MaM
Messaggio del 6 aprile 2008:Quando è apparsa, ha detto: “Sia lodato Gesù Cristo, cari figli miei ! ”.
“Cari figli, grazie perché anche oggi avete risposto alla mia chiamata. La Madre anche oggi gioisce con voi, guardandovi in così grande numero, il cuore della Madre è riempito con la gioia. Anche oggi vi invito: pregate con la Madre per tutti i miei piani che io desidero realizzare col mondo. La Madre prega e intercede per voi presso suo Figlio. Gioite, figli, pregate, pregate, pregate”. Alla fine dell’apparizione, la Madonna ha detto, mentre se ne andava: “Andate nella Pace, cari figli miei”.

Il cavaliere dell'Immacolata

12/10/2005    2024     Vita Cristiana    San Massimiliano Kolbe 
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Chiamava la Madonna con i nomi più teneri e familiari. Con ciò esprimeva il suo intimo e appassionato amore alla creatura senza macchia. All'Immacolata s. Massimiliano Kolbe aveva dedicato tutta la sua opera, consacrandoLe innanzitutto se stesso e poi tutta quella attività apostolica volta a diffondere la devozione a Maria e alla sua azione mediatrice presso Dio.
Nato in Polonia nel 1894, p. Kolbe vive intensamente ciò che la storia propone al suo paese, studia per diventare sacerdote ma è anche appassionato di fisica e di matematica, il che gli avrebbe permesso più tardi di seguire le sue opere anche dal punto di vista tecnico. Trovandosi a Roma per gli studi, casualmente assiste a una processione di anticlericali-massoni che proclamano la vittoria del demonio sulla Chiesa, affermando che "Satana deve regnare in Vaticano e il Papa dovrà fargli da servo". Tale ardire lo porta a scoprire la sua missione e si convince che i cristiani devono diventare "cavalieri dell'Immacolata", per aiutare Maria schiacciare la testa al serpente, così come previsto dalla Scrittura.
A questo scopo fonda un'associazione, la "Milizia dell'Immacolata", che si propone di "cercare la conversione dei peccatori, degli eretici, degli scismatici, dei giudei e soprattutto dei massoni. In primo luogo si chiede la santificazione di tutti sotto il patrocinio e con la mediazione della Beata Vergine Maria" (ndr. sono le prime parole dello statuto). E' un intento di larghissima portata perché nel suo programma non viene descritta solo una "opzione religiosa" ma una scelta globale. Il suo desiderio è infatti che i suoi cavalieri siano presenti dappertutto, nel campo dell'educazione, del lavoro editoriale e divulgativo, delle arti, delle scienze... In sostanza, si vuole che la Milizia "impregni tutto e in uno spirito sano guarisca, rafforzi e sviluppi ogni cosa alla maggior gloria di Dio, per mezzo dell'Immacolata e per il bene della comunità".
Come realizzare questo grande progetto? Innanzitutto creando un luogo dove questa attività possano svolgersi. Così p. Kolbe inizia a costruire una intera città a 40 km. da Varsavia, chiamata "Niepokalanow", ovvero, città dell'Immacolata. Sarebbe troppo lungo descrivere gli edifici e le loro funzioni, è sufficiente dire che in essa vivevano e operavano circa 1000 religiosi. Essi dovevano essere poverissimi ma avere a disposizione quanto di meglio c'é sul mercato. P. Massimiliano si intendeva di tutto e seguiva con attenzione i mezzi che la Provvidenza gli metteva a disposizione, non c'era sistema di comunicazione troppo veloce per lui: "il veicolo del missionari - sovente diceva - dovrebbe essere l'aereo ultimissimo modello".
In questa nuova "città" si stampano otto riviste per parecchie centinaia di migliaia di copie: "Bisogna inondare la terra con un diluvio di stampa cristiana e mariana, in ogni lingua, in ogni luogo, per affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore che ha trovato nella stampa la più potente alleata - affermava p. Kolbe - fasciare il mondo di carta scritta con parole di vita per ridare al mondo la gioia di vivere". Per questo amava definirsi "missionario della penna".
Intraprendente, energico, sfrutta le sue grandi capacità organizzative per creare quasi dal nulla e senza un soldo in tasca i suoi progetti, compresa una città anche nel lontano Giappone (1930). Eppure non fu questo a innalzare il prete polacco alla schiera di santi. La sua vita infatti prende una svolta totalmente diversa quando, con lo scoppio della II guerra mondiale, fu preso di mira dai nazisti e arrestato più volte. La sua città diviene rifugio per molti scampati, ebrei, feriti.
"Vado a servire l'Immacolata in un altro campo di lavoro" dice agli amici quando sta per essere condotto nel lager di Auschwitz. Era prete, una categoria che per odio veniva accomunata agli ebrei; ma a lui, proprio perché prete, tocca un lavoro due o tre volte superiore a quello degli altri. L'unione al Cuore della Vergine gli comunica tuttavia la forza per sopportare tutto. Il destino lo vuole nel famoso "blocco 14", un gruppo dal quale uno dei prigionieri riesce a fuggire. Ma ad Auschwitz la colpa di uno veniva pagata da dieci compagni con la condanna a morte nel bunker della fame. Tra questi, un uomo che al pensiero di lasciare la famiglia lancia un grido. Un urlo di dolore e di pietà che motiva immediatamente il sacerdote polacco a offrirsi al suo posto: sarebbe andato lui a morire di fame. Il gesto eroico di un santo, eppure il vero miracolo è che il suo sacrificio venga accettato. I nazisti intendevano infatti distruggere ogni tipo di solidarietà umana, il campo di concentramento voleva essere la dimostrazione che "l'etica della fratellanza umana" era solo vigliaccheria. Che la vera etica era la razza, e le razze inferiori non erano "umane". P. Kolbe dava finalmente un valore umano al morire, che rendeva il morire non più soggezione alla forza ma offerta volontaria.
La lunga agonia - nudi, al buio, in attesa di morire di fame - si trasforma in un'occasione privilegiata per rendere gloria a Dio. Preghiere e inni recitati ad alta voce "contagiano" le celle vicine e nel bunker della morte si consuma il sacrificio di purificazione, si celebra una messa. Un gesto che non può passare inosservato, neanche ai soldati che guardavano il prete con una sorte di rispetto.
E' la vigilia dell'Assunta, una delle feste mariane che egli più amava, quando lo costringono a morire insieme ad altri tre compagni rimasti vivi dopo due lunghe settimane di tortura. Il 14 agosto un'iniezione di acido fenico nel braccio spezza la vita terrena di s. Massimiliano Kolbe; "Quando aprii la porta di ferro non viveva più - racconta il suo carceriere; - ma si presentava come se fosse vivo. Ancora appoggiato al mure. La faccia era raggiante in modo insolito". Gli occhi largamente aperti e concentrati in un punto. Tutta la figura come in estasi. Non lo dimenticherò mai".
Con il suo insegnamento Kolbe ci mostra che rispondere alla disumanità con l'offerta e il sacrificio di sé non è la risposta di chi non sa fare altro - scrive A. Sicari nel suo libro "Ritratti di santi" (dal quale attingiamo informazioni per il nostro articolo) - di chi si rassegna all'oppressore, di chi attende tutto dall'aldilà e perciò può subire. P. Kolbe ha dato la vita, accettando di morire, dopo che aveva spese tutte le sue energie per la costruzione di un mondo diverso, di un mondo nuovo, di un centuplo quaggiù. Il martirio non fu una fuga devota. Fu la pienezza della sua energia vitale.

Fonte: Eco di Maria nr.159