I sogni di San Giovanni Bosco: Un’aquila maestosa
Oggi come ieri non mancano i pedagogisti e gli educatori che non vogliono che si parli della morte ai giovani perché, dicono, è un pensiero che turba la loro serenità e la loro gioia spensierata. Don Bosco era di parere decisamente contrario, non per partito preso, ma perché si basava sulla sua lunga esperienza.
Oggi come ieri non mancano i pedagogisti e gli educatori che non
vogliono che si parli della morte ai giovani perché, dicono, è
un pensiero che turba la loro serenità e la loro gioia
spensierata. Don Bosco era di parere decisamente contrario, non per
partito preso, ma perché si basava sulla sua lunga
esperienza.
E certo ed evidente per chiunque legga i 19 volumi
delle Memorie Biografiche che per Don Bosco il pensiero della brevità
della vita e della possibilità d’incontrarsi con Dio in
ogni istante, stimolava un senso di vigilanza evangelica e creava
un’atmosfera di purezza e di santità straordinaria.
Certe predizioni di morti fatte in forma drammatica e circostanziata,
seguite poi dalla non meno drammatica realtà, producevano nei
giovani l’effetto di un corso di Esercizi Spirituali, tanto più
che sovente avvenivano nel clima raccolto dell’Esercizio
mensile della Buona Morte.
Fu appunto nell’Esercizio del l0
febbraio 1865 che Don Bosco predisse che un giovane non sarebbe
arrivato a fare un altro Esercizio. Questo annunzio era effetto di un
sogno.
Una notte gli parve di trovarsi nel cortile in mezzo ai
giovani che si ricreavano. A un tratto apparve un’aquila
maestosa di bellissime forme, la quale andava roteando e abbassandosi
a poco a poco sopra i giovani. Don Bosco la guardava meravigliato. La
Guida solita ad apparirgli nei sogni gli disse:
— Vedi
quell’aquila? Vuole ghermire uno dei tuoi giovani.
— E
chi sarà? — chiese Don Bosco.
— Osserva bene:
sarà quello sul capo del quale andrà a fermarsi
l’aquila.
Don Bosco osservò attentamente e vide che
l’aquila andò a posarsi sul tredicenne Antonio Ferraris
di Castellazzo Bormida. Don Bosco lo riconobbe perfettamente e si
svegliò. Impressionato dal la visione, fece questa
preghiera:
— Signore, se questo non è un sogno ma una
realtà, quando dovrà verificarsi?
Si addormentò
di nuovo ed ecco apparirgli la Guida che gli disse:
— Il
giovane Ferraris non farà più di due volte l’Esercizio
della Buona Morte —. E disparve.
Allora Don Bosco si
persuase che quello non era un sogno, ma una realtà. Ecco
perché aveva dato quell’annunzio ai giovani. Ferraris
allora stava bene, cominciava però a sentire qualche di
sturbo, che andò accentuandosi. Don Bosco delicatamente lo pre
parava; il 16 marzo spirava santamente.
La sera stessa del 16
marzo Don Bosco così parlava ai giovani:
« Io vi vedo
tutti ansiosi di sapere da me quali siano stati gli ultimi istanti
del nostro Ferraris, e sono qui per appagare il vostro giusto
desiderio. Egli morì tranquillissimo. La morte non gli faceva
paura. Io gli domandai:
— Non hai niente che ti turbi la
coscienza? Avresti qualche cosa da dirmi?
Egli ci pensò
alquanto, poi mi rispose:
— Non ho niente.
Che bella
risposta! Un giovane che si avvicina alla morte, che sa di dover
morire, risponde: “Non ho niente!” con tutta tranquillità
e serenità.
Ciascuno di noi, miei cari figliuoli, vorrebbe
trovarsi al posto di Ferraris. Io sono persuaso che andò
diritto in Paradiso. E volentieri cambierei il mio posto col suo».
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