MaM
Messaggio del 25 dicembre 2010:Jakov ha detto: La Madonna mi ha parlato dei segreti e alla fine ha detto: pregate, pregate, pregate.

Chiedere la preghiera di domanda e di intercessione

03/07/2016    7288     Imparare a pregare     Preghiera 
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Gesù ha detto delle cose assolutamente straordinarie sulla preghiera di domanda e di intercessione. Le promesse di Gesù sulla preghiera di domanda sono grandiose, uniche e così forti che ad un esame non sufficientemente profondo paiono persino esagerate.
Inoltre non si tratta di poche frasi sparse qua e là per il Vangelo. No, c’è tutta una completa teologia della preghiera di domanda e di intercessione, nei Vangeli c’è un tessuto completo di dottrina intrecciato con fatti ben precisi che convalidano l’insegnamento di Cristo.
Possiamo raggruppare in sette punti gli insegnamenti di Cristo sulla preghiera di domanda e di intercessione.

PREGARE CON FEDE

Gesù chiede prima di tutto la fede. A chiedere siamo tutti capaci, ma è a chiedere con fede che non siamo capaci. Gesù dice:
Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete “.
(Mt. XXI, 22)
Esaminiamo con cura la promessa di Gesù. E’ importante vagliare bene le parole, ed è importante andare ai concetti di fondo che queste parole presentano.
Gesù insegna che la risposta di Dio è sicura quando c’è la preghiera piena di fede. E’ la fede la chiave della preghiera.
Chiedere con fede — insiste Cristo — perché è proprio quello che quasi sempre manca alla nostra preghiera. Noi chiediamo fin troppo! ma con troppa poca fede, qualche volta senza fede.
Se spediamo una lettera ci preoccupiamo moltissimo di mettere francobolli e indirizzo: tutti sappiamo che cosa accade alla nostra lettera se non mettiamo nè francobolli nè indirizzo. L’indirizzo leggibile e i francobolli sono l’elemento essenziale perché una lettera raggiunga il destinatario.
Ora, è la fede l’elemento essenziale. Chiedere non basta, come scrivere la lettera non basta. Occorre chiedere con fede. Questo è ciò che fa l’essenza della preghiera.
Gesù ribadisce con una tale insistenza in tutto il Vangelo l’importanza della fede quasi da stancarci, perché è proprio la fede l’elemento più difficile della nostra preghiera su cui purtroppo, con troppa frequenza, sorvoliamo. Per chiedere con fede non basta dir parole. Per chiedere con fede non bastano pochi minuti.
Per chiedere con fede ci vuole tutta una riflessione di fondo, tutta un’atmosfera di intimità con Dio. Per chiedere con fede ci vogliono convinzioni profonde su Dio e sulla nostra debolezza e impotenza. Per chiedere con fede ci vuole umiltà profonda.
Di qui comprendiamo perché Gesù parla tanto di preghiera di domanda: perché la preghiera di domanda — come ce l’ha insegnata Cristo — è una p0tente educazione alla fede. Suppone la fede ed educa alla fede. Chi si abitua ad eliminare dalle sue abitudini di preghiera le richieste fatte senza fede, per forza si forma alla fede. Gesù non poteva suggerire un mezzo così semplice e così perfetto per aprirci alla fede, un mezzo alla portata di tutti, santi e peccatori, asceti e principianti.
Gesù non è un teorico, Gesù sa dove vuole arrivare. La fede deve essere una strada che tutti possono battere: Gesù ci spalanca davanti una via che tutti possiamo percorrere fino in fondo se abbiamo un minimo di buona volontà. Gesù dice chiaro:
Tutto quello che chiederete con fede lo otterrete “.
Non mette limiti al successo della preghiera.
Gesù inserisce nel “Padre nostro” la preghiera per il pane quotidiano e, quando racconterà la parabola più bella della preghiera, l’amico importuno, parlerà di nuovo di un po di pane, poi del bambino che chiede un uovo e un pesce a suo papà, poi mostrerà l’onnipotenza della preghiera di fronte a qualunque malattia: la cecità, la lebbra, e di fronte a qualunque miseria morale.
Anche un delinquente, con la preghiera, si salva; l’ultima lezione sulla preghiera Gesù la dà sulla croce dove dà una risposta immediata al buon ladrone che prega per essere perdonato.
Gesù dice: “tutto “. Tutto significa tutto. Naturalmente nelle nostre necessità materiali ci sono dei settori In cui non saremo mai sicuri dell’esaudimento della nostra preghiera anche se è fatta con fede. Certe croci ci sono necessarie come il pane! E Dio che ci ama non risponde. L’ha fatto anche con Gesù quando, al Getsemani, ha chiesto di essere liberato dall’umiliazione della croce.
Ma ci sono settori immensi delle nostre necessità in cui sappiamo con certezza che Dio ci vuole esaudire se preghiamo con fede. Lo vuole più intensamente di quel che lo vogliamo noi, come: guarire dai mali dello spirito, da cattive abitudini, da negligenze gravi e inveterate, dalla pigrizia, dall’egoismo, dall’orgoglio, uscire, insomma, dai nostri peccati.
Siamo responsabili se mettiamo limiti all’onnipotenza di Dio, perché Cristo ce l’ha vietato. Le sue parole sono chiarissime e Marco aggiunge un particolare prezioso per capire quando è che chiediamo veramente con fede: Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo (già) ottenuto e vi sarà accordato “.
Chiedere con fede è comportar5i con Dio come con un papà, facendo piazza pulita di ogni titubanza, perché un papà è... un papà!(Mc. XI, 24)

