MaM
Messaggio del 4 agosto 2014:Cari figli, anche oggi gioisco insieme a voi in questo tempo di grazia. Particolarmente gioisco quando vedo così tanti miei figli che sono felici durante questi giorni. Vi invito, cari figli, a pregare durante questo tempo, per la pace. Pregate per la pace, la pace che regni nel cuore dell’uomo. Che mio figlio dimori nei vostri cuori, Lui vi porterà la pace perchè Lui è la pace. Io prego, cari figli, e intercedo presso mio Figlio per tutti voi; perciò perseverate anche voi nella preghiera e non abbiate paura ma continuate a pregare. Grazie, cari figli, per la vostra perseveranza e perchè anche oggi avete risposto alla mia chiamata.

La Confessione

18/09/2023    1589     Vita Cristiana    Confessione 
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Nessun Sacramento è così personale e personalizzato come la Confessione. Ognuno ha infatti un rapporto personale con il Signore e con il Sacerdote, il quale rappresenta il Signore e anche la Chiesa e la Comunità. Senza questo rapporto personale non ha luogo nessuna riconciliazione, nessun perdono. Ecco perché non è possibile confessarsi da soli, ‘direttamente con Dio’, senza l’incontro con la Chiesa. Come il peccato non è mai un fatto privato, così la riconciliazione non è mai un fatto privato, anche se è celebrato nel buio di un confessionale o di uno stanzino: è un Sacramento ‘Celebrato’.

La pratica della penitenza all’interno della Comunità dei credenti affonda le sue radici nei primi secoli del cristianesimo. Nei primi secoli si era penitenti una volta sola in vita. Sembra che S. Agostino non si sia mai confessato dopo il Battesimo e fino alla fine della sua vita. Il problema nei primi tempi era se e come riammettere coloro che, a causa delle persecuzioni, avevano compiuto sacrifici a déi pagani (i ‘lapsi’, i caduti). Vennero istituiti dei veri e propri “ordini di penitenti” che, per tre anni, dovevano compiere un cammino di penitenza con riti e gesti pubblici. Un percorso che si poteva compiere una sola volta nella vita. Nel secolo VII i monaci irlandesi introdussero la confessione “privata” e quindi la possibilità di una reiterazione del sacramento.

Diversi concili, il più importante fu quello di Trento, sono intervenuti sulle forme della penitenza. Un importante appello alla riscoperta della confessione fu fatta dal Papa  San Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000, ed è del 2002 la lettera in forma di “motu proprio” “Misericordia Dei” che interveniva a proposito di alcuni abusi diffusi e richiamava alle tre forme oggi ammesse per l’assoluzione.

L’ultima grande iniziativa della Chiesa a riguardo è stata la Celebrazione del Giubileo Straordinario della Misericordia, nel cinquantesimo Anniversario della fine del Concilio Vaticano II, annunciato dallo stesso Pontefice il 13 marzo 2015, iniziato l’8 dicembre 2015 e concluso il 20 novembre 2016. Quanto è stato grande il cammino della Chiesa nei venti secoli della sua storia!

Sappiamo che il Sacramento della Riconciliazione è un Sacramento che guarisce l’anima e che cancella tutti i peccati dei quali ci si pente sinceramente. Più che suggerire una ‘confessione-lavaggio’ sottolineo la ‘Confessione-Conversione’ ed è così se ogni Confessione diventa una tappa di un cammino di Conversione che dura per tutta la vita. In tal caso ‘confessare’ fa rima con ‘ricominciare’. Infatti è impossibile non ricadere nei nostri peccati specialmente se si è creata una abitudine. In tal caso il brutto non è ‘cadere’, ma ‘restare per terra’, il non rialzarsi. Mi hanno sempre incoraggiato queste parole di Santa Teresa d’Avila: “Ho imparato ad andare avanti rialzandomi sempre subito, dopo ogni caduta.”

Per questo ritengo certamente importanti gli esami di coscienza, ma due cose sono importantissime, essenziali: il pentimento dei peccati e il proposito.

