CRISTIANI/ Crisi diplomatica? No, il Papa tocca il nervo scoperto dell’Egitto

- Robi Ronza

Dopo il discorso di lunedì del Papa al Corpo diplomatico, l’Egitto ha richiamato in patria per consultazioni il proprio ambasciatore presso la Santa Sede. Il commento di ROBI RONZA

ilCairoR400 Il Cairo, Egitto (Imagoeconomica)

Per farsi un’idea di che cosa siano le “inaccettabili ingerenze” a motivo delle quali l’Egitto ha richiamato in patria per consultazioni il proprio ambasciatore presso la Santa Sede vale la pena di andare a leggere il passaggio “incriminato” del discorso  del Papa al Corpo Diplomatico (peraltro accessibile a chiunque nella sua interezza collegandosi al sito internet della Santa Sede medesima). Come nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011, così anche in questo discorso Benedetto XVI ha messo a tema la questione della libertà religiosa.

In tale contesto, venendo a parlare delle comunità cristiane del Vicino e del Medio Oriente “così provate a causa della loro adesione a Cristo e alla Chiesa”, ha detto: “Sì, guardando verso l’Oriente, gli attentati che hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani dell’Iraq, al punto di spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli, ci hanno profondamente addolorato. Rinnovo alle autorità di quel Paese e ai capi religiosi musulmani il mio preoccupato appello ad operare affinché i loro concittadini cristiani possano vivere in sicurezza e continuare il loro contributo alla società di cui sono membri a pieno titolo. Anche in Egitto, ad Alessandria, il terrorismo ha colpito brutalmente dei fedeli in preghiera in una chiesa. Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose”.

Come chiunque può vedere, l’appello di Benedetto XVI era non solo più che ragionevole ma anche espresso con grande attenzione per l’ipersensibilità dell’Egitto. Basti dire che mentre il governo iracheno viene citato apertis verbis non si fa invece il nome né dell’Egitto né del suo governo. Si parla genericamente dei “Governi della Regione” dando anche atto delle difficoltà e delle minacce con cui si devono confrontare. Ciononostante, pretendendo che questa fosse un’“inaccettabile ingerenza” nei suoi affari interni ieri l’Egitto ha richiamato in patria “per consultazioni” il proprio ambasciatore presso la Santa Sede, signora Lamia Aly Hamada Mekhemar.

Nelle ore successive, mentre peraltro giungeva la notizia dell’assassinio in Egitto di un altro cristiano, ucciso a freddo a colpi di pistola su un treno, l’entità dello strappo è stata un po’ attenuata. Prima di partire per il Cairo infatti la signora Lamia Aly è stata ricevuta dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Dominique Mamberti dal quale – dice un comunicato della Sala stampa vaticana – ella ha potuto avere informazioni ed “elementi utili per riferire adeguatamente sui recenti interventi del Santo Padre, in particolare sulla libertà religiosa e sulla protezione dei cristiani in Medio Oriente”. Mons. Mamberti le ha anche assicurato che la Santa Sede condivide la preoccupazione del governo egiziano di “evitare l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose”, e apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione.
 

Prima di passare al commento ho preferito citare con ampiezza questi documenti, anche a costo di sembrare un po’ noioso, perché sono utili per aiutare chiunque a comprendere non solo la forma ma anche la sostanziale complessità della situazione. Fermo restando il valore di incontri e di momenti profetici di dialogo con musulmani aperti e sensibili ai diritti della persona e al mistero dell’avventura umana, nel concreto della nostra epoca le cose stanno come è stato magistralmente descritto da Samir Khalil Samir nella sua intervista appena apparsa sul sussidiario. Sorprendente figura di gesuita egiziano copto-cattolico, il poliglotta e coltissimo Samir Khalil Samir per scienza, ma prima ancora per esperienza, è un conoscitore straordinariamente esperto e profondo del problema della condizione dei cristiani nel mondo arabo e più in generale del problema del rapporto cristianesimo-islam e cristiani-musulmani.

In quell’intervista egli delinea il possibile itinerario intellettuale e umano dello sblocco dell’islam dal vicolo cieco nel quale ha finito di cacciarsi nel secolo appena trascorso: una situazione che gli impedisce di reggere il confronto con la modernità. A causa di ciò il mondo musulmano è oggi pieno di frustrazioni e di rancori che sono il brodo di coltura di uno smarrimento facilmente incline alla violenza. Stando così le cose, c’è spesso un dovere immediato di legittima difesa, ma in prospettiva occorre impegnarsi innanzitutto in un confronto di idee e di esperienze che pacificamente stimolino per così dire la sua auto-riforma. A questo però non serve, e anzi è di scandalo, il relativismo e il nichilismo della cultura di massa occidentale. Occorre in primo luogo la fraterna ma ferma testimonianza dei cristiani, ma sarà un cammino ancora lungo e purtroppo molto probabilmente non immune da lacrime e da sangue: operare per la pace e per la comprensione infatti è un lavoro magari gratificante ma di certo abbastanza pericoloso.

www.robi.ronza.wordpress.com
 





© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie di Persecuzione cristiani

Ultime notizie