Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
INTERVISTA: TOMASZ PRZESŁAWSKI

Il giudice: "La Polonia non viola lo stato di diritto"

La Polonia è nel mirino dell'Ue soprattutto per la riforma della magistratura, che prevede un potenziamento del controllo sui giudici. Per l'Ue ciò mina l'indipendenza dei magistrati. La parola a Tomasz Przesławski, giudice supremo, che invece difende la riforma

Esteri 10_02_2020
Tomasz Przesławski

Da tre anni la Polonia è nel mirino dell’Ue, a causa della sua riforma della magistratura. L’ultima riforma ha introdotto un organo interno alla Corte Suprema, la Camera Disciplinare, che ha il potere di giudicare i giudici. In sede Ue, il sospetto è che il governo conservatore di Varsavia, introducendo questo tipo di controllo sui giudici, abbia violato il fondamentale principio democratico della divisione dei poteri, limitando l’indipendenza della magistratura. Una condanna formale europea non c’è, ma la pressione mediatica contro la riforma, anche nella stampa italiana, è molto forte. La maggioranza dell’attuale Parlamento europeo vuole che partano le sanzioni. Il 16 gennaio, con 446 voti favorevoli, 178 contrari e 41 astensioni, il Parlamento di Strasburgo ha approvato una risoluzione in cui afferma che quanto la Commissione europea e il Consiglio Ue hanno fatto finora per il rispetto dello stato di diritto in Polonia (assieme all’Ungheria, esaminata nella stessa risoluzione) non è stato sufficiente a indurre questo Stato membro a riallinearsi ai valori fondanti dell’Unione.

Ma davvero la riforma della magistratura in Polonia è contro lo stato di diritto e i valori fondanti dell’Ue? Lo abbiamo chiesto direttamente al dottor Tomasz Przesławski, giudice supremo che presiede la Camera Disciplinare della Corte Suprema, l’organo che è nel mirino dell’Ue. La Commissione Europea, prima del voto del Parlamento, aveva infatti chiesto alla Corte di Giustizia europea di ordinare a Varsavia di sospendere le funzioni della Camera Disciplinare, ritenendola non conforme al principio di divisione dei poteri.

Dottor Przesławski, ci può spiegare brevemente in cosa consiste la riforma della giustizia in Polonia?

Tra tutti i settori della vita sociale in cui le riforme si sono rese necessarie dopo il rovesciamento del comunismo, il sistema giudiziario è tra i più trascurati. Purtroppo i cittadini non hanno la sensazione che i tribunali si schierino dalla parte degli innocenti e delle vittime. C'è un detto che dice che “si va in tribunale per il giudizio, non per la giustizia”. Per questo motivo la riforma del sistema giudiziario in Polonia mirava a rafforzare la tutela legale delle persone offese e ad accrescere il ruolo dei cittadini nell'amministrazione della giustizia. Il sistema giudiziario deve essere più democratico, trasparente ed efficace. Ovviamente, il raggiungimento di questi obiettivi richiede molti cambiamenti, i cui effetti positivi non sono sempre immediatamente visibili. D'altro canto, è difficile attuare nuovi e più elevati requisiti senza mezzi efficaci di applicazione. È proprio qui che il sistema dei procedimenti disciplinari svolge un ruolo cruciale, che doveva essere snellito per soddisfare gli standard di uno stato democratico di diritto e, allo stesso tempo, soddisfare le aspettative sociali.

Che cosa è la Camera Disciplinare?

È una delle cinque camere della Corte Suprema. Si occupa di casi disciplinari di giudici e pubblici ministeri, e controlla anche i giudizi di avvocati, consulenti legali, notai e ufficiali giudiziari. In caso di infrazione della legge o di violazione della dignità dell’ufficio viene avviato un procedimento disciplinare. Si tratta di un procedimento analogo a un processo penale ordinario, molto simile a quello italiano e di tutti i Paesi che applicano il sistema di civil law (diritto continentale). C'è, naturalmente, l'accusatore e l'imputato che ha il diritto di difesa con tutte le garanzie, come la presunzione di innocenza e la possibilità di ricorrere in appello. Le stesse garanzie sono date agli imputati davanti a tutti gli altri tribunali in Polonia e sono pienamente conformi allo standard sviluppato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Perché i riformatori ritengono necessario questo cambiamento?

I giudici, in quanto rappresentanti della magistratura, dovrebbero sostenere lo stato di diritto e, nel decidere i casi che determinano la sorte dei cittadini, essere guidati dal principio di equità e dalla realizzazione del bene comune. È chiaro che un giudice non può essere quello che infrange questi principi sia nell'esercizio del suo ufficio che nella sua vita privata. Purtroppo queste situazioni si verificano, anche se non sono molte. L'esperienza di oltre un anno di funzionamento della Camera disciplinare dimostra che i reati tipici includono la corruzione, la falsificazione di documenti giudiziari, la violenza domestica, la rissa, la condotta impropria in aula, la violazione del segreto professionale, la guida di un'auto in stato di ebbrezza o senza patente, la frode finanziaria, ecc. Nessuno dubita che tale comportamento debba ricevere una risposta adeguata. Purtroppo, il sistema attuale non è stato in grado di farlo rispettare. Anche gli autori di gravi reati comuni in casi clamorosi e scioccanti potevano contare sulla clemenza. Ciò ha portato a una reazione negativa della società e a un generale degradazione dell'autorità della magistratura e della fiducia nel sistema giudiziario. Lo stesso vale per le altre professioni giuridiche, anche se ovviamente per i giudici questa è la più evidente. I meccanismi della patologica solidarietà professionale dovevano quindi essere sostituiti da un sistema che promuovesse sani obblighi etici.

