto per mano durante tutta la Messa. Il poveretto abbaiava come un cane bastonato e grugniva come un porcello, gridava con voce arrochita parole mozze e inarticolate. Dopo il Sanctus si calmò e rimase tranquillo fino alla fine della Messa.

L’esorcismo fu iniziato dal parroco Brey subito dopo la Messa seguendo il formulano del rituale romano. Alla lettura del vangelo di san Giovanni l’indemoniato, dopo aver insultato coi peggiori titoli il parroco, gridò:
— Non partirò!

e malgrado i suoi sforzi il parroco non riuscì a farlo tacere, posava reliquie sulla sua testa, gli metteva in mano la candela benedetta, lo aspergeva con acqua santa, gli rivolgeva le più energiche formule dell’esorcismo, tutto era inutile.

La cerimonia durò tre ore. Gli astanti avevano ormai perso la speranza del successo, ma non il parroco che volto all’ossesso gli intimò:
— In nome di Maria Vergine, l’Immacolata, ti comando di abbandonare questo fanciullo.
— Bisogna proprio che si portasse dietro la Grande Signora — grugnì satana al colmo dell’ira — Ora non mi resta che andarmene.

Don Brey ripeté lo scongiuro un’altra volta.

— Se devo partire voglio entrare in un branco di maiali,
— disse.
— All’inferno! — rispose il parroco ripetendo lo scongiuro.
— Voglio entrare in un branco di oche, — replicò ancora il demonio.
— All’inferno! — insisté il parroco.
— Non so la strada per andarci, — ebbe l’audacia di rispondere il demonio —. Voglio almeno entrare in un branco di pecore.
— All’inferno!
— Adesso non mi resta altro da fare. Devo partire, — gridò il diavolo con un grido disperato che sembrava un lungo ruggito.

A quel grido il ragazzo si distese, si contorse più volte, cadde in convulsione e finalmente si calmò e rimase immobile. I lacci che Io tenevano avvinto gli furono tolti. Le braccia gli caddero, il capo si abbassò dolcemente e dopo qualche istante si scosse come uno che si svegli d’improvviso, aprì gli occhi che erano chiusi durante tutta la cerimonia, e si guardò intorno, meravigliato di trovarsi in una chiesa e con tante persone sconosciute intorno.

Anche Josef era finalmente libero dal demonio.

L’assemblea era profondamente commossa. Fu cantato subito un Te Deum di ringraziamento, cantate le litanie della Madonna, la Salve Regina e recitate altre preghiere, accompagnate sempre e spesso interrotte dalle lacrime dei presenti. Il parroco dovette fermarsi più volte per dar sfogo allasua commozione. Il ritorno del piccolo graziato a Illfurt fu un trionfo. In un giardino vicino alla piazza municipale di Illfurt, di fronte alla casa dei Burner, si vede ancora oggi una colonna di granito, alta 10 metri, sormontata dalla statua della Madonna, con ai piedi un’iscrizione latina che dice:

A perpetuo ricordo della liberazione dei due indemoniati
Teobaldo e Giuseppe Burner
dovuta all’intercessione della Beata
Vergine Immacolata
nell’anno del Signore 1869


15. Conclusione
Davanti a questi fatti viene spontanea la domanda: Perché il Signore l’ha permesso? Di chi la colpa, dei genitori o dei bambini?
La risposta, se cercata con ragionamenti umani, non è facile, non è possibile. Un accenno di spiegazione si ha nel capitolo 9 del vangelo di san Giovanni che parla della guarigione del cieco nato. Dio permette il male per ricavarne un bene. Una vittoria su satana è sempre un grande bendicio, fa vedere l’onnipotenza di Dio e seme a rassodare la fede e la fiducia dei credenti. Se non ci fosse il male non ci sarebbe neppure la vittoria sul male. Se non ci fosse il pericolo non ci sarebbe neppure la liberazione dal pericolo, se non ci fosse la necessità non ci sarebbe neppure il sollievo dalla necessità. Dio sa quello che fa e sa fare bene tutte le cose.

Alcune notizie sulle ultime vicende dei nostri personaggi.

I due fratelli Burner morirono tutti e due in età giovanile, Teobaldo due anni dopo la sua liberazione, il 3 aprile 1871 all’età di 16 anni, e Josef morì nel 1882 in Zillisheim, Alsazia, dove aveva trovato un lavoro, all’età di 25 anni, munito di tutti i sacramenti che gli furono amministrati dal suo parroco don Brey che si era affrettato al suo capezzale.

Una decina d’anni più tardi, il 26 settembre 1895, moriva anche il parroco Brey all’età di 68 anni dopo 30 anni di cura pastorale a Illfurt. Era un sant’uomo e un santo sacerdote molto stimato dal suo popolo e morto in concetto di santità. Anche di lui, come del santo Curato d’Ars, si racconta che fosse spesso tormentato da infestazioni diaboliche, specialmente di notte, dalle quali egli si difendeva, sempre con successo, usando l’acqua benedetta.

Fonte: Trattato di demonologia di Paolo Calieri