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Intervista al custode di Terra Santa: «Sono l’esecutivo democraticamente eletto. E possono garantire l’ordine meglio della vecchia Olp»
«La Chiesa parlerà con il governo Hamas»
Padre Pizzaballa: «Trattiamo con qualsiasi autorità per tutelare le comunità cristiane»
STRUMENTI
GERUSALEMME — «Contatti con Hamas? Per il momento sono solo informali. Ma senza dubbio la Chiesa parlerà con il nuovo governo Palestinese.Èinevitabile, anche ufficialmente con i suoi massimi dirigenti ». Il Custode di Terra Santa non si scompone. Padre Pierbattista Pizzaballa sa bene di infrangere un tabù. Tra i diplomatici dei consolati occidentali a Gerusalemme la parola d’ordine è: massima riservatezza. Non si deve ammettere alcun rapporto con i dirigenti «in verde» dell’autorità palestinese. Molti, tra cui l’Italia, non vogliono neppure discutere con la stampa l’ammontare degli aiuti in Cisgiordania e Gaza, anche se diretti su progetti di cooperazione non gestiti dall’amministrazione palestinese. Il timore è che vengano bloccati dai governi centrali. Per il momento vale ancora la condizione annunciata da Kofi Annan subito dopo la vittoria di Hamas alle elezioni del 25 gennaio: nessun contatto se prima non riconosce Israele, non rinuncia alla lotta armata e non accetta di rispettare gli accordi internazionali firmati in precedenza dall’Olp. MaPierbattista Pizzaballa ribadisce la posizione tradizionale della Chiesa e dei francescani rispetto alle questioni di politica internazionale. «Noi non rappresentiamo uno Stato.
Siamo pronti a trattare con qualsiasi autorità sul campo pur di garantire l’esistenza delle nostre comunità cristiane», dice. Da quasi 7 secoli i frati Minori si occupano di garantire gli interessi della Chiesa sui Luoghi Santi della regione. La loro storia è caratterizzata dalla lunga convivenza con i regimi musulmani seguiti alla caduta dei regni crociati. Tanto che oggi non sono in pochi tra i francescani e i cristiani locali a sostenere addirittura che «al momento, i miliziani di Hamas sono in grado di garantire l’ordine e la sicurezza nelle regioni palestinesi molto meglio che non la vecchia, frazionata e corrotta polizia dell’Olp». Davvero i francescani sono pronti al dialogo con Hamas? «Da parte nostra non ci sono pregiudiziali particolari. Hamas ha vinto le elezioni in modo democratico. Il suo governo è legittimato dal voto. Noi ci occupiamo di trattare con la realtà esistente in nome del benessere delle nostre comunità. Ovvio poi che esista un problema con il fatto che sino a pochi mesi fa Hamas mandava i suoi kamikaze a farsi saltare in aria sugli autobus di Tel Aviv. Ma noi non siamo un governo, non ci scegliamo gli interlocutori».
E le condizioni poste da Annan? «Lo ripeto, siamo su un piano diverso. Noi dobbiamo lavorare all’interno della società palestinese locale. I francescani, la Chiesa in generale, si muovono in questo campo con regole diverse da quelle degli Stati e delle diplomazie. Siamo pronti a trattare con qualsiasi autorità. Se Gesù Cristo avesse seguito la logica di Kofi Annan, lui, Gesù, non avrebbe mai parlato con Maria Maddalena. Tra parentesi, non è da dimenticare che Hamas è stato votato anche da tanti cristiani». Ha già parlato con il nuovo ministro degli Esteri palestinese, Mahmoud Zahar? «Finora ci sono stati contatti unicamente di natura tecnica. Ma penso che presto saranno di ordine più alto, probabilmente dopo le festività pasquali. Negli anni ’90 sono stati instaurati i rapporti diplomatici diretti tra Santa Sede e autorità palestinese. Un passo seguito all’instaurazione dei pieni rapporti con Israele. Nulla di tutto ciò è stato rinnegato dal Vaticano».
Lorenzo Cremonesi
06 aprile 2006