Il “test” è arduo!

Quando fu chiesto a Catherine Chulman, la grande guaritrice, come si faceva a chiedere con fede una guarigione, rispose così:
“Non bisogna guardare al vostro male, ma a Dio! Alzate lo sguardo a Dio, non immergetelo nel vostro male! Quasi sempre noi non abbiamo fede perchè il centro della nostra attenzione, quando chiediamo, non è affatto Dio, ma il nostro problema. Se il problema per cui preghiamo diventa più importante di Dio, allora è quasi sicuro che la nostra fede vacilla “.

George Miiller racconta questa storiella: un ragazzo camminava per una strada con un grosso bagaglio. Vide passare un carretto vuoto, si fece coraggio e chiese al conducente di salire. Il brav’uomo accettò. Dopo un po di strada il ragazzo pensò:
il padrone del cavallo è stato così buono con me che io non voglio stancargli troppo il cavallo. Allora, senza scendere, si mise sulle spalle il grosso fagotto che aveva...
Mùller dice che sovente, quando abbiamo affidato a Dio un problema, noi ci comportiamo scioccamente così! Continuiamo a portare il peso del nostro fardello sulle spalle.
No! Un problema affidato a Dio non va più toccato, questo è fede!
Quando pregate comportatevi come se aveste già ottenuto quello che avete chiesto e vi sarà dato.

PREGARE CON COSTANZA

Gesù ha detto:
Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto “
(Le. XI, 9)
La costanza è espressione di fede. Quando siamo costanti nel pregare, quasi sempre è perché che Dio ci può esaudire.
La costanza è espressione di speranza. Quando siamo tenaci nel chiedere, quasi sempre è perché speriamo che Dio risponderà. La costanza, quasi sempre, è espressione di buona volontà, quindi di amore. Ma qualche volta Dio ritarda a rispondere. I ritardi di Dio nell’esaudirci sono molto importanti perché maturano i problemi e ci maturano ai problemi, fanno crescere nell’umiltà e nell’abbandono in Dio, fanno tirar fuori la nostra parte di collaborazione nelle cose che chiediamo, ci danno spesso luce nuova sulle nostre responsabilità, ci allenano alla buona volontà, rafforzano la fede. Si racconta che Lutero aveva pregato tanto per la salute di un caro amico, Filippo Melantone. Vi sto che la malattia perdurava, si mise a pregare così: “Signore, io non posso più credere alla tua bontà e alla tua onnipotenza se tu non guarisci Filippo “. Il malato guarì, ma più di tutto aumentò la confidenza in Dio di Lutero e il suo abbandono in Lui.
Non è Do che ha bisogno di insistenza, siamo noi che ne abbiamo bisogno, per guarire appunto da ciò che impedisce a Dio di venirci incontro. Dobbiamo guarire dalla nostra superficialità nei problemi, dalla nostra irriflessione e dalla poca profondità della nostra fede. Sovente è dall’orgoglio che dobbiamo guarire: abbiamo bisogno di convincerci che siamo nulla senza Dio; spesso è solo Io scontro con la nostra impotenza che ci aiuta a guarire. L’amico importuno è la più bella parabola di Gesù sulla costanza nella preghiera.

