lunedì 11 febbraio 2013



V Settimana del Tempo Ordinario

XXI Giornata Mondiale del Malato

 

Quanti lo toccavano venivano salvati



Lunedì 11 febbraio - Beata Maria Vergine di Lourdes

Dal Vangelo secondo Marco  (Mc 6,53-56)

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli, compiuta la traversata fino a terra, giunsero a Gennèsaret e approdarono.
Scesi dalla barca, la gente subito lo riconobbe e, accorrendo da tutta quella regione, cominciarono a portargli sulle barelle i malati, dovunque udivano che egli si trovasse.
E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicavano di poter toccare almeno il lembo del suo mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati.




 
Spunto di meditazione e di preghiera personale:

"La guarigione": è uno dei temi fondamentali dei Vangeli. Il nostro mondo ha bisogno e necessità di essere guarito, sanato nel corpo e nello spirito.
Oggi come allora ogni famiglia, ogni comunità di persone deve ciclicamente affrontare il tema della malattia, in maniera più o meno grave. Dai disagi giovanili legati a turbe dell’alimentazione, a schiavitù e dipendenze -come droga o alcool o gioco - che minano l’integrità fisica e psichica soprattutto dei giovani, fino a malattie cronico-degenerative, disturbi cardiovascolari, patologie oncologiche... Ma a volte un semplice mal di testa, se frequente o continuato nel tempo e nella modalità di espressione, può minare la stabilità e l’integrità di ciò che noi chiamiamo vita normale.
Immaginiamo quindi ai tempi di Gesù, dove l'aspettativa di vita era molto bassa, i rimedi pochi, così come la diagnosi e la capacità di cura; era quasi assente la chirurgia; le condizioni di igiene scarse o inesistenti e la sottoalimentazione la regola e non l’eccezione. Abbiamo già visto come un semplice disabile poteva essere considerato “un impuro”, un emarginato dalla società civile (e religiosa); lo stesso valeva anche per una malata cronica come l’emorroissa, che abbiamo incontrato nel Vangelo di domenica scorsa. Come lei,  frotte di persone si presentano al Messia, speranzosi nella possibilità di guarigione dopo tutti i segni da Lui compiuti: in una società come quella ebraica, abbastanza vasta nel territorio ma dove il tam-tam di informazione era velocissimo, le persone erano disponibili a partire da lontano pur di ottenere il risultato, la fine della sofferenza.
Ma Gesù ci ha già spiegato che in Lui non c’è niente di magico: a salvarci, a guarirci, non è il toccare le sue vesti, ma è la nostra fede in Lui, il nostro credere che in Lui e solo in Lui c’è salvezza! Credere che Lui è il Figlio di Dio, credere nella Sua Parola di Amore e misericordia, credere che Lui dopo aver creato il mondo ed i suoi abitanti deve completare la Sua creazione in noi, donandoci la speranza della Vita eterna, perché chi crede in Lui, nel Padre e nello Spirito Santo è già parte di quella Vita! Il riconoscere il nostro stato di sofferenza e l’offrire a Dio tutti noi stessi e la nostra capacità di donare anche la sofferenza, ci pongono al Suo cospetto e ci completano nel Suo Amore di Padre.