12/03/2013, 00.00
VATICANO
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Messa "pro eligendo pontifice": unità della Chiesa e primato della missione

Ultimo atto prima dell'inizio, oggi pomeriggio, del Conclave. All'omelia il cardinale decano, Sodano, dice che "tutti noi dobbiamo collaborare ad edificare l'unità della Chiesa, poiché per realizzarla è necessaria 'la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro'. Ricorda poi le parole di Benedetto XVI: non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo. Preghiamo perché il futuro Papa possa continuare anche l'incessante opera già svolta dai suoi predecessori per promuovere senza sosta la giustizia e la pace.

Città del Vaticano (AsiaNews) - Unità della Chiesa, prima di tutto, pur nella "diversità di doni", primato della evangelizzazione, ossia del "servizio della Parola" e "servizio d'amore verso la Chiesa e verso l'umanità intera". Missa pro eligendo pontifice, nella basilica di san Pietro, ultimo appuntamento prima che, oggi pomeriggio, cominci il Conclave: sfilano i 115 cardinali "elettori", e anche una quarantina di non elettori, le vesti liturgiche rosse.

Concelebrano tutti e presiede il decano, Angelo Sodano, ultraottantenne, che non entrerà nella Sistina, ma che oggi dà, in qualche modo, conto di quanto emerso nelle 10 Congregazioni generali che fino a ieri hanno visto i cardinali "informarsi", "riflettere" e "discernere" sul compito che è il loro e solo il loro: eleggere il 265mo successore di san Pietro.

In questa logica vanno viste le parole del card. Sodano che, all'omelia, commenta le letture che "ci aiuteranno a comprendere meglio la missione che Cristo ha affidato a Pietro ed ai suoi successori"- Il porporato ha un pensiero anche per "l'amato e venerato Pontefice Benedetto XVI, al quale in questo momento rinnoviamo tutta la nostra gratitudine". Frase lungamente applaudita dalla folla che riempie la basilica.

La prima lettura a dare spunto al cardinale decano è il passo di Isaia che profetizza l'invio di un Messia. "Il compimento di tale profezia - dice - si è realizzato appieno in Gesù, venuto al mondo per rendere presente l'amore del Padre verso gli uomini. È un amore che si fa particolarmente notare nel contatto con la sofferenza, l'ingiustizia, la povertà, con tutte le fragilità dell'uomo, sia fisiche che morali. È nota al riguardo la celebre Enciclica del Papa Giovanni Paolo II "Dives in misericordia", che soggiungeva: "il modo in cui si manifesta l'amore viene appunto denominato nel linguaggio biblico 'misericordia'". Questa missione di misericordia è stata poi affidata da Cristo ai Pastori della sua Chiesa. È una missione che impegna ogni sacerdote e vescovo, ma impegna ancor più il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa universale. A Pietro, infatti, Gesù disse: "Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?... Pasci i miei agnelli" (Gv 21,15). È noto il commento di S. Agostino a queste parole di Gesù: "sia pertanto compito dell'amore pascere il gregge del Signore"; "sit amoris officium pascere dominicum gregem". In realtà, è quest'amore che spinge i Pastori della Chiesa a svolgere la loro missione di servizio agli uomini d'ogni tempo, dal servizio caritativo più immediato fino al servizio più alto, quello di offrire agli uomini la luce del Vangelo e la forza della grazia. Così lo ha indicato Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima di questo anno. Leggiamo, infatti, in tale messaggio: "Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine 'carità' alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. È importante, invece, ricordare che massima opera di carità è proprio l'evangelizzazione, ossia il 'servizio della Parola'. Non v'è azione più benefica, e quindi caritatevole, verso il prossimo che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l'evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana. Come scrive il Servo di Dio Papa Paolo VI nell'Enciclica Populorum progressio: è l'annuncio di Cristo il primo e principale fattore di sviluppo".

Il tema dell'unità della Chiesa viene evocato dalla seconda parte della Lettera agli Efesini, dove Paolo rivolge "un forte appello alla unità ecclesiale: 'Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace'. S. Paolo spiega poi che nell'unità della Chiesa esiste una diversità di doni, secondo la multiforme grazia di Cristo, ma questa diversità è in funzione dell'edificazione dell'unico corpo di Cristo: 'È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo'. È proprio per l'unità del suo Corpo Mistico che Cristo ha poi inviato il suo Santo Spirito ed allo stesso tempo ha stabilito i suoi Apostoli, fra cui primeggia Pietro come il fondamento visibile dell'unità della Chiesa. Nel nostro testo San Paolo ci insegna che anche tutti noi dobbiamo collaborare ad edificare l'unità della Chiesa, poiché per realizzarla è necessaria 'la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro'. Tutti noi, dunque, siamo chiamati a cooperare con il Successore di Pietro, fondamento visibile di tale unità ecclesiale".

Della "missione del Papa" il cardinale decano parla a partire dalle parole di Gesù all'Ultima cena: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati". "Il testo si ricollega così anche alla prima lettura del profeta Isaia sull'agire del Messia, per ricordarci che l'atteggiamento fondamentale dei Pastori della Chiesa è l'amore. È quell'amore che ci spinge ad offrire la propria vita per i fratelli. Ci dice, infatti, Gesù: 'nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici'. L'atteggiamento fondamentale di ogni buon Pastore è dunque dare la vita per le sue pecore. Questo vale soprattutto per il Successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale. Perché quanto più alto e più universale è l'ufficio pastorale, tanto più grande deve essere la carità del Pastore. Per questo nel cuore di ogni Successore di Pietro sono sempre risuonate le parole che il Divino Maestro rivolse un giorno all'umile pescatore di Galilea: 'Diligis me plus his? Pasce agnos meos... pasce oves meas'; 'Mi ami più di costoro? Pasci i miei agnelli... pasci le mie pecorelle!'. Nel solco di questo servizio d'amore verso la Chiesa e verso l'umanità intera, gli ultimi Pontefici sono stati artefici di tante iniziative benefiche anche verso i popoli e la comunità internazionale, promovendo senza sosta la giustizia e la pace. Preghiamo perché il futuro Papa possa continuare quest'incessante opera a livello mondiale. Del resto, questo servizio di carità fa parte della natura intima della Chiesa. L'ha ricordato il Papa Benedetto XVI dicendoci: 'anche il servizio della carità è una dimensione costitutiva della missione della Chiesa ed è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza'.

È una missione di carità che è propria della Chiesa, ed in modo particolare è propria della Chiesa di Roma, che, secondo la bella espressione di S. Ignazio d'Antiochia, è la Chiesa che 'presiede alla carità'; 'praesidet caritati'. Miei fratelli, preghiamo perché il Signore ci conceda un Pontefice che svolga con cuore generoso tale nobile missione".

 

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