IL CASO/ L’altra verità sulla guerra della Nato (e dell’Italia) contro Gheddafi

- La Redazione

La guerra in Libia fa molto discutere. L'intervento Nato ispirato dalla Francia ha portato a un grande impiego di mezzi ma c'è chi come TIZIANA GAMANOSSI mette in dubbio le realtà ufficiali

libia_tripoli_bombeR400 Bombardamenti su Tripoli (Ansa)

Le bombe che piovono dal cielo giorno e notte, senza fare troppe distinzioni tra obiettivi civili e militari. Per non parlare dei medicinali che scarseggiano, perché bloccati dai governi occidentali, le banconote contingentate, le code infinite ai distributori di benzina, le aziende private chiuse. E’ il racconto dal vivo della situazione nella capitale libica che ci giunge da Tiziana Gamannossi, un’imprenditrice fiorentina che vive a Tripoli dove lavora da dieci anni e che ha deciso di non abbandonarla neanche in questo momento drammatico. Gamannossi ha fondato una Fact Finding Commission (Commissione per l’accertamento dei fatti), per smascherare le bugie inventate per giustificare l’intervento della Nato in Libia cui sta prendendo parte anche il governo italiano. Una guerra nei confronti della quale ieri è arrivata la presa di distanze del ministro Maroni, che ha chiesto a Berlusconi di non spendere più soldi per i raid aerei in Libia

Gamannossi, che cosa è emerso finora dalle indagini della sua commissione?

Quello che avevamo sempre sospettato, e cioè che i mass media hanno falsificato le notizie per giustificare la guerra contro Gheddafi. Noi stiamo analizzando una per una queste menzogne, documentandole in modo puntiglioso. La madre di tutte le bugie è stata quella secondo cui l’aviazione libica avrebbe sganciato bombe sui manifestanti: noi siamo riusciti a provare che questo non è mai avvenuto. Inoltre abbiamo rilevato che i ribelli hanno violentato e ucciso molte donne libiche. Tra le loro atrocità, una è stata commessa nella piazza principale di Bengasi: dopo avere catturato un soldato nemico e averlo ucciso agganciandolo a una fune, lo hanno fatto a pezzi a colpi di accetta. E questi sono i ribelli che la Nato sta proteggendo.

I bombardamenti su Tripoli sono mirati a obiettivi militari, come dice la Nato, o colpiscono anche edifici civili?

I raid della Nato hanno iniziato colpendo le caserme, ma poi sono stati intensificati e l’atteggiamento dei piloti ormai è sempre più «dove prendo, prendo». Anche perché le basi dell’esercito non si trovano in mezzo al deserto, ma sono circondate dalle abitazioni. E in un solo giorno a Tripoli, dalle 11 di mattina alle 11 di sera, abbiamo subito 89 bombardamenti consecutivi. Le bombe cadono anche vicino a casa mia: qualche sera fa la puzza di bruciato era così intensa che non sono riuscita a uscire di casa.

Finora sono state evitate vittime civili?

Sono stati abbattuti anche dei palazzi civili, dove vivevano persone in carne e ossa. Al punto che a Zawia c’è un gruppo di avvocati che si vuole costituire parte civile al tribunale internazionale dell’Aia. La Nato sta uccidendo dei civili, questa è la verità, e il governo italiano sta contribuendo a farlo.

Più in generale com’è la situazione a Tripoli?

Ai distributori di benzina ci sono code infinite e ci fanno mancare gli alimentari. Il governo libico non può acquistare le medicine perché devono passare solo dalla Croce rossa o da Medici senza frontiere, mentre a Bengasi possono arrivare senza alcuna limitazione. Le società private sono tutte chiuse, e quindi i loro dipendenti sono a casa senza stipendio. Inoltre a Tripoli mancano le banconote, perché il governo libico non ha una zecca e le faceva stampare in Inghilterra. A inizio febbraio il Regno Unito doveva consegnare un aereo carico di banconote per la Libia, ma la consegna è stata ritardata fino a quando è scoppiata la guerra, e a quel punto le banconote non sono più arrivate. Tanto che il governo ha approvato un’ordinanza per cui non si possono ritirare più di mille dinari al mese (pari a circa 600 euro).

La maggioranza della popolazione di Tripoli è favorevole a Gheddafi?

Questo lo potrebbero stabilire solo le elezioni. Tra i miei amici ci sono persone sia a favore sia contro Gheddafi, e ormai stanno formando sempre di più dei partiti politici in lotta tra loro. Ma quello che conta è che Gheddafi è soltanto la cima della piramide del sistema di potere libico: una volta cacciato il rais, in Libia non cambierà nulla.

Che cosa rischiano gli oppositori che a Tripoli dicono di essere contro Gheddafi?

Molto meno di quello che pensiamo noi in Europa. E comunque neanche a Bengasi c’è maggiore libertà. Io sono in contatto con molte donne libiche, che sono venute a testimoniare di fronte alla nostra commissione. Mi hanno rivelato che le loro famiglie a Bengasi non possono dire di essere a favore di Gheddafi, altrimenti finiscono per essere linciate dai ribelli. Per non parlare del fatto che qui in Libia finora non c’è stata una sola manifestazione pacifica: quelle contro Gheddafi erano tutte armate.

Che cosa ne pensa la popolazione libica dell’intervento italiano?

I libici si sentono traditi, perché l’Italia ha sempre dichiarato di essere il loro primo amico in Occidente. Il nostro governo avrebbe quindi dovuto cercare una soluzione pacifica, evitando un intervento militare. Ora i libici si sono resi conto di quanto fosse venale la nostra amicizia. Appena Francia e Usa hanno accusato il governo libico di ammazzare i civili, ci abbiamo creduto a occhi chiusi senza nemmeno inviare una commissione d’inchiesta.

Ma lei può esprimersi liberamente o è sottoposta a restrizioni?

Le racconto un episodio di questi giorni. Siccome sono l’unica italiana rimasta a Tripoli, mi hanno chiesto di raccontare la mia testimonianza in tv. Non mi hanno chiesto prima che cosa volessi dire, ma mi hanno mandata in onda in diretta lasciandomi dire liberamente tutto quello che volevo. Mentre a Pasqua, quando sono tornata a Firenze, una tv italiana che non cito mi ha intervistata, e siccome non seguiva la linea del governo italiano, ha deciso di non mandarla in onda. Mi domando se sia questa la nostra democrazia.

Quali sono secondo lei le vere ragioni per cui la Cirenaica si è ribellata a Gheddafi?

In primo luogo va sottolineata una cosa: la rivolta della Cirenaica è iniziata il 17 febbraio, cioè nel giorno dell’anniversario degli attacchi al consolato italiano di Bengasi per la vicenda della maglietta di Calderoli. Quindi questa è una cosa che dovrebbe farci molto riflettere.

Intende dire che i ribelli non sono poi così amici dell’Italia come vogliono farci credere?

Esattamente. Inoltre la rivolta è stata palesemente appoggiata dall’Inghilterra e dalla Francia, perché erano due Paesi che in Libia facevano pochi affari. Chi faceva gli affari in Libia erano infatti gli italiani, i russi, i cinesi, i turchi, e a Francia e Inghilterra restavano solo le nostre briciole.

(Pietro Vernizzi)







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