PADOVA

La nuova crociata del sindaco Bitonci:
crocifissi obbligatori in scuole e uffici

Il leghista alla guida della città del Santo fa sapere tramite facebook che regalerà personalmente il simbolo religioso: «E guai a chi lo tocca»

PADOVA

La nuova crociata del sindaco Bitonci:
crocifissi obbligatori in scuole e uffici

Il leghista alla guida della città del Santo fa sapere tramite facebook che regalerà personalmente il simbolo religioso: «E guai a chi lo tocca»

Padova, il primo Consiglio comunale
PADOVA - «Ricordiamoci di mantenere sempre aperti il nostro cuore e le porte di Padova». Così disse Massimo Bitonci solo il 13 giugno, alla festa di Sant’Antonio. Dieci giorni dopo torna alle vecchie crociate leghiste, con un «uno-due anti Islam» piazzato nel giro di 48 ore nella pancia di una città che lo ha votato (col 52%) per «essere ripulita» da criminalità, paure e attacchi all’identità veneta. Prima l’annuncio di togliere dall’anno prossimo all’Associazione marocchina l’autorizzazione all’uso di una palestra per il Ramadan, ieri il ritorno alla difesa del crocifisso. Sulla sua pagina Facebook il sindaco di Padova ha scritto: «Ora in tutti gli edifici e le scuole un bel crocifisso obbligatorio, regalato dal Comune. E guai a chi lo tocca». La notizia è accompagnata da una foto del 2009, quando Bitonci regalò il simbolo della religione cristiana ai residenti di Abano Terme, dove dal 2002 una coppia aveva ingaggiato una battaglia legale per farlo togliere dalla scuola delle figlie. E proprio Massimo Albertin, promotore di quella battaglia insieme alla moglie Soile Tuuliki, è il primo a commentare un ritorno al futuro che suona antistorico anche per il Carroccio. Soprattutto perchè ormai i musulmani rappresentano il 33% degli stranieri presenti in Veneto: sono 166 mila, su un totale di 504.677 immigrati (dati Fondazione Moressa). «Bitonci ha detto di essere il sindaco di tutti, ma già dimostra il contrario — dice Albertin — dà un grande esempio di non senso civico e di occupazione impropria di spazi istituzionali. Nel 2009 aveva affisso manifesti con la foto mia e di mia moglie e la scritta “Wanted”. Ci ha dato dei delinquenti e noi abbiamo dovuto subire, perché si è nascosto dietro l’immunità parlamentare (si è appena dimesso da senatore, ndr)».

La crociata, che ricorda quella intrapresa a Treviso nel 2007 dall’allora sindaco Gian Paolo Gobbo col vice Giancarlo Gentilini nei confronti di un gruppo di islamici privati di ogni spazio di preghiera e costretti a raccogliersi in un parcheggio, impensierisce la Chiesa cattolica. La linea tracciata da Papa Francesco è infatti approntata al dialogo tra religioni e sconfessa rigide imposizioni. «Dobbiamo continuare il percorso di integrazione, nel rispetto reciproco, e non andare allo scontro — conviene don Dino Pistolato, del Patriarcato di Venezia —. Abbiamo compiuto importanti passi avanti, non ha senso tornare indietro, si rischia di accendere o di alimentare conflitti. E comunque quella del sindaco di Padova non è una motivazione religiosa ma ideologica, che crea un pericoloso scontro tra culture e civiltà e a pagare il conto saranno i soggetti più deboli». Sono d’accordo i fedeli di Allah, rimasti spiazzati. Riflette Wael Farhat, portavoce della comunità islamica di Venezia: «Quando scegliamo di venire in Italia sappiamo che troveremo usi, costumi e simboli religiosi diversi e che non dobbiamo contestare. Non siamo a casa nostra, se ci sono i crocifissi nelle aule scolastiche non possiamo toglierli. E’ una questione di civiltà, il culto di un popolo va rispettato, ma è un concetto che presuppone reciprocità. E’ civiltà anche concederci dei luoghi per la nostra preghiera, magari controllabili a tutela della sicurezza di tutti, piuttosto che costringerci a sparpagliarci in gruppetti esposti al pericolo estremisti, sempre pronti ad approfittare del clima di tensione per complottare e fare proseliti. E poi aumentano gli italiani fedeli all’Islam, Credo che non è intelligente osteggiare ma integrare».

