Negli ultimi quindici anni nel nord della Nigeria e nella cosiddetta Middle Belt sono stati uccisi un numero compreso tra i 9mila e gli 11.500 cristiani. E si tratta di una stima prudente. A partire dall’anno Duemila almeno 1,3 milioni di cristiani sono diventati sfollati interni od obbligati a trasferirsi altrove; 13mila chiese sono state distrutte o costrette a chiudere i battenti; migliaia di attività economiche, proprietà e case di cristiani sono state distrutte. Sono cifre agghiaccianti quelle contenute nel rapporto “Crushed but not Defeated” stilato dall’organizzazione Open Doors/Porte Aperte, pervenuto all’agenzia vaticana Fides.

A causa delle violenze, afferma il rapporto, in alcune aree della Nigeria del Nord, “la presenza cristiana è stata virtualmente cancellata o consistentemente diminuita, mentre in altre aree il numero di fedeli nelle chiese è cresciuto a causa del flusso di cristiani in fuga dalle violenze e da un certo numero di musulmani convertitesi al cristianesimo”.

Le conseguenze, va da sé, sono devastanti anche sul piano della convivenza. “In aggiunta – avverte lo studio -, la coesione sociale tra musulmani e cristiani è stata messa in pericolo. La reciproca fiducia è sostanzialmente scomparsa; cristiani e musulmani sono diventati gruppi sempre più separati e distinti, raggruppati in periferie, quartieri o specifiche aree rurali”.

Con buona pace delle promesse del presidente federale Muhammadu Buhari (e dei suoi predecessori) il quale aveva assicurato che entro al fine del 2015 Boko Haram sarebbe stato estirpato e sconfitto per sempre.

Certo, l’etnia, il conflitto politico e la lotta per lo sfruttamento delle risorse sono cause note della violenza in quest’area, ma il dossier allarga il campo. Si possono trovare, ci informa il documento, sfumature religiose, economiche e sociali allo stesso tempo. Gli elementi della violenza specificatamente mirata contro i cristiani nella Nigeria del Nord sono collegati da un comune denominatore religioso: la difesa degli interessi dei musulmani del nord, la loro identità e la posizione dell’islam.

Sottolinea il rapporto: “Non solo islam radicale (Boko Haram ne è l’esempio più noto, ndr), ma anche allevatori musulmani Hausa-Fulani e l’élite musulmana politica e religiosa del nord sono attori principali della violenza che mira a colpire la minoranza cristiana”.

Eppure, nonostante tutto, c’è ancora un’ampia presenza cristiana nella Nigeria del Nord. La Chiesa di questa regione – osserva il rapporto - dovrà cercare di non chiudersi in se stessa, operando per la giustizia, la pace, la riconciliazione condividendo le proprie risorse per il bene di tutti. Impossibile, senza l’aiuto della comunità internazionale.

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