Il pentimento è ben diverso dai ‘sensi di colpa’, che sono a livello psicologico, e che ci prendono quando non perdoniamo a noi stessi di aver fatto certi sbagli: qui c’è di mezzo l’orgoglio e l’amor proprio... vorremmo presentarci sempre ricchi di virtù, ma per noi è una umiliazione il ritrovarci a confessare sempre le stesse colpe, gravi o leggere.

 Sono tre le caratteristiche del pentimento autentico:

1/ La schiettezza.

E’ già un ripudio del male, la schiettezza coraggiosa che denuncia i propri sbagli.  La schiettezza di fronte alla propria coscienza, di fronte a Dio, di fronte al confessore, è una garanzia molto forte che la rottura con il male è a buon punto.

 2/ La decisione di staccarsi dal peccato.

E’ anche questo un test molto valido. Si può essere tremendamente sinceri nel confessare il peccato, ma può succedere che non si sia altrettanto sinceri nella volontà di staccarsi da esso.  Le decisioni, per essere valide e sicure, dovrebbero rispondere a queste caratteristiche: essere precise, concrete, proporzionate.

3/ La riparazione.

Se il pentimento è vero e profondo, si ha bisogno di riparare al male che abbiamo fatto. Quando si ripara si ha veramente volontà di distaccarsi dal male.  Naturalmente la riparazione dovrà essere adeguata.  Non si ripara a un adulterio recitando un rosario, a un’ingiustizia facendo un’elemosina.  La riparazione deve ricostituire ciò che è stato distrutto, fare tutto ciò che è possibile fare.

 Qui entra in gioco il Proposito, che, come ho detto, deve essere semplice, concreto, possibile, unico, senza mettere troppa carne al fuoco. È inutile che proponga una cosa faraonica se so già che non riuscirò a mantenerla. Deve essere concreta e semplice... Qui possiamo farci aiutare dal confessore con suggerimenti e proposte personalizzate.

Si tratta poi di verificare quanto questo proposito è efficace, e che cosa manca perché sia risolutivo. Metto senz’altro in conto gli alti e i bassi nel mio cammino, ma il ricordare ogni giorno il mio proposito mi aiuterà a tenere alta la guardia, e, se cado, mi rialzerò prontamente, subito. Questo vuol dire essere decisi e sinceri nella nostra volontà di Conversione.

Il proposito deve essere poi ‘concreto, possibile e semplice’, tanto che non devo fare sforzi di memoria per ricordarmelo. Più sarà ‘semplice, concreto e possibile’, più riusciremo a porre gesti nuovi nella nostra vita. Per questo basta un solo proposito. Lo cambierò quando lo manterrò senza far fatica e senza pensarci su..

Immaginate di dover scalare una montagna. Come potrò arrivare in cima? Passo dopo passo, dividendo i chilometri in  metri e i metri in centimetri. Per questo mi domando: come posso pretendere di arrivare in cima a questo monte solo con un paio di confessioni all’anno e con propositi generici? Anche una confessione mensile dovrà forse essere suddivisa in altri tempi intermedi: quindici giorni? Una settimana? Le confessioni frequenti sono come le visite di controllo, necessarie per verificare l’efficacia di una cura, di un cammino? Qui sarà il confessore a fare la differenza con i suoi suggerimenti semplici, possibili e concreti, senza dimenticare che la Conversione è frutto di una particolare ‘Grazia di Dio’, e non solo dei nostri sforzi, pur necessari per disporci alla Grazia di Dio.

Voglio ora proporre un piccolo esame di coscienza da fare periodicamente per aiutarci a capire quali sono i peccati da confessare e per dare slancio nuovo alle nostre Confessioni. E allora ricordo che noi siamo stati creati per amare e che l’amore ha tre direzioni, che sono poi le tre relazioni fondamentali in cui si gioca la nostra vita: la relazione con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli. E allora mi domando:

Relazione con Dio:

Che posto occupa Dio nella mia vita?

