Gesù ha detto delle cose assolutamente straordinarie sulla
preghiera di domanda e di intercessione. Le promesse di Gesù
sulla preghiera di domanda sono grandiose, uniche e così forti
che ad un esame non sufficientemente profondo paiono persino
esagerate.
Inoltre non si tratta di poche frasi sparse qua e là
per il Vangelo. No, c’è tutta una completa teologia
della preghiera di domanda e di intercessione, nei Vangeli c’è
un tessuto completo di dottrina intrecciato con fatti ben precisi che
convalidano l’insegnamento di Cristo.
Possiamo raggruppare
in sette punti gli insegnamenti di Cristo sulla preghiera di domanda
e di intercessione.
PREGARE CON FEDE
Gesù chiede prima di tutto la fede. A chiedere siamo tutti
capaci, ma è a chiedere con fede che non siamo capaci. Gesù
dice:
Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo
otterrete “.
(Mt. XXI, 22)
Esaminiamo con cura la
promessa di Gesù. E’ importante vagliare bene le parole,
ed è importante andare ai concetti di fondo che queste parole
presentano.
Gesù insegna che la risposta di Dio è
sicura quando c’è la preghiera piena di fede. E’
la fede la chiave della preghiera.
Chiedere con fede —
insiste Cristo — perché è proprio quello che
quasi sempre manca alla nostra preghiera. Noi chiediamo fin troppo!
ma con troppa poca fede, qualche volta senza fede.
Se spediamo una
lettera ci preoccupiamo moltissimo di mettere francobolli e
indirizzo: tutti sappiamo che cosa accade alla nostra lettera se non
mettiamo nè francobolli nè indirizzo. L’indirizzo
leggibile e i francobolli sono l’elemento essenziale perché
una lettera raggiunga il destinatario.
Ora, è la fede
l’elemento essenziale. Chiedere non basta, come scrivere la
lettera non basta. Occorre chiedere con fede. Questo è ciò
che fa l’essenza della preghiera.
Gesù ribadisce con
una tale insistenza in tutto il Vangelo l’importanza della fede
quasi da stancarci, perché è proprio la fede l’elemento
più difficile della nostra preghiera su cui purtroppo, con
troppa frequenza, sorvoliamo. Per chiedere con fede non basta dir
parole. Per chiedere con fede non bastano pochi minuti.
Per
chiedere con fede ci vuole tutta una riflessione di fondo, tutta
un’atmosfera di intimità con Dio. Per chiedere con fede
ci vogliono convinzioni profonde su Dio e sulla nostra debolezza e
impotenza. Per chiedere con fede ci vuole umiltà profonda.
Di
qui comprendiamo perché Gesù parla tanto di preghiera
di domanda: perché la preghiera di domanda — come ce
l’ha insegnata Cristo — è una p0tente educazione
alla fede. Suppone la fede ed educa alla fede. Chi si abitua ad
eliminare dalle sue abitudini di preghiera le richieste fatte senza
fede, per forza si forma alla fede. Gesù non poteva suggerire
un mezzo così semplice e così perfetto per aprirci alla
fede, un mezzo alla portata di tutti, santi e peccatori, asceti e
principianti.
Gesù non è un teorico, Gesù sa
dove vuole arrivare. La fede deve essere una strada che tutti possono
battere: Gesù ci spalanca davanti una via che tutti possiamo
percorrere fino in fondo se abbiamo un minimo di buona volontà.
Gesù dice chiaro:
Tutto quello che chiederete con fede lo
otterrete “.
Non mette limiti al successo della
preghiera.
Gesù inserisce nel “Padre nostro” la
preghiera per il pane quotidiano e, quando racconterà la
parabola più bella della preghiera, l’amico importuno,
parlerà di nuovo di un po di pane, poi del bambino che chiede
un uovo e un pesce a suo papà, poi mostrerà
l’onnipotenza della preghiera di fronte a qualunque malattia:
la cecità, la lebbra, e di fronte a qualunque miseria
morale.
Anche un delinquente, con la preghiera, si salva; l’ultima
lezione sulla preghiera Gesù la dà sulla croce dove dà
una risposta immediata al buon ladrone che prega per essere
perdonato.
Gesù dice: “tutto “. Tutto significa
tutto. Naturalmente nelle nostre necessità materiali ci sono
dei settori In cui non saremo mai sicuri dell’esaudimento della
nostra preghiera anche se è fatta con fede. Certe croci ci
sono necessarie come il pane! E Dio che ci ama non risponde. L’ha
fatto anche con Gesù quando, al Getsemani, ha chiesto di
essere liberato dall’umiliazione della croce.
Ma ci sono
settori immensi delle nostre necessità in cui sappiamo con
certezza che Dio ci vuole esaudire se preghiamo con fede. Lo vuole
più intensamente di quel che lo vogliamo noi, come: guarire
dai mali dello spirito, da cattive abitudini, da negligenze gravi e
inveterate, dalla pigrizia, dall’egoismo, dall’orgoglio,
uscire, insomma, dai nostri peccati.
Siamo responsabili se
mettiamo limiti all’onnipotenza di Dio, perché Cristo ce
l’ha vietato. Le sue parole sono chiarissime e Marco aggiunge
un particolare prezioso per capire quando è che chiediamo
veramente con fede: Tutto quello che domandate nella preghiera,
abbiate fede di averlo (già) ottenuto e vi sarà
accordato “.
Chiedere con fede è comportar5i con Dio
come con un papà, facendo piazza pulita di ogni titubanza,
perché un papà è... un papà!(Mc. XI, 24)
Il “test” è arduo!