CHIEDERE AL PADRE NEL SUO NOME

Gesù insiste nel far chiedere al Padre nel suo Nome. Gesù torna spesso su questo tema. Occorre certamente dargli importanza.
La Chiesa l’ha sempre fatto. Non c’è preghiera liturgica importante che non segua questo suggerimento dato da Gesù: rivolgere la preghiera al Padre nel nome di Gesù.
Ma è importante anzitutto chiederci qual è il significato esatto del pensiero di Gesù. Ecco i principali testi in cui Gesù insegna a pregare nel suo nome.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre mio nel mio ve lo conceda “. (Gv. XV, 16)

“In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre mio nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete ed otterrete perché la vostra gioia sia piena “. (Gv. XVI, 23)

In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio 1a farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualcosa nel mio nome, io la farò “. (Gv. XVI, 12)

...verrà il giorno in cui non vi parlerò più in similitudini... In quel giorno chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama poiché voi mi avete amato e avete creduto che io sono venuto da Dio “. (Gv. XVI, 25)

Dall’esame di questi testi e dal loro contesto si può dedurre che pregare nel nome di Gesù può avere questi significati: con la forza di Gesù, per comando di Gesù, per l'autorità di Gesù, nella persona di Gesù, inseriti in Gesù, rivestiti di Gesù, per la mediazione di Gesù. Perché questa importanza di pregare nel nome di Gesù è sempre stata capita dalla Liturgia e noi, invece, facciamo fatica a capirla e siamo così poco abituati a seguire questo consiglio di Cristo quando preghiamo? C’è certamente di mezzo la nostra grande ignoranza e leggerezza.

Perché siamo fratelli e figli

Finché la realtà del Padre è una realtà tanto sfumata per noi, che si riduce ad una parola e niente più, è naturale che non capiremo il bisogno di pregare uniti a Gesù, inseriti in lui, nostro fratello.
Ma quando capiremo e vivremo l’insegnamento di Cristo che Dio ci è veramente padre e noi, per Gesù, siamo veramente figli, allora vedremo tanto logico presentarci a Lui come veri figli, uniti a Cristo, il Figlio unico, la gioia del Padre.

Quello che Cristo chiederebbe

In verità, in verità vi dico: se chiedete qualche cosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà “. (Gv. XVI, 23)
Dopo l’introduzione solenne, che ha il significato: “ve lo giuro! “, c’è una affermazione chiarissima di Cristo. Sembra quasi che Cristo voglia intendere: “Su, provate, vedrete l’efficacia, vedrete la potenza di pregare nel mio nome, uniti, incorporati a me “.
La prima cosa che balza all’evidenza è questa:
pregare il Padre uniti, incorporati a Cristo esige anzitutto profondità di rapporto con Cristo e ciò fa già escludere ogni leggerezza e futilità dalla nostra richiesta.
Uniti, incorporati a Cristo significa almeno questo: avere la mentalità di Cristo, avere le visuali di Cristo, avere l’amicizia di Cristo e quindi chiedere quello che Cristo chiederebbe, non altro, e chiedere come Cristo lo chiederebbe.
Ecco perché è tanto efficace la preghiera al Padre nel nome di Gesù, perché è come dire: “Padre, ti prego con la bocca di Cristo, col cuore di Cristo, col pensiero di Cristo, con la confidenza di Cristo “.

La prima conclusione da trarre allora è questa:
per pregare il Padre nel nome di Gesù occorre tanta interiorità, non è un gioco di parole.
Finora non avete chiesto nulla nel mio nome, chiedete... “.
(Gv. XVI, 24)
E’ proprio una novità che ci ha portato Cristo. Potremmo dire, è ciò che fa “cristiana” la preghiera.
I non cristiani pregano soli, noi no, mai! Noi, quando preghiamo, siamo sempre sprofondati in Cristo e uniti, attraverso Cristo, a tutti gli uomini di buona volontà. Per questo, quando Cristo ci mette sulle labbra il “Padre nostro “, fa dire una preghiera tutta al plurale.
Dobbiamo renderci conto della novità portata da Cristo e vivere la preghiera nuova, di marca “cristiana “. Gesù ci invita a sperimentare. Ubbidiamogli dunque. Confrontiamoci con una preghiera che viene dalla nostra solitudine e poi con la preghiera unita e radicata completamente in Cristo e capiremo la differenza abissale, assoluta che c’è tra le due preghiere: sono come due mondi opposti.

