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Mercoledi, 1 maggio 2024 - Misteri gloriosi - San Giuseppe Lavoratore ( Letture di oggi )

San Filippo Neri:Sulpizia Sirleti, una penitente di san Filippo, assistendo un giorno ad una Messa del Santo, lo vide all’improvviso alzarsi da terra circa un palmo e rimanere sospeso in quella posizione. Stupita e per nulla convinta che si trattasse di un fatto miracoloso e soprannaturale, pensò dentro di sé che si trattasse di un intervento diabolico. «Questo padre deve essere spiritato», si disse. Ma quasi subito si riprese e, riflettendo sul suo atto, incominciò a vergognarsi di aver avuto un pensiero così irriverente e decise di andarsi a confessare. Ella stessa ci ha lasciato la descrizione della scena avvenuta al confessionale, e la trascriviamo perché è molto gustosa. “Cominciai racconta Sulpizia Sirleti, a dire a mezza bocca: Padre, ho detto... e poi mi vergognavo a seguitare; allora il beato Filippo mi disse: Balorda, hai mormorato di me, è vero? Ed io risposi: Padre, sì. Ed il beato Filippo disse: Di’ su, che cosa hai detto? Ed io dissi: Padre vi ho veduto alto da terra mentre dicevate la Messa. Ed il beato Filippo rispose subito: Sta’ cheta, mettendosi la mano alla bocca. Ed io dissi che avevo detto nel cuor mio: Ahimè, deve essere spiritato questo padre. Allora il beato Filippo fece un volto sorridente e mi disse: E’ vero, è vero. sì che son spiritato, si che sono spiritato... Così era Filippo. Se veniva a sapere che qualcuno pensava male di lui gli dava piena ragione. Guai invece a lodarlo. Anche quando guariva ammalati con un suo comando o con l’uso di reliquie di Santi e gli altri lo esaltavano, egli se ne lagnava con queste espressioni: Sono un uomo come gli altri. Vogliono anche dire che io faccio miracoli. Ho pregato di continuo il Signore che non operasse miracoli per mezzo mio. Però se ve n’è stati alcuni, si devono attribuire, dopo Dio, non certo a me, ma alla fede di coloro che li hanno ricevuti. Con questi sentimenti di umiltà è chiaro che non volesse sentire parlare di onorificenze. Ma con la fama che godeva ovunque e soprattutto con le amicizie che si era acquistato, anche senza ricercarle, nelle alte sfere ecclesiastiche, le proposte per le massime onorificenze non potevano mancare. Ecco, ad esempio, come venne proposto per il cardinalato. Il Cardinale Ippolito Aldobrandini aveva preso un gusto matto alla compagnia di San Filippo e tutte le volte che i suoi impegni lo permettevano, correva nella stanza del Santo a passare un po’ di tempo in serenità con la più completa familiarità. Pensate se questo Cardinale non faceva insistenze perché l’opera di San Filippo, già riconosciuto come l’apostolo di Roma, avesse un premio, fosse pur solo un titolo onorifico! Difatti, appena eletto Papa, alla prima udienza concessa a San Filippo, gli disse subito: Ora sì che non potrete sfuggire al Cardinalato! Filippo, che non aveva mai voluto sentir parlare di onori, evitò di rispondere e cercò subito una scusa per congedarsi, temendo che il Pontefice, come già il suo predecessore, volesse insistere su quell’argomento. Non mancarono le temute istanze; ma alla fine il Papa, non volendo affliggere inutilmente il venerando amico, non gliene parlò più, anche se grande era il desiderio di innalzare alla porpora quell’umile prete che avrebbe apportato maggior decoro al Sacro Collegio dei Cardinali. I Padri dell’Oratorio, invece, sembra che accarezzassero la speranza che un giorno o l’altro Filippo avrebbe accettato l’onore per il bene della Congregazione. Ma egli era saldo nella sua rinuncia ed insensibile ad ogni più affettuosa e viva sollecitudine degli amici e dei discepoli. La sera stessa che Clemente VIII gli aveva offerto il cappello cardinalizio, si racconta che venne a trovarlo nella sua camera Bernardino Corona, un gentiluomo del Cardinal Sirleto che ora stava al servizio dell’Oratorio e accudiva alle faccende di cucina. Bernardino, gli disse Filippo sorridendo, il Papa mi vuol far Cardinale. Che te ne pare? Bernardino subito gli rispose che accettasse, che sarebbe stato un grande vantaggio, anche per la Congregazione. Ma Filippo, senza neanche lasciarlo finire, Paradiso! Paradiso!... E buttando in aria la sua berretta, continuò tutto allegro: Paradiso! Paradiso! Paradiso!... Questa spontanea e vivace invocazione all’unica, vera e desiderabile gloria che possa far gola ad un vero cristiano, divenne così celebre fra i discepoli di Filippo da essere da quel momento in poi la loro divisa, il loro motto per vincere ogni voce di vanità o di orgoglio nella vita: « Paradiso! Paradiso!... »

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Sappiamo infatti che la legge è spirituale, mentre io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato. (Rm 7,14-25)

Il Vangelo della domenica commentato

Commento al Vangelo della V domenica di Pasqua: Vangelo Gv 15, 1-8: Chi rimane in me ed io in lui fa molto frutto.

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Maggio, mese di Maria

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Atto di affidamento all'Angelo Custode

Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, reggi e governa me che ti fui affidato dalla Pietà Celeste. Amen.