Quando fu chiesto a Catherine Chulman, la grande guaritrice, come
si faceva a chiedere con fede una guarigione, rispose così:
“Non
bisogna guardare al vostro male, ma a Dio! Alzate lo sguardo a Dio,
non immergetelo nel vostro male! Quasi sempre noi non abbiamo fede
perchè il centro della nostra attenzione, quando chiediamo,
non è affatto Dio, ma il nostro problema. Se il problema per
cui preghiamo diventa più importante di Dio, allora è
quasi sicuro che la nostra fede vacilla “.
George
Miiller racconta questa storiella: un ragazzo camminava per una
strada con un grosso bagaglio. Vide passare un carretto vuoto, si
fece coraggio e chiese al conducente di salire. Il brav’uomo
accettò. Dopo un po di strada il ragazzo pensò:
il
padrone del cavallo è stato così buono con me che io
non voglio stancargli troppo il cavallo. Allora, senza scendere, si
mise sulle spalle il grosso fagotto che aveva...
Mùller
dice che sovente, quando abbiamo affidato a Dio un problema, noi ci
comportiamo scioccamente così! Continuiamo a portare il peso
del nostro fardello sulle spalle.
No! Un problema affidato a Dio
non va più toccato, questo è fede!
Quando pregate
comportatevi come se aveste già ottenuto quello che avete
chiesto e vi sarà dato.
PREGARE CON COSTANZA
Gesù ha detto:
Chiedete e vi sarà dato, cercate e
troverete, bussate e vi sarà aperto “
(Le. XI, 9)
La
costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel
pregare, quasi sempre è perché che Dio ci può
esaudire.
La costanza è espressione di speranza. Quando
siamo tenaci nel chiedere, quasi sempre è perché
speriamo che Dio risponderà. La costanza, quasi sempre, è
espressione di buona volontà, quindi di amore. Ma qualche
volta Dio ritarda a rispondere. I ritardi di Dio nell’esaudirci
sono molto importanti perché maturano i problemi e ci maturano
ai problemi, fanno crescere nell’umiltà e nell’abbandono
in Dio, fanno tirar fuori la nostra parte di collaborazione nelle
cose che chiediamo, ci danno spesso luce nuova sulle nostre
responsabilità, ci allenano alla buona volontà,
rafforzano la fede. Si racconta che Lutero aveva pregato tanto per la
salute di un caro amico, Filippo Melantone. Vi sto che la malattia
perdurava, si mise a pregare così: “Signore, io non
posso più credere alla tua bontà e alla tua onnipotenza
se tu non guarisci Filippo “. Il malato guarì, ma più
di tutto aumentò la confidenza in Dio di Lutero e il suo
abbandono in Lui.
Non è Do che ha bisogno di insistenza,
siamo noi che ne abbiamo bisogno, per guarire appunto da ciò
che impedisce a Dio di venirci incontro. Dobbiamo guarire dalla
nostra superficialità nei problemi, dalla nostra irriflessione
e dalla poca profondità della nostra fede. Sovente è
dall’orgoglio che dobbiamo guarire: abbiamo bisogno di
convincerci che siamo nulla senza Dio; spesso è solo Io
scontro con la nostra impotenza che ci aiuta a guarire. L’amico
importuno è la più bella parabola di Gesù sulla
costanza nella preghiera.
CHIEDERE AL PADRE NEL SUO NOME
Gesù insiste nel far chiedere al Padre nel suo Nome. Gesù
torna spesso su questo tema. Occorre certamente dargli importanza.
La Chiesa l’ha sempre fatto. Non c’è preghiera
liturgica importante che non segua questo suggerimento dato da Gesù:
rivolgere la preghiera al Padre nel nome di Gesù.
Ma è
importante anzitutto chiederci qual è il significato esatto
del pensiero di Gesù. Ecco i principali testi in cui Gesù
insegna a pregare nel suo nome.
Non voi avete scelto me, ma io ho
scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete
al Padre mio nel mio ve lo conceda “. (Gv. XV, 16)
“In
verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa
al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete
chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete perché la
vostra gioia sia piena “. (Gv. XVI, 23)
In verità,
in verità vi dico: anche chi crede in me compirà le
opere che io compio e ne farà di più grandi, perché
io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio 1a farò,
perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete
qualcosa nel mio nome, io la farò “. (Gv. XVI,
12)
...verrà il giorno in cui non vi parlerò più
in similitudini... In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi
dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama
poiché voi mi avete amato e avete creduto che io sono venuto
da Dio “. (Gv. XVI, 25)
Dall’esame di questi
testi e dal loro contesto si può dedurre che pregare nel nome
di Gesù può avere questi significati: con la forza di
Gesù, per comando di Gesù, per l'autorità di
Gesù, nella persona di Gesù, inseriti in Gesù,
rivestiti di Gesù, per la mediazione di Gesù. Perché
questa importanza di pregare nel nome di Gesù è sempre
stata capita dalla Liturgia e noi, invece, facciamo fatica a capirla
e siamo così poco abituati a seguire questo consiglio di
Cristo quando preghiamo? C’è certamente di mezzo la
nostra grande ignoranza e leggerezza.
Perché siamo fratelli e figli
Finché la realtà del Padre è una realtà
tanto sfumata per noi, che si riduce ad una parola e niente più,
è naturale che non capiremo il bisogno di pregare uniti a
Gesù, inseriti in lui, nostro fratello.
Ma quando capiremo
e vivremo l’insegnamento di Cristo che Dio ci è
veramente padre e noi, per Gesù, siamo veramente figli, allora
vedremo tanto logico presentarci a Lui come veri figli, uniti a
Cristo, il Figlio unico, la gioia del Padre.
