«Siamo molto più avanti della stepchild adoption che volevano riconoscere in Italia» hanno detto le due mamme. Si tratta di Giuseppina La Delfa, fondatrice ed ex presidente di Famiglie Arcobaleno, e della moglie Raphaelle Hoedts. La Corte d’Appello di Napoli ha ordinato ieri la trascrizione di due sentenze del tribunale civile di Lille nelle quali veniva riconosciuta l’adozione incrociata dei due figli delle donne (nati biologicamente da ciascuna delle due).
PURE IL RISARCIMENTO. Le due signore, entrambe di 53 anni, si erano sposate Oltralpe, ma sono residenti in provincia di Avellino e i Comuni di residenza, Serino e Santo Stefano del Sole, si erano rifiutati di trascrivere i certificati di nascita dei due bambini. Facendolo, infatti, avrebbero dovuto riportare sui documenti la doppia maternità.
Dopo che, già l’anno scorso, in seguito a un loro ricorso, la stessa Corte d’Appello aveva riconosciuto come valido il loro matrimonio, ora ha riconosciuto anche l’adozione. Non solo: i giudici hanno condannato i Comuni a pagare un risarcimento di cinquemila euro, e «questo – ha dichiarato Maria von Kaenel, presidente di Nelfa – servirà da monito per altri che volessero agire in modo discriminatorio contro le famiglie arcobaleno». La sentenza ha effetto immediato, ma l’amministrazione locale potrebbe fare ricorso in Cassazione.
E LA POLIGAMIA? Esultano, dunque, le associazioni lgtb, mentre la deputata Eugenia Roccella (Idea) fa notare come «si susseguano le sentenze della magistratura che non sanzionano le coppie che hanno fatto all’estero la pratica dell’utero in affitto, e quelle che riconoscono in varie forme l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, sia con la stepchild adoption, che consentendo trascrizioni di adozioni non permesse in Italia ma effettuate all’estero. Una tendenza che dimostra come l’accordo Renzi-Alfano sul comma 20 della legge sulle unioni civili abbia la vera finalità di lasciare aperto il varco per la magistratura per introdurre la stepchild adoption per coppie omosessuali attraverso sentenze, evitando di assumersene la responsabilità politica. Ma se si stabilisce che quello che è reato in Italia, se fatto all’estero, non solo non è punibile, ma va legittimato purché fatto seguendo le leggi del paese dove è consentito, allora ci aspettiamo che la magistratura, con gli identici criteri, ammetta per esempio il riconoscimento del matrimonio poligamico per gli immigrati di religione islamica, in nome del legittimo ricongiungimento familiare in Italia».
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