La Corte d’Appello inglese ha dato il permesso alla famiglia di Tony Nicklinson di ricorrere in appello contro la decisione della Corte suprema, che il 16 agosto dello scorso anno aveva rifiutato la richiesta di eutanasia dell’uomo che soffriva della sindrome di Locked-in. Tony si è poi lasciato andare rifiutando il cibo ed è morto di polmonite il 22 agosto, ma la famiglia continuerà «a combattere per lui, in sua difesa».
LA STORIA DI TONY. Tony Nicklinson, ingegnere che viveva nella cittadina di Melksham, nell’Inghilterra del sud, è stato colpito da un ictus nel 2005. A causa dei danni cerebrali subiti, i muscoli volontari del suo corpo sono rimasti paralizzati, rendendolo incapace di muoversi e di parlare ma lasciandolo cosciente. Nicklinson, nella sua condizione chiamata “sindrome locked-in”, poteva comunicare con l’esterno attraverso il movimento degli occhi e il battito delle palpebre, una condizione che descriveva come «vivere in un incubo».
LOTTA PER L’EUTANASIA. Per questo aveva chiesto fin dal 2010 di essere ucciso dalla moglie o da un medico, liberandoli da ogni responsabilità. Il 16 agosto 2012 la Corte suprema inglese ha respinto la sua richiesta, non potendo approvare un caso di eutanasia. Dopo la morte di Nicklinson, la sua famiglia ha promesso di continuare a battersi per lui. Giovedì ha ottenuto il permesso di ricorrere in appello contro la Corte suprema aprendo così un caso che potrebbe essere chiave nell’introduzione dell’eutanasia in Gran Bretagna. La moglie di Tony Nicklinson ha dichiarato di ricorrere in appello perché «questa battaglia fa parte dell’eredità di Tony. Noi combatteremo per lui, in sua difesa».