Quello che Cristo chiederebbe
In verità, in verità vi dico: se chiedete qualche
cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà “. (Gv. XVI,
23)
Dopo l’introduzione solenne, che ha il significato: “ve
lo giuro! “, c’è una affermazione chiarissima di
Cristo. Sembra quasi che Cristo voglia intendere: “Su, provate,
vedrete l’efficacia, vedrete la potenza di pregare nel mio
nome, uniti, incorporati a me “.
La prima cosa che balza
all’evidenza è questa:
pregare il Padre uniti,
incorporati a Cristo esige anzitutto profondità di rapporto
con Cristo e ciò fa già escludere ogni leggerezza e
futilità dalla nostra richiesta.
Uniti, incorporati a
Cristo significa almeno questo: avere la mentalità di Cristo,
avere le visuali di Cristo, avere l’amicizia di Cristo e quindi
chiedere quello che Cristo chiederebbe, non altro, e chiedere come
Cristo lo chiederebbe.
Ecco perché è tanto efficace
la preghiera al Padre nel nome di Gesù, perché è
come dire: “Padre, ti prego con la bocca di Cristo, col cuore
di Cristo, col pensiero di Cristo, con la confidenza di Cristo “.
La
prima conclusione da trarre allora è questa:
per pregare il
Padre nel nome di Gesù occorre tanta interiorità, non è
un gioco di parole.
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome,
chiedete... “.
(Gv. XVI, 24)
E’ proprio una novità
che ci ha portato Cristo. Potremmo dire, è ciò che fa
“cristiana” la preghiera.
I non cristiani pregano
soli, noi no, mai! Noi, quando preghiamo, siamo sempre sprofondati in
Cristo e uniti, attraverso Cristo, a tutti gli uomini di buona
volontà. Per questo, quando Cristo ci mette sulle labbra il
“Padre nostro “, fa dire una preghiera tutta al
plurale.
Dobbiamo renderci conto della novità portata da
Cristo e vivere la preghiera nuova, di marca “cristiana “.
Gesù ci invita a sperimentare. Ubbidiamogli dunque.
Confrontiamoci con una preghiera che viene dalla nostra solitudine e
poi con la preghiera unita e radicata completamente in Cristo e
capiremo la differenza abissale, assoluta che c’è tra le
due preghiere: sono come due mondi opposti.
Perchò la vostra gioia sia piena
Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena
“.(Gv. XVI, 24)
Gesù sembra dire: è per
effondere sulla terra una gioia piena che sono venuto ad insegnare un
modo nuovo di pregare. Perché Cristo è molto
interessato al problema della nostra gioia, al problema della
felicità dell’uomo. Il peccato è il primo ladro
della nostra gioia. L’egoismo, l’orgoglio, la debolezza,
le abitudini sbagliate, ecco le grandi, continue insidie della nostra
gioia. Bene, ci dice Cristo, provate a pregare nel mio nome: voi
farete piazza pulita di tutte le miserie che amareggiano nel profondo
la vostra vita.
Naturalmente, allora, viene da chiederci se è
veramente la soluzione radicale dei nostri problemi il pregare nel
nome di Gesù.
Forse Gesù allude a qualcosa di più
profondo, che alla prima lettura non appare. Sì, Cristo,
dicendoci di pregare nel suo nome, forse intende dire:
pregate
come vi ho insegnato io e con me, poi vedrete l’efficacia della
vostra preghiera. Chiedete, otterrete!
Insomma, ancora una
volta Gesù ribadisce che la preghiera può tutto: non è
questa la massima gioia per l’uomo sapere che non esistono
problemi insuperabili per lui, perchè la potenza di Cristo è
a sua continua disposizione attraverso la preghiera fatta con lui?
Potenza della fede
Anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne
farà di più grandi “. (Gv. XIV, 12)
La Fede
rivoluzionerà il mondo. Il destino che è davanti
all’uomo è straordinario: con la fede l’uomo sarà
capace di superare persino ciò che ha fatto Cristo.
Sì,
lo intravediamo già! Con la fede gli uomini hanno portato la
salvezza ben più lontano di quello che era riuscito a fare
Cristo, ad entrare in ambienti ben più ostili del mondo
giudaico, a giungere a certi popoli che Cristo, in vita, non nominò
mai, ad entrare e a rivoluzionare intere civiltà.
Con la
fede, per la fede milioni di martiri han dato la vita mentre, al suo
tempo, Cristo solo si era sacrificato e tutti gli intimi erano
fuggiti. Con la fede sono stati fatti sulla terra miracoli ben più
grandi e di proporzioni ben più vaste dei miracoli operati da
Cristo nella Palestina: basti pensare a tutti i movimenti di carità
che sono nati nella storia dopo Cristo.
E sarà sempre
così... perché chi crede in Cristo ha la promessa di
Cristo di fare anche di più di Cristo. Perché? “Perché
io vado al Padre “. Perché attraverso la sua
risurrezione Cristo ora è qui vivo e operante in tutti gli
angoli della terra, operante in qualunque situazione umana. E’
sempre a disposizione dell’uomo, se l’uomo lo vuole:
“qualunque cosa chiederete, la farò “.
Chiedere anche a Cristo
Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò “.
(Gv. XIV, 12)
Qui, “nel mio nome” ha certamente una
sfumatura in più che bisogna scoprire. Qui, probabilmente,
intende dire: qualunque cosa chiederete a me, basandovi sulle mie
promesse e ubbidendo a ciò che vi ho insegnato sulla
preghiera, io la farò. E perché la realtà fosse
ben avvertita, Gesù ribadisce una seconda volta: “Se
chiederete qualcosa a me, ne.? mio nome, io la farò
“.