Perchò la vostra gioia sia piena

Chiedete ed otterrete, perché la vostra gioia sia piena “.(Gv. XVI, 24)
Gesù sembra dire: è per effondere sulla terra una gioia piena che sono venuto ad insegnare un modo nuovo di pregare. Perché Cristo è molto interessato al problema della nostra gioia, al problema della felicità dell’uomo. Il peccato è il primo ladro della nostra gioia. L’egoismo, l’orgoglio, la debolezza, le abitudini sbagliate, ecco le grandi, continue insidie della nostra gioia. Bene, ci dice Cristo, provate a pregare nel mio nome: voi farete piazza pulita di tutte le miserie che amareggiano nel profondo la vostra vita.
Naturalmente, allora, viene da chiederci se è veramente la soluzione radicale dei nostri problemi il pregare nel nome di Gesù.
Forse Gesù allude a qualcosa di più profondo, che alla prima lettura non appare. Sì, Cristo, dicendoci di pregare nel suo nome, forse intende dire:
pregate come vi ho insegnato io e con me, poi vedrete l’efficacia della vostra preghiera. Chiedete, otterrete!

Insomma, ancora una volta Gesù ribadisce che la preghiera può tutto: non è questa la massima gioia per l’uomo sapere che non esistono problemi insuperabili per lui, perchè la potenza di Cristo è a sua continua disposizione attraverso la preghiera fatta con lui?

Potenza della fede

Anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi “. (Gv. XIV, 12)
La Fede rivoluzionerà il mondo. Il destino che è davanti all’uomo è straordinario: con la fede l’uomo sarà capace di superare persino ciò che ha fatto Cristo.
Sì, lo intravediamo già! Con la fede gli uomini hanno portato la salvezza ben più lontano di quello che era riuscito a fare Cristo, ad entrare in ambienti ben più ostili del mondo giudaico, a giungere a certi popoli che Cristo, in vita, non nominò mai, ad entrare e a rivoluzionare intere civiltà.
Con la fede, per la fede milioni di martiri han dato la vita mentre, al suo tempo, Cristo solo si era sacrificato e tutti gli intimi erano fuggiti. Con la fede sono stati fatti sulla terra miracoli ben più grandi e di proporzioni ben più vaste dei miracoli operati da Cristo nella Palestina: basti pensare a tutti i movimenti di carità che sono nati nella storia dopo Cristo.
E sarà sempre così... perché chi crede in Cristo ha la promessa di Cristo di fare anche di più di Cristo. Perché? “Perché io vado al Padre “. Perché attraverso la sua risurrezione Cristo ora è qui vivo e operante in tutti gli angoli della terra, operante in qualunque situazione umana. E’ sempre a disposizione dell’uomo, se l’uomo lo vuole: “qualunque cosa chiederete, la farò “.

Chiedere anche a Cristo

Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò “. (Gv. XIV, 12)
Qui, “nel mio nome” ha certamente una sfumatura in più che bisogna scoprire. Qui, probabilmente, intende dire: qualunque cosa chiederete a me, basandovi sulle mie promesse e ubbidendo a ciò che vi ho insegnato sulla preghiera, io la farò. E perché la realtà fosse ben avvertita, Gesù ribadisce una seconda volta: “Se chiederete qualcosa a me, ne.? mio nome, io la farò “.
Chiedere a Cristo è come chiedere al Padre, insegna Gesù. Ma occorre chiedere come ha insegnato Cristo. Sembra che Gesù alluda soprattutto alla fede, infatti tutto il contesto è sulla fede.
In parole povere Gesù forse ci vuol dire: se mi pregherete poggiandovi su quello che vi ho insegnato, state certi, risponderò. Vi ho dato garanzia che se pregate con fede, il Padre risponderà: perciò quando mi pregate con fede, anch’io risponderò prontamente. E la mia risposta sarà la gloria del Padre, il Padre sarà felice di questa intimità profonda tra me e voi.

Il nulla-osta di Cristo

Chiedere nei nome di Gesù implica certamente ancora un altro significato. Prima di presentare al Padre le nostre richieste dobbiamo premunirci di avere un nulla-osta, quello di Cristo.
Ci sono richieste a cui ben difficilmente Cristo darebbe il suo consenso. Ci sono invece problemi che stanno tanto a cuore a Cristo, che Cristo sarebbