Un allenatore pregò Dio. Un altro cantava inni a Budda. Ma solo uno dei due fu punito, l’allenatore cristiano. Questo non è accaduto in uno stato asiatico, ma negli Stati Uniti. Ed è un altro esempio di come la professione aperta della fede cristiana diventi motivo di odio, intolleranza e discriminazione. 


Joe Kennedy, veterano, ex marine, aiuto allenatore a Bremerton, Washington, è stato sospeso perché si è rifiutato di sospendere le sue preghiere post partita sulla linea delle 50 yard. Nei giorni scorsi ha presentato denuncia contro il distretto scolastico, affermando che il distretto non ha punito il coordinatore dell’attacco della squadra, che in modo analogo al suo e sulla stessa linea guidava canti buddisti. Liberty Institute, uno degli istituti legali a difesa delle libertà religiose della nazione, rappresenta Kennedy in questa causa, e sta cercando di ottenere una risposta alla Commissione per le eguali opportunità di impiego. 


“Bremerton School District ha violato i miei diritti al libero esercizio della religione e alla libertà di parola proibendomi l’espressione privata della fede, e agendo in maniera ostile dal punto di vista dell’impiego sulla base della mia religione”, ha scritto Kennedy, che è stato assunto nel 2008. Da allora ha cominciato le sue preghiere dopo partita, ispirato d aun film, “Facing the giants”. Dopo un po’ gli studenti notarono quello che faceva l’allenatore, e cominciarono a unirsi a lui. Fu un movimento spontaneo, senza inviti. 


La scuola però non solo gli proibì di pregare, ma anche di unirsi a preghiere condotte da studenti, e gli vietarono di inginocchiarsi o di chinare il capo nel corso di attività religiose studentesche. Kennedy si rifiutò di obbedire: “Dipende dal fatto di essere un veterano e un marine – ha spiegato -. Credo ancora che l’America sia la terra dei liberi e la casa dei coraggiosi. Ma di recente non ho visto molto di questo. Indietreggiamo continuamente perché qualcuno potrebbe offendersi”. Queste ultime parole hanno un suono stranamente familiare anche qui da noi… “Ma non è questa la via americana. Parliamo di praticare tolleranza e accettazione e diversità ma non lo viviamo”.