Chiedere a Cristo è come chiedere al Padre,
insegna Gesù. Ma occorre chiedere come ha insegnato Cristo.
Sembra che Gesù alluda soprattutto alla fede, infatti tutto il
contesto è sulla fede.
In parole povere Gesù forse
ci vuol dire: se mi pregherete poggiandovi su quello che vi ho
insegnato, state certi, risponderò. Vi ho dato garanzia che se
pregate con fede, il Padre risponderà: perciò quando mi
pregate con fede, anch’io risponderò prontamente. E la
mia risposta sarà la gloria del Padre, il Padre sarà
felice di questa intimità profonda tra me e voi.
Il nulla-osta di Cristo
Chiedere nei nome di Gesù implica certamente ancora un
altro significato. Prima di presentare al Padre le nostre richieste
dobbiamo premunirci di avere un nulla-osta, quello di Cristo.
Ci
sono richieste a cui ben difficilmente Cristo darebbe il suo
consenso. Ci sono invece problemi che stanno tanto a cuore a Cristo,
che Cristo sarebbe disposto a firmarli col suo sangue. Quando, in una
richiesta al Padre, sono sicuro dell’appoggio incondizionato di
Cristo, allora devo partire con una fede che infrange le
montagne.
Abituiamoci a scandagliare le nostre preghiere così:
Cristo chiederebbe questo per me? con me? Cristo approverebbe,
passerebbe la mia preghiera?
Dà grande slancio di fede la
consapevolezza di pregare secondo il cuore di Cristo. Ci sono poi
problemi su cui Cristo ha tanto insistito, come l’unità
della Chiesa, la carità tra di noi: allora presentiamoli al
Padre quasi come delegati di Cristo.
Così Cristo non
darebbe il suo nulla-osta quando chiediamo senza collaborare
seriamente con Dio, senza fare la nostra parte: come approverebbe
Cristo la richiesta di liberarci da una cattiva abitudine o da un
vecchio difetto quando noi non alziamo un dito per
combatterlo?
Cristo non mette il nulla-osta sulle preghiere
magiche, Cristo lo mette solo sulle preghiere responsabili.
PERDONARE PRIMA DELLA PREGHIERA
Gesù ci chiede di presentarci al Padre col cuore limpido.
La preghiera è l’amore di Dio che ci tocca, ma se il
nostro cuore non è a posto con la carità, Dio non può
raggiungerci. E allora Gesù ha dettato una regola importante
prima della preghiera. Due sono i testi che contengono questo
insegnamento chiaro di Cristo: Quando vi mettete a pregare, se avete
qualcosa Contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre
vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati “.
(Mc.
XI, 25)
Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì
ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il
tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti
con tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono “. (Mt. V,
23)
Gesù insegna esplicitamente che il perdono va
concepito come introduzione alla preghiera, quasi volesse intendere:
indossate prima l’abito della Carità. Sì, perché
quando siamo fuori della carità, abbiamo perduto il vestito di
Dio. Non ha detto che è la carità la divisa, il segno
del cristiano?
Non dobbiamo osare presentarci a Dio con la carità
a brandelli. Gesù ci ha ammoniti di non farlo. E’ come
un rituale di corte, di una importanza pratica eccezionale, perché
è un rituale che, invece di esaltarci, ci tira giù
dalle nuvole e ci fa camminare coi piedi per terra. E’ un
rituale che, invece di segregare e creare una “noblesse “,
fa andare verso i fratelli, quasi ad insinuarci che i fratelli sono
prima di Dio, sono preziosi e importanti come Dio.
Se avete
qualcosa contro qualcuno, perdonate! “.
Non pare così
semplice come Cristo ce lo comanda. Eppure Cristo lo comanda come una
cosa ovvia di cui dovremmo renderci conto prontamente.
Evidentemente
Gesù parla qui di un torto avuto e dice chiaro di dimenticare,
di passarci sopra, di perdonare. Non è facile! Esige
riflessione, esige calma, esige buona volontà, esige un cuore
buono e generoso. Sovente la nostra difficoltà a perdonare
viene da un errore grossolano che facciamo: noi spesso confondiamo il
“sentire” col “volere “.
Gesù
Cristo non si sogna di chiederci di “non sentire “le
offese: è Dio che ci ha fatti sensibili, ma Gesù parla
di volontà di perdono. La volontà di perdono la
possiamo comandare sempre, la sensibilità no; la volontà
di perdono è sempre possibile, la sensibilità ferita
non rimargina sempre e in tutti con facilità e prontezza.
Forse c’è un segno quando abbiamo veramente perdonato:
quando siamo pronti a rispondere a chi ci ha feriti facendogli del
bene. Quando, potendogli fare un piacere, non esitiamo nel farlo.
Quando siamo capaci a controllare la lingua se parliamo di quella
persona. Quando siamo capaci nel segreto, di implorare su di lui la
benedizione di Dio. Se siamo capaci di fare tutto questo, abbiamo
veramente perdonato, possiamo quindi accedere alla preghiera. Perché
anche il Padre vostro perdoni a voi... “.
La preghiera è
esperienza dì Dio, è un accogliere il suo amore. Chi
non ha la carità, non ha il necessario per accogliere il suo
amore: non possiamo attingere ad una sorgente se non abbiamo nulla,
nemmeno le mani per attingere.
Se presenti la tua offerta..,
lascia lì il tuo dono... “.
E’ proprio lo
stesso pensiero di Cristo che continua: prima della preghiera Cristo
ci ordina di avere l’abito di decoro, la carità.