Come influisce ancora il passato comunista sulla magistratura in Polonia?

Prima del 1989, i tribunali erano uno strumento di uno Stato totalitario. La legge e la sua applicazione erano subordinate agli obiettivi politici del regime comunista. Non c'è da stupirsi, visto che anche la Costituzione, sulla quale i giudici prestavano giuramento, parlava del ruolo guida del partito comunista e dell'amicizia con l'Unione Sovietica. Certo, dopo il 1989 l'ideologia comunista ha cessato di influenzare direttamente i tribunali, ma sono rimaste le stesse persone. A tutt'oggi abbiamo diverse centinaia di giudici attivi, nominati dal Consiglio di Stato durante l'epoca comunista. Ma ancora peggiore è il difetto sistemico – la mentalità morbosa del gruppo ermetico che gode dell'impunità. Da qui il termine popolare “casta”. Alcuni rappresentanti dell'ambiente giuridico contavano sull'“autopulizia” del sistema giudiziario. Ciò si è rivelato impossibile senza significativi cambiamenti strutturali. A seguito dei postulati sollevati nel dibattito pubblico, sono stati fatti tentativi limitati di riforma, ma non hanno portato a risultati. Vale la pena di notare che i cambiamenti sono stati chiesti anche da molti avvocati e giudici stessi, che incitavano ad una revisione fondamentale del sistema di responsabilità disciplinare.

Perché la riforma della giustizia in Polonia ha causato una controversia sulla divisione dei poteri?

 La riforma del sistema giudiziario non pregiudica il principio dell'indipendenza, del controllo reciproco e della cooperazione tra le autorità. La storia polacca non sarebbe stata così profondamente radicata nel determinare il destino dell'Europa di oggi se non fosse stato per il forte radicamento dell'identità polacca nei valori comuni europei come lo stato di diritto, il rispetto reciproco, la ricerca del dialogo e di ciò che unisce. Per molti Paesi, la Polonia è un modello secondo cui si può lasciare il sistema comunista senza spargimento di sangue, dirigendosi verso le riforme e la civiltà dell'Occidente, da cui i polacchi come nazione non sono mai usciti. Tra i fondamenti della cultura giuridica occidentale vi sono l'indipendenza dei tribunali e l'autonomia dei giudici. Ed è stata la libera società polacca ispirata dallo spirito europeo a richiedere riforme che rafforzassero questa indipendenza e autonomia. Questo è un importante contesto sociale e storico per i cambiamenti nel sistema giudiziario.

Perché allora la Corte Suprema polacca ha giudicato che la Camera Disciplinare non risponde ai requisiti dell’indipendenza della magistratura?

Per quanto riguarda la risoluzione delle tre camere della Corte Suprema del 23 gennaio, pochi giorni dopo la Corte Costituzionale ne ha sospeso l'applicazione fino alla risoluzione definitiva del contenzioso sulle competenze tra la Corte Suprema e il Parlamento e il Presidente. È difficile individuare motivazioni razionali per alcuni tribunali critici nei confronti della Camera disciplinare. Le accuse sollevate sono sempre piuttosto generiche e non riguardano in realtà il lavoro della Camera che ho l'onore di dirigere, ma le procedure di nomina dei giudici o varie questioni organizzative. Nel frattempo, la Camera disciplinare della Corte suprema opera sulla base della legge, ne fanno parte dei giudici indipendenti nello svolgimento delle loro funzioni e soggetti solo alla Costituzione e alle leggi. Naturalmente, tutti hanno il diritto di criticare o addirittura protestare nei limiti della legge, ma i tentativi di incitare alla violazione della legge non fanno altro che minare l'autorità della magistratura e creare caos e incertezza. Spero che la Corte costituzionale ponga fine a tutto questo.

Questa riforma è una minaccia allo stato di diritto in Polonia?

Lo stato di diritto ha molti elementi, ma per quanto riguarda la Camera disciplinare, esso sostiene senza dubbio lo stato di diritto e la dignità della professione di pubblica fiducia. Una gestione efficace dei casi disciplinari ha un impatto positivo sulla percezione pubblica della giustizia ed è un bene comune di tutti i cittadini.

Che impatto hanno gli ultimi sviluppi sulle relazioni fra Ue e Polonia?

Il mio compito come giudice di Corte Suprema è principalmente quello di esercitare funzioni giudiziarie e non di commentare i rapporti politici. Posso solo assicurare che la società polacca non solo sostiene in modo schiacciante l'adesione della Polonia all'UE, ma condivide anche i valori derivanti dai trattati europei, compresi quelli relativi al sistema giudiziario. Ecco perché guardo con calma alle azioni della Corte di giustizia dell'Unione europea. Purtroppo, il pubblico riceve spesso informazioni distorte sulle decisioni della Corte di Giustizia dell’Ue. Ciò vale in particolare per la sentenza del 19 novembre dello scorso anno. Contrariamente alle semplificazioni di parte, la Corte di Lussemburgo non ha ritenuto la Camera disciplinare un organo incompatibile con i requisiti europei per i tribunali. Al contrario, ha confermato il diritto inalienabile del Presidente di nominare i giudici e la loro irremovibilità garantita dalla Costituzione, che è fondamentale per le controversie in seno alla Camera.