Concorda Hassan Darouick, della comunità islamica di Vicenza: «Sono provocazioni che fanno saltare i nervi alla gente: la religione è una cosa, la politica un’altra. Un sindaco non può rischiare di far saltare una comunità per tenersi la poltrona». Scettico il mondo della scuola. Osserva Giancarlo Pretto, segretario padovano dell’Associazione nazionale presidi: «Io sono laico, nel mio studio non c’è il crocifisso, ma rispetto il regio decreto degli anni Venti che lo impone nelle aule. Penso però che un qualsiasi segno di fede abbia bisogno di chiodi interni, non di essere appiccicato ai muri per imposizione. Va liberamente esposto da chi crede, altrimenti diventa un arredo. Sarebbe meglio metterlo a disposizione di chi lo vuole, non lo appenderei a forza dove manca, così come non va rimosso se c’è, non dà alcun fastidio, e lo dico da non credente. Ma trasformarlo in un obbligo non ha senso, come non è necessario diffonderlo in ogni locale, corridoio e ufficio. La scuola è uno spazio laico, frequentato da fedeli di Credo diversi. Allora si potrebbe pensare di esporre anche i simboli delle altre confessioni». Ma Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione (FI), sta con Bitonci: «Il tema dell’integrazione passa per la cultura e la tradizione di un popolo: le nostre sono cristiane e il crocefisso ne è il simbolo riconosciuto. Quanto alla palestra per il Ramadan, il sindaco ha interpretato il mandato elettorale di moltissimi cittadini, preoccupati per la mancanza di sicurezza. E poi finchè non esisterà reciprocità con i Paesi musulmani, penso che in Italia non ci debbano essere moschee o altri luoghi di preghiera riservati all’Islam».

Ma dall’altra parte della barricata politica tira un’altra aria. «Quando mancano argomenti veri, ci si scatena in guerre ideologiche, che oltretutto guardano indietro — attacca Roger De Menech, segretario regionale e deputato del Pd —. Io suggerirei a Bitonci di imporre le regole della convivenza civile, pilastro del cristianesimo. Non basta il crocifisso a lavarsi la coscienza ed è un’assurdità radicalizzare gli scontri, si rischiano effetti dei quali poi qualcuno si dovrà assumere la responsabilità. Noi siamo per un’Italia giusta, accogliente e che rispetti le regole: non facciamo sconti a chi non le osserva, ma scagliarsi a priori contro tutto e tutti è pericoloso». «La strumentalizzazione del crocifisso, insieme al no ai luoghi di preghiera per altre religioni, è uno stile di difesa dei valori cristiani chiusa, formale e divergente da una visione che pone la persona al centro, contro ogni discriminazione »,incalza Gianni Berno, consigliere comunale del Pd. «Il nodo è che le palestre non sono il luogo adatto per pregare — aggiunge Giuliano Altavilla, del M5S di Padova — il sindaco indichi, non fornisca, una soluzione alternativa. Così nega un diritto non solo agli immigrati ma anche agli italiani di fede musulmana».

SONDAGGIO Bitonci: crocifissi obbligatori nelle scuole e negli uffici di Padova. La Chiesa: questa è ideologia, non religione; così si alimenta lo scontro. Chi ha ragione?

(modifica il 26 giugno 2014)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Michela Nicolussi Moro
COMMENTA
notizie correlate
multimedia

PIÙletti del Veneto

Leggi i contributi SCRIVI

 

voto data

carica altri contenuti
Pubblicità
Vivi nordest
Concorso Obiettivo Italia TUTTE LE FOTO

:

Autore:

Guarda e vota le foto più belle della tua regione.
Partecipa anche tu al concorso Obiettivo Italia.


Offered by Samsung Fotosociality
FOTOGALLERY

Martellate a ex moglie, poi si uccide

20172 settembre 2017

Padova, tre morti sulle strade

20174 settembre 2017

Calzedonia, sfilata con Julia Roberts

20176 settembre 2017