PILLOLA DEL GIORNO DOPO/ Negri: il compito dei vescovi è comunicare il senso della vita
La Conferenza episcopale tedesca ha detto sì all'utilizzo della pillola del giorno dopo negli ospedali cattolici, solo in caso di stupro e senza possibilità di aborto. Mons. LUIGI NEGRI
C’è una distinzione importante che la Conferenza episcopale tedesca ha fatto nel formulare la decisione di permettere la somministrazione della pillola del giorno dopo, e cioè che la vita umana comincia quando l’ovulo è fecondato e quindi si tratterebbe di intervenire prima della fecondazione stessa, non sopprimendo così una vita umana.
Non saprei dire quanto questa affermazione sia verificabile dal punto di vista scientifico, ma è una distinzione importante perché le connotazioni che sono contenute nella decisione della Conferenza episcopale tedesca sono molto meno devastanti di altre decisioni che avrebbero potuto essere prese. A mio giudizio, però, l’obbiettivo non è sbagliato, bensì sproporzionato.
Mi sembra che di fronte al dilagare dello stupro come possibilità che ormai caratterizza la “civiltà” a livello mondiale, la questione sia: che cosa significa questa assoluta perdita di senso della dignità della persona e il modo di rapportarsi ad essa? E’ questa, innanzitutto, la domanda che sorge in me, come teologo e come pastore.
Si tratta di una violenza che è segno di una profonda diseducazione. Mi chiedo: ai pastori della Chiesa è chiesta una disamina di carattere scientifico, con tutte le approssimazioni che la scienza oggi contiene e ammette, avendo dimostrato l’evoluzione stessa della scienza che vi erano certezze incontrovertibili che poi sono invece state problematizzate, se non revocate?
Mi chiedo inoltre: dobbiamo metterci a prendere decisioni supportate esclusivamente dalla scienza, o non dobbiamo piuttosto andare al vero fondamento del nostro compito, che è essenzialmente educativo?
Non credo tocchi a noi pastori fare questo tipo di interventi specifici e analitici. Credo che tocchi a noi interrogarci sui degradi di carattere morale e sociale che sono la conseguenza della crisi del pensare, dell’agire e del vivere. E’ su quello che noi pastori dobbiamo dare un contributo fondamentale, recuperando così la nostra dimensione educativa.
Una Conferenza episcopale, come è il caso di quella italiana, non è poi un soggetto di magistero. Benché i diritti delle conferenze episcopali siano ancora fortemente in discussione, l’allora cardinale Josef Ratzinger aveva una posizione molto decisa nel riconoscere che nessuna Conferenza poteva espropriare due punti precisi: il magistero del vescovo di Roma e il magistero del vescovo locale. Una Conferenza episcopale può dare indicazione, offrire documenti di lettura della situazione, ma non può, dal punto di vista normativo, disporre nulla.
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