E’
bella la tradizione della Chiesa che, prima dell’Eucaristia, ha
sempre voluto il rito penitenziale e che proprio prima dell’incontro
personale con Cristo, alla comunione, vuole il rito della pace tra
fratelli.
Ma è necessario che non sia un pro-forma, è
necessario vietarci di far teatro. Il rito penitenziale, in linea col
pensiero di Cristo, deve veramente purificarci da tutti i peccati
contro la carità. Ma un esame serio della nostra carità
non si improvvisa. C’è troppo rischio, al rito
penitenziale, di fare un atto farisaico. E allora il rito
penitenziale si fa prima, in privato, prima di avviarci alla
Messa.
“Lascia lì l’offerta... “.
Cioè:
“non avere nessuna premura, intanto non me ne faccio nulla
della tua Messa “ sembra dirci Cristo. C’è
un’altra Messa che ti attende prima di tutto: prima celebra la
Messa col tuo fratello, da’ a lui quello che gli devi dare, il
tuo amore, poi vieni a fare l’altra Messa, quella con me, che è
molto più semplice. La prima Messa, l’amore al fratello,
è il segno che la seconda Messa, l’amore a Dio, è
valida. “Se tuo fratello ha qualcosa contro di te... “.
Siamo
ad un altro caso differente dal primo:
prima si parlava di torto
ricevuto, qui c’è un torto che hai fatto, che devi
assolutamente togliere di mezzo prima di accostarti a Dio.
Se
mettessimo in pratica questi insegnamenti così semplici, così
vitali di Cristo, come sarebbe bella la nostra vita! come sarebbe
vero il nostro rapporto con Dio! come sarebbe forte ed efficace la
preghiera! Ma noi, queste norme sapienti di Cristo prima della
preghiera, le abbiamo buttate alle spalle, non diamo loro importanza
e allora la nostra preghiera continua ad essere farisaica, perciò
inefficace, allo Come sarebbe importante che infilassimo nel nostro
libro di preghiera la nostra “lista nera “. La lista
nera” di tutte le persone con cui abbiamo qualche ruggine o che
noi abbiamo danneggiato e poi, prima dell’Eucaristia, fosse
quella la nostra prima devozione prima di ogni altra ‘devozione:
dare uno sguardo alla lista nera e cancellarla tutta. Come
cambieremmo nel cuore se ci abituassimo a guardare in faccia la
nostra realtà ogni giorno, le nostre durezze, i nostri
egoismi! Si deve confessare che Cristo è veramente un grande
maestro dell’uo.. ra non possiamo mai sperimentare lino in
fondo la potenza della preghiera come ce l’ha presentata Gesù.
mo!
PREGARE CON GLI ALTRI E PER GLI ALTRI
Gesù ha solo insegnato a pregare al plurale. La
preghiera-modello del “Padre nostro” è tutta al
plurale. E’ curioso questo fatto: Gesù ha esaudito tante
preghiere fatte al “singolare “, ma quando lui insegna a
pregare ci dice di pregare “al plurale “.
Ciò
significa, forse, che Gesù accetta questo nostro bisogno di
gridare a lui nelle nostre personali necessità, ma ci avverte
che è preferibile andare sempre a Dio coi fratelli.
A
motivo di Gesù che vive in noi e in cui viviamo, noi non
esistiamo più da soli, siamo individui responsabili dei nostri
atti personali, ma portiamo in noi anche la responsabilità di
tutti i fratelli. Tutto il bene che è in noi, in gran parte lo
dobbiamo agli altri. Cristo perciò ci invita a mitigare il
nostro individualismo nella preghiera. Pregare con gli altri e
pregare per gli altri, prendere a cuore i bisogni dei fratelli e
insieme rafforzare la nostra preghiera individuale con la preghiera
dei fratelli: questo pare un insegnamento specifico di Cristo sulla
preghiera.
Finché la nostra preghiera è tanto
individuali- sta, ha poco contenuto di carità, perciò
ha poco sapore cristiano. E’ una gioia grande la preghiera
purificata da ogni egoismo, ma forse è anche utile precisare
che esistono problemi individuali che hanno una incidenza troppo
profonda sugli altri: per questi problemi Dio vuole certamente che
preghiamo.
La carità, la vittoria sul nostro orgoglio,
il dominio sul nostro egoismo sono problemi che scottano e pesano
molto sulla vita degli altri. Su questi problemi occorre pregare con
molta fede e molta costanza. Ma forse una cosa da imparare è
proprio questa: l’urgenza di farci aiutare nella preghiera dai
fratelli.
Una strana promessa è quella contenuta nel
capitolo XVIII dì Matteo:
“In verità vi dico:
se due di voi, sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque
cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in
mezzo a loro “. (Mt. XVIII, 19)
Gesù ci ha svelato la
potenza della preghiera di gruppo. Il gruppo ha una potenza
particolare di azione su di noi. Anche Gesù, nel momento più
cruciale della sua vita, ha voluto gente con lui a pregare: al
Getsemani sceglie Pietro, Giacomo e Giovanni perché stiano con
lui a pregare.
Il gruppo ha una potenza particolare su Dio e Gesù
ce ne dà il segreto: nel gruppo unito nel suo nome c’è
anche lui presente che prega.
La Chiesa prega sempre al plurale.
La Chiesa non è per la preghiera
individualista:
sull’esempio di Gesù tutte le sue
preghiere sono al plurale. Questo esempio della Chiesa va molto
considerato, infatti è lei la grande maestra della preghiera
dopo Gesù.