Lo ringrazio per i suoi doni?  Cerco la sua volontà?  Quanto peso ha la mia fede nelle scelte grandi e piccole della vita? Sono fedele alla preghiera personale e comunitaria?  Leggo la Parola di Dio? Mi confronto con i valori evangelici, o decido autonomamente cosa è bene e cosa è male?

Relazione con me stesso/a:

Qual’è il mio più grande desiderio, la paura più forte, la gioia più viva?

Mi accetto per quello che sono?

Lascio che dentro di me abbiano spazio sentimenti negativi?

Ho la tendenza al lamento, a fare la vittima?  Curo la maturazione della mia fede, o la vivo più o meno come all’età del catechismo?

Vivo la mia professione, il lavoro, lo studio, con senso di responsabilità?

Che uso faccio del mio tempo libero?

Relazione con i fratelli:

Dedico del tempo gratuitamente per chi è nel bisogno?  Sono sensibile ai problemi della fame e della pace nel mondo?

Che uso faccio dei miei beni?

Il mio atteggiamento prevalente verso la Chiesa è di obbedienza o di critica?

Vivo la sessualità per quello che è, un dono per l’apertura all’altro e per l’apertura alla vita, o per quello che non è, cioè un godimento egoistico?

Vivo sentimenti di invidia, di rancore verso qualcuno?  Nel mio parlare, tendo a sottolineare le mancanze altrui, a deridere, a umiliare?

Perché occorre chiedere il perdono attraverso la Chiesa? Perché così ha stabilito Gesù. Egli la sera di Pasqua è entrato nel Cenacolo, ha alitato sui suoi Apostoli e ha detto: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. (Gv 20,23)

1- Abbiamo bisogno di sicurezza.

Sì, abbiamo bisogno di sentircele dentro le orecchie, le parole del perdono, per sentirle dentro il cuore.  Spesso abbiamo bisogno di toccarlo con le mani, il perdono, per avere la pace nel profondo: “Va’, ti perdono, non peccare più”.

2- Non è il prete che perdona, è Cristo.  Non è il nostro perdono che ci dà pace, non è il perdono di un uomo che a noi interessa: abbiamo bisogno del perdono di Cristo.  Ma Cristo come fa a parlarci, se non usa un mezzo umano, la Chiesa?  Il prete è delegato di Cristo: presta le parole, ma il perdono lo dà Cristo.

3- Abbiamo ferito anche i fratelli.

Ogni peccato è tradire l’amore di Dio, ma è anche colpire i fratelli.  Nella Chiesa siamo un corpo solo, siamo membra gli uni degli altri.  Se mi pesto un dito, non è il dito solo che soffre, è tutto il mio essere.  Quando uno pecca, colpisce tutto il corpo della Chiesa.  E’ ben giusto che per ottenere il perdono di Dio io chieda perdono a tutta la Chiesa, rappresentata dal sacerdote a cui mi confesso.

Mentre aspettiamo di andare dal Sacerdote, può aiutarci il pregare il Salmo 102.

E’ uno dei Salmi più belli del Salterio per la elevatezza delle idee, per la delicatezza dei sentimenti, per l’eleganza limpida delle espressioni. E’ un inno di lode e di ringraziamento alla bontà misericordiosa e compassionevole di Dio. Il salmista parla alla sua anima e ciò che lo commuove è l’indulgenza di Dio che, come Padre, perdona perché conosce a fondo il cuore dell’uomo.

Sapevamo infatti di un Dio potente e forte, capace di chiamare le stelle per nome. Sapevamo di un Dio potente, operatore di miracoli e di prodigi. Ma non sapevamo di un Dio capace di farsi solidale con l’uomo peccatore in Gesù, capace di cancellare il debito di ogni nostra colpa.

Avviciniamoci ora al Signore e lasciamoci incontrare personalmente da Lui.

Non abbiamo paura di essere giudicati, perché non saremo giudicati, ma amati!

P. Armando Favero O.M.I.


Fonte: ML Informazioni da Medjugorje