04/04/2013, 00.00
COREA
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Corea: La guerra non ci sarà, nessuno vuole una penisola unita

di Joseph Yun Li-sun
Una fonte cattolica che lavora fra Nord e Sud spiega ad AsiaNews: “Cina, Stati Uniti e Giappone sanno molto bene quali sarebbero le conseguenze di un conflitto aperto: milioni di profughi da una parte e un nuovo, temibile concorrente regionale dall’altra. Ma va detto che in Corea del Nord la situazione è più disperata che mai, e messi alle strette possono compiere atti inconsulti”.

Seoul (AsiaNews) - "La guerra, almeno per ora, non ci sarà. Pyongyang sa benissimo che un atto bellico significherebbe, in un modo o in un altro, la fine della propria esistenza". A parlare con AsiaNews è una fonte cattolica che lavora con la Corea del Nord, anonima per motivi di sicurezza. La fine della Corea del Nord significherebbe una Corea unita, che "nessuno vuole. Non la vuole la Cina, perché ha paura di vedersi arrivare in casa milioni di esuli che non mollano l'ideologia comunista; non la vogliono gli Stati Uniti, che perderebbero un enorme mercato per la vendita di armi; non la vuole il Giappone, che teme una concorrente ancora più agguerrita". 

D'altra parte, spiega ancora la fonte, "lo status quo è stato creato da quegli stessi attori che, dopo la Guerra di Corea, si sono resi conto di poter trarre degli enormi vantaggi dalla divisione. La sola Pechino possiede la stragrande maggioranza dell'economia nordcoreana, e la parte nord di quel Paese è considerata quasi una provincia cinese. Dal canto suo Washington ha potuto dispiegare qui decine di migliaia di soldati, un avamposto strategico di enorme importanza per l'egemonia nell'Asia-Pacifico".

Nell'ultima settimana il tono delle minacce e della retorica bellica della Corea del Nord è aumentato in maniera significativa. Ieri il governo di Pyongyang ha annunciato di "aver dato l'assenso a un attacco nucleare" contro gli Stati Uniti, e questa mattina ha spostato un missile atomico sulla costa orientale che potrebbe puntare gli Usa. Da parte sua, Washington ha annunciato lo schieramento del sistema anti-missile nelle sue basi di Guam.

I venti di guerra che spirano in questi giorni fra Nord e Sud, aggiunge, "hanno però spaventato anche la popolazione media sudcoreana. Di solito non si lasciano intimorire, sono abituati alle sparate militariste e ideologiche del regime dei Kim. Ma ora l'angoscia si sente anche per strada: il nuovo dittatore Kim Jong-un non è ben conosciuto come suo padre o suo nonno, e la situazione interna di quel Paese è talmente disperata che nessuno più si stupirebbe, nel vedere che preferiscono il suicidio bellico a una lenta morte per inedia".

Un sacerdote di Seoul conferma i timori. Proprio la situazione interna, spiega, "potrebbe portare alla decisione di aprire un conflitto. Kim Jong-un è giovane e non ha il pieno controllo del suo apparato militare, mentre la gente comune muore di fame e i lager si riempiono sempre di più. Il dittatore non vuole perdere il potere e potrebbe decidere che è meglio morire in guerra piuttosto che vedere un colpo di Stato, militare o civile che sia".

 

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