Pregare per i fratelli e con i fratelli deve
essere un segno marcato della nostra vita cristiana anche quando
siamo soli a pregare. La Chiesa non sconsiglia affatto la preghiera
individuale, infatti i momenti di silenzio che propone nella
Liturgia, dopo le letture, dopo l’omelia, dopo la Comunione,
stanno appunto ad indicare quanto le sta a cuore l’intimità
di ogni fedele con Dio, ma il suo modo di pregare ci deve far
decidere a mai isolarci dalle necessità dei fratelli:
preghiera individuale sì, ma mai preghiera egoistica. Veniamo
ora ai richiami personali e speciali di Cristo sulla preghiera per
gli altri.
Cristo vuole che si preghi per la Chiesa, Lui l’ha
fatto in modo speciale per Pietro: Simone, Simone, ecco, Satana vi ha
cercati per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te che non
venga meno la tua fede e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi
fratelli “.
L’ha fatto per i Dodici insieme:
(Lc.
XXII, 32)
Padre... io prego per loro.., per coloro che mi hai
dato, perché sono tuoi. Padre, custodisci nel tuo nome coloro
che mi hai dato perché siano una cosa sola come noi... Non
chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno
“.
L’ha fatto per la Chiesa che sarebbe nata da loro,
ha pregato per noi:
“Non prego solo per questi, ma anche
per quelli che per la loro parola crederanno in me “. (Gv.
XVII, 20)
Gesù inoltre ha dato un ordine preciso di
pregare per l’incremento della Chiesa: Pregate il padrone della
messe che mandi operai nella sua messe “. (Mt. IX, 38)
Quando
pregate dite: Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno
“. (Lc. XI, 2)
Gesù ha comandato di non escludere
nessuno dalla nostra preghiera, nemmeno i nemici: Amate i vostri
nemici e pregate per i vostri persecutori “. (Mt. V,
44)
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello
che fanno “. (Lc. XXIII, 34)
Occorre pregare per la
salvezza del mondo. E’ il pensiero di Cristo. E’ il
comando di Cristo: ha messo questa preghiera proprio nel “Padre
nostro” perché fosse la nostra continua preghiera,
“venga il tuo regno “. “Il mondo è disperato
per mancanza di preghiera... come preghiamo per i poveri malati
dobbiamo imparare a pregare per il mondo malato “. (Agnes
Sanford)
I bisogni del mondo devono essere sempre presenti
nella nostra preghiera. Pure, occorre confessarlo, i bisogni del
mondo non ci colpiscono come ci colpisce una disgrazia o una
malattia.
Che mezzo ci può aiutare per esserne più
coinvolti? Agnes Sanford consiglia di pregare in modo appassionato
per i responsabili dell’umanità che hanno in mano le
sorti del mondo. Il motivo è questo: abbiamo bisogno di
concretezza perché la nostra preghiera sia partecipata e viva;
il concentrarla sui responsabili del mondo aiuta di più il
nostro interesse e raggiunge veramente le necessità del mondo.
CHIEDERE IN OGNI NECESSITA’
Gesù non ha insegnato che per alcuni problemi e difficoltà
possiamo pregare e per altri no. Gesù ha espressamente e
ripetutamente insegnato che per qualunque problema possiamo pregare
Dio ed Egli risponderà: Tutto quello che domandate nella
preghiera abbiate fede di averlo (già) ottenuto e vi sarà
accordato (Mc. XI, 24)
“Se due di voi... si accorderanno
per domandare qualunque cosa, il Padre mio ve la concederà “.
(Mt. XVIII, 19)
Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la
farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio “.
(Gv. XIV, 13)
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in
voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato “. (Gv. XV,
7)
Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo
otterrete “. (Mt. XXI, 22)
Vi ho scelti perchè
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga: perché
tutto quello che chiederete al Padre nel nome mio ve lo conceda “.
(Gv. XV, 16)
Non si può negare che sono sconcertanti
queste promesse di Cristo: non si possono mettere limiti alla potenza
della preghiera. Noi saremo tentati di limitare l’ambito della
preghiera alle cose spirituali, ma Cristo non la pensa affatto
così.
Nel libro “Le lettere di Berlicche” di
CS. Lewis il demonio-capo scrive questa raccomandazione al
demonio-apprendista “Tizzone ardente” al riguardo di come
comportarsi con una certa signora che amava molto la preghiera:
“Senza dubbio è impossibile distogliere quella donna dal
pregare, ma noi abbiamo inventato il modo per rendere innocua la
preghiera. Fa’ così: cerca di rendere le preghiere molto
spirituali, convincila che Dio si interessa solo delle cose della sua
anima e non si interessa affatto dei suoi reumatismi... ». Sì,
ha ragione Lewis, è forte la tentazione di relegare Dio sempre
al di là delle nuvole e non permettergli di entrare
nell’intimo delle nostre cose. Ma Gesù ci ha istruiti su
Dio in un modo molto diverso.
Gesù sfida il
razionalismo:
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi?
Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche
i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete
più di molti passeri (Lc. XII, 6)
Dio entra
misteriosamente nell’intreccio della nostra vita e della nostra
libertà. Secondo Gesù, Dio entra nei più piccoli
dettagli della nostra esistenza: conta i capelli del capo!
Gesù
non poteva essere più geniale nel coniare i suoi slogan della
provvidenza. Sono parole che bisognerebbe portare sempre sul cuore e
che bisognerebbe sperimentare con frequenza. Pregare per qualunque
necessità come ci invita a fare Gesù è appunto
far entrare nella verifica della nostra esperienza diretta il suo
insegnamento sulla vicinanza di Dio a noi.
Guardate i gigli del
campo... Se Dio veste così l’erba del campo che oggi c’è
e domani si getta nel fuoco, quanto più voi, gente di poca
fede “.
