Miguel Agustin Pro: la Misericordia di Dio che si spende fino alla fine

Storia del gesuita messicano martirizzato durante la persecuzione degli anni ‘20

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Nei giorni in cui si avvicina la Quaresima e nell’imminenza del viaggio apostolico di Papa Francesco in Messico, fissiamo il nostro guardo sul beato Miguel Agustin Pro, un sacerdote messicano che ha riflesso un raggio luminoso del bagliore che viene da Gesù, luce sfolgorante di vita per tutti gli uomini.
Miguel Agustin Pro nacque a Guadalupe, il 13 Gennaio 1891, da un famiglia numerosa composta da sei fratelli e sei sorelle. Il primo invito a seguire la vita evangelica è avvenuto tramite la testimonianza del padre, un ingenere minerario che portava suo figlio nelle miniere per fargli conoscere il disagio, le difficoltà e i dolori della gente comune. Questo suo stare a contatto con gli ultimi, fece maturare nel bambino una profonda compassione per i problemi della povera gente. In seguito, illuminato dall’esempio di due sorelle, che avevano scelto di abbracciare la via religiosa, all’età di vent’anni. Miguel accettò la volontà di Dio, che lo invitava ad entrare nella Compagnia di Gesù.
A causa della persecuzione nei confronti della Chiesa messicana, il superiore dei gesuiti consigliò ai novizi di lasciare il Messico. Miguel Agustin Pro si recò quindi in Nicaragua, Spagna e Belgio, dove fu ordinato sacerdote nel 1925. L’inquietudine spirituale per la situazione di persecuzione della sua famiglia e della gente della sua nazione era diventata in lui una condizione quasi “endemica” tanto da provocargli un senso di compassione viscerale, a tale punto da creargli problemi di salute. Per questa ragione, dopo circa un anno dalla sua ordinazione, il giovane sacerdote decise di ritornare nel suo paese per essere vicino alla sua famiglia e al popolo messicano, contagiando ogni persona che incontrava nella sua missione con la sua gioia carica di speranza cristiana, celebrando la messa, portando i sacramenti e annunziando con determinazione e coraggio la buona novella del Vangelo.
Tutte queste opere missionarie padre Pro le ha compiute malgrado le sue precarie condizioni di salute. La creatività dei suoi travestimenti per nascondere la sua missione di sacerdote agli organi di controllo dello stato messicano, e il suo grande amore per il Dio e per il prossimo, lo hanno condotto ad arrivare alle periferie del suo popolo appesantito dal dolore e dalla tribolazione per la persecuzione. Pro iniziò ad essere controllato dalla polizia, poi venne condannato alla pena capitale con la falsa accusa di avere partecipato all’attentato contro un generale. L’accusa nacque da una finta motivazione: aver posseduto in passato una macchina che era stata utilizzata dagli attentatori. Fino agli ultimi istanti della sua vita, Pro ha continuato a tenere il crocifisso in una mano e il rosario nell’altra.
Pochi istanti prima di essere fucilato, Miguel Agustin Pro espresse ai suoi carcerieri il desiderio di avere del tempo per pregare. Nelle vicinanze del muro usato per accostare colui che sarebbe stato fucilato da una scarica di proiettili, Miguel Agustin Pro si inginocchiò per terra, accettò nel suo cuore quella situazione come espressione della volontà divina, poi si alzò in piedi, distese le braccia a croce, si preparò a morire perdonando i suoi assassini e gridando con voce forte: “Viva Cristo Re”.
Era il 23 novembre 1927. Al suo funerale parteciparono circa ventimila persone che lo consideravano un martire della Chiesa ancor prima della sua beatificazione, che avvenne il 25 settembre 1988, sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II.
La vita di Miguel Agustin Pro è davvero un compendio della vita cristiana: l’insegnamento cristiano, fatto di parole e della testimonianza familiare, ha infiammato il suo cuore, mantenendo sempre viva ed accesa la fiamma della memoria verso i suoi familiari e il suo popolo.
L’amore verso i suoi compatrioti è stata una componente essenziale della vita di questo grande beato: l’essere testimone di vicende di oppressione verso gli uomini e le donne del suo paese è stata la risposta alla chiamata di Dio a servire la gente della sua nazione, malgrado l’opposizione del governo e le sue deboli condizione di salute.
Questo esempio di santità e di amore per il proprio paese è un faro illuminate per tante nazioni del mondo. Basti pensare alla situazione di tante nazioni come la Siria, l’Iraq, la Libia, la Cina, la Corea del Nord e tanti altri paesi dove i cristiani vengono perseguitati a causa della loro fede. Alcuni decidono di lasciare il loro paese, ma vi sono tanti missionari che continuano a rimanere in quei luoghi, rischiando quotidianamente la loro vita per amore a Cristo e alle persone più povere, abbandonate e sofferenti. Tanti martiri continuano anche oggi ad essere barbaramente uccisi a causa della loro fede cristiana. Il loro zelo pastorale e l’intrepido coraggio della loro missione sono una testimonianza poco diffusa dai mezzi di comunicazione ma molto apprezzata dal popolo cristano, il quale riceve entusiamo e coraggio per affrontare le sfide della propria vita.
Nei continenti europeo e americano assistiamo a diverse forme di persecuzione che puntano a sradicare i valori cristiani dalla società, svuotando la persona della pienezza della sua umanità e privandola della dignità umana, la quale è il cardine del suo essere creato ad immagine e soomiglianza con Dio.
In questo triste contesto sociale diventa essenziale formare, promuovere ed accompagnare figure come Miguel Agustin Pro, le quali possono dirigere i loro sforzi verso un impegno di evangelizzazione, incarnare un autentico sostegno materiale e spirituale, e offrire quella vicinanza carica di fraternità cristiana e solidarietà umana.
L’epilogo della vita di Miguel Agustin Pro è una testimonianza autentica e credibile. L’impegno sino alla fine, anche quando si rende necessario dare la propria vita, è quel seme di verità, di carità e di santità che può far risvegliare dall’incredulità, la nostra società, troppo spesso adagiata sulle comodità, ingannata dall’arrivismo e dal consumismo, incantata dall’autosufficenza e assopita dal desiderio di eternità.
Quando l’uomo non alza gli occhi al cielo per meditare sulla sua origine, sul senso della propria esistenza e sul suo destino finale dopo la morte, si inceppa il motore della propria vita e si perde il dinamismo della carità, della comprensione, del perdono, della bontà e dell’affetto che sono i segni distintivi e caratteristici della nostra somiglianza con Dio.

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Osvaldo Rinaldi

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