(Lc. XII, 28)
Dio tesse il vestito al giglio.., e
Dio tesse la nostra vita. Gesù aggiunge: Dio si interessa
tanto del giglio.., che vale poco al confronto di voi! immaginate la
cura che ha di voi? La presenza di Dio permea tutti i nostri atti e
noi viviamo da incoscienti.
Dobbiamo imparare a far entrare Dio
nei meandri della nostra vita e sconfiggere il nostro stupido
razionalismo. E’ difficile, si capisce, perché dobbiamo
lottare contro noi stessi, dobbiamo vedere ciò che non
vediamo, sentire ciò che non sentiamo, dobbiamo credere.
Eppure Gesù ci comanda di fare esperienza della vicinanza di
Dio attraverso la preghiera fiduciosa su tutti i nostri problemi.
Sì,
è duro per il nostro razionalismo dar credito a ciò che
Cristo ci ha insegnato sulla preghiera. Ma Cristo l’ha
insegnato! I santi spesso hanno fatto cose portentose proprio perché
hanno accettato ciecamente l’insegnamento di Gesù. Ma
Gesù non ha parlato per i santi, ha proprio parlato per la
gente di poca fede, cioè per noi. Dunque sperimentiamo almeno
se Gesù ha ragione o no. Verifichiamo le parole di Cristo
attraverso la preghiera fiduciosa. Non ci costa nulla, siamo noi soli
a guadagnare.
Vi dico: per la vostra vita non affannatevi di
quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quel
che indosserete “.
(Mt. VII, 25)
...Non state con
l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente
del mondo, ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno “.
(Lc.
XII, 29)
Non affannarsi! Non stare in ansia! Dio è padre e
ci è vicino in ogni più piccola necessità. Quale
padre tra voi se il figlio gli chiede un pane gli darà una
pietra? o se gli chiede un pesce gli darà una serpe? o se gli
chiede un uovo gli darà uno scorpione? “.
(Lc. XI,
11)
Gesù insinua: volete forse pensare che Dio sia meno
di un buon papà? Chiedete e vi sarà dato! “.
(Lc.
XI, 9)
Sì, sperimentiamo la vicinanza di Dio. E allora
capiremo anche la profondità della pedagogia di Cristo: Gesù
vuole esercitarci nella fede, svegliarci alla fede, farci crescere
nella fede.
La preghiera fiduciosa è il polmone che fa
respirare la fede: ci fa vivere accanto a Dio e fa vivere Dio accanto
a noi, ci sveglia alla sua presenza. Ci apre ad un rapporto
affettuoso, cioè vero, concreto. Noi abbiamo bisogno di far
camminare la fede, di tirarla giù dalla stratosfera: la
preghiera fiduciosa a Dio per tutte le nostre necessità e
preoccupazioni fa proprio questo, fa entrare la religione nei meandri
della nostra vita, la fa passare dal teorico al pratico e ci dà
sicurezza e felicità.
E’ per risolvere i problemi
fondamentali dell’uomo che Gesù ha insegnato a pregare.
Chi impara a pregare impara a vivere “. S. Agostino).
CHIEDERE LO SPIRITO
Si potrebbe dire che tutto ciò che Cristo insegna sulla
preghiera di domanda e di intercessione culmina in una vetta: Cristo
insegna a chiedere al Padre la cosa più straordinaria, insegna
a chiedere la somma di tutti i beni, il Bene infinito, lo Spirito
Santo.
Qua! padre tra voi se il figlio gli chiede un pane gli darà
una pietra? o se gli chiede un pesce gli darà al posto del
pesce una serpe? o se gli chiede un uovo gli darà uno
scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone
ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà
lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”
(Lc. XI,
11)
Rispondiamo anzitutto ad un problema di impostazione:
possediamo già lo Spirito Santo o non lo possediamo? Se lo
possediamo, perché lo dovremmo chiedere?
E’ certo che
in noi, per il Battesimo e la Cresima, vive lo Spirito Santo, ma in
noi e su noi agisce veramente? E’ accertabile dai nostri atti
che siamo posseduti” dallo Spirito Santo? Che siamo “tempio
vivo” dello Spirito? Noi, cristiani battezzati e cresimati, in
che cosa differiamo dagli altri uomini? Ecco il punto. Basta un
minimo di sincerità e dobbiamo dire: viviamo spesso come tutti
gli altri, pensiamo come tutti gli altri, parliamo come tutti gli
altri; la nostra vita è molto pagana e ben poco segnata dalla
presenza dello Spirito, Ecco allora perché Gesù ci
invita ad implorare dal Padre lo Spirito. Il linguaggio umano non si
esprime con precisione, quasi certamente Gesù intende farci
chiedere di aprirci allo Spirito che vive in noi, di ubbidire allo
Spirito, di lasciarlo esprimere in noi profondamente perché lo
Spirito è il principale movente della nostra vita: che Egli
possa così - prendere possesso a poco a poco dei nostri
pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni e noi possiamo
così diventare in tutto degli esseri non più mossi
dalla carne, ma mossi dallo Spirito.
Noi i padroni
Le parole di Cristo ci aprono anzitutto a questa realtà:
siamo noi i responsabili del dono di Dio, noi possiamo avere lo
Spirito o chiuderci a lui, possiamo dire di sì o dire no,
possiamo dare “via libera” allo Spirito in noi o
soffocare la sua azione.
E’ Dio che ci ha voluti così
grandi. E’ una responsabilità che da le vertigini, ma è
un grandissimo dono, perché è proprio per questo che
noi abbiamo la capacità di amare. E’ per il dono della
nostra libertà che noi siamo figli veri, creature cioè
che amano veramente con tutta la potenza della loro volontà,
creature che scelgono Dio mentre potevano non sceglierlo.
Siamo
noi i “padroni dello Spirito “: l’espressione è
talmente paradossale che pare persino offensiva, ma Dio ha fissato
Lui questo tremendo privilegio: di poterci aprire allo Spirito e di
poterlo rifiutare.
Gesù poi ha specificato con precisione
il mezzo per dire sì allo Spirito: la preghiera. Ciò
significa che in qualunque tempo, in qualunque situazione noi
possiamo liberamente ottenere questo dono immenso di Dio.
E’
importante questo: possiamo commettere qualunque errore, ma il
possedere o no lo Spirito è in mano nostra, dipende dalla
nostra preghiera. Gli uomini possono privarci di tutto, ma nessuno
potrà mai privarci della preghiera e con la preghiera noi
abbiamo sempre tutto, perché abbiamo Dio, abbiamo lo Spirito.
Possono esserci situazioni catastrofi- che intorno a noi, ma nessuna
catastrofe ci toglierà mai la possibilità di pregare,
quindi la possibilità di possedere Dio.
Avere tutto
Possedendo lo Spirito possediamo tutto, perché possediamo
Dio; chiedendo lo Spirito chiediamo tutto, perché chiediamo
Dio. Non esiste un’altra preghiera di ampiezza così
smisurata come questa.
Abbiamo bisogno di umiltà? Chiediamo
lo Spirito, è ben più che chiedere l’umiltà:
è avere il costruttore di tutta la vita cristiana in noi.
Abbiamo bisogno di carità? Chiedere lo Spirito è
chiedere ben di più della carità: lo Spirito è
la carità infinita personificata. Siamo fiacchi nella
preghiera? Sentiamo che dovremmo chiedere più amore alla
preghiera? Ma chiedere lo Spirito è chiedere nient’altro
che il maestro in persona della preghiera. Non c’è
preghiera che possiamo rivolgere al Padre così profonda come
il chiedere lo Spirito.
Quando? Come? Dove?
In qualsiasi
momento la preghiera è possibile, perciò in qualsiasi
momento possiamo avere accanto a noi lo Spirito. Ci sono momenti
molto gravi nella vita in cui si decide tutta la nostra esistenza;
sono quelli i momenti privilegiati in cui possiamo avere accanto a
noi Io Spirito per vedere meglio, sapere e decidere. Ci sono i
momenti della tentazione in cui, da soli, non ce la facciamo:
rivolgiamoci dunque allo Spirito, è lui la potenza infinita di
Dio!
Ci sono i momenti del tedio, della pesantezza e della croce:
lo Spirito è il “Consolatore “. Gesù lo ha
presentato così, invochiamolo dunque così. Ci sono i
momenti della debolezza e del peccato; lo Spirito è la
santità, è la forza che ci è data per
riprenderci, per avere buona volontà. Ci sono i momenti in cui
un fratello ha bisogno di noi, dalla nostra parola può
dipendere un orientamento nuovo per la sua vita. E’ il momento
specifico dello Spirito.
Prima di rispondere consultiamo lo
Spirito, invochiamo lo Spirito, mettiamoci in sintonia con la sua
volontà e i suoi desideri.
L’Eucaristia è solo
in chiesa, ma lo Spirito è presente a noi in qualunque posto,
in ogni situazione e in qualunque tempo; è pronto a darsi a
noi in qualunque momento, pronto a venirci incontro ed essere portato
in qualunque luogo, davanti a qualunque personaggio. Basta la
preghiera: a una preghiera ardente e sincera lo Spirito risponde
sempre.
Lo Spirito non ha bisogno di formule per essere
invocato. La formula brevissima di Gesù è completa:
Padre per Gesù, dammi il tuo Spirito Santo! Basta un pensiero:
allo Spirito non occorrono molte parole. Basta un semplice atto di
fede e lo Spirito è accanto a noi per aiutarci.
Per
chi?
Lo Spirito è a disposizione nostra e di tutti. Quanto
spesso altri fratelli hanno bisogno del nostro aiuto! invocando su di
loro lo Spirito diamo loro veramente tutto, che cosa potremmo dare di
più?
Non riusciamo ad aiutare una persona? Ma perché
affannarci a persuadere? Non si arriva più presto allo scopo
se imploriamo su quella persona lo Spirito Santo? Abbiamo una persona
amica che sta battendo una strada sbagliata? Non riempiamo la sua
testa con prediche: c’è una cosa molto più
intelligente da fare, imploriamo su di lei lo Spirito. Imploriamo lo
Spirito su una persona con cui non riusciamo a collimare, forse lo
Spirito ci illuminerà sui nostri torti.
Imploriamo lo
Spirito su chi ha cattive abitudini: è una forza nuova che gli
comunichiamo e che può entrare in azione in modo determinante.
Imploriamo lo Spirito su chi ha importanti responsabilità.
Imploriamo lo Spirito quando una persona ha bisogno di noi, avremo
più luce a capire e ad aiutare. Imploriamo lo Spirito su chi
parla in un’assemblea e su chi ascolta.
Imploriamo lo
Spirito sul Capo della Chiesa e sui Vescovi. Imploriamo lo Spirito
sui giornalisti e sui politici. Imploriamo lo Spirito su chi manovra
il mondo economico. Imploriamo lo Spirito sugli uomini di scienza e
sugli artisti. Imploriamo lo Spirito su chi gestisce i mass-media.
Implorare lo Spirito sveglia spesso in noi il senso della
collaborazione e ci forma alla corresponsabilità, spesso ci
matura alla comprensione dei compiti difficili degli altri e spezza i
nostri giudizi troppo facili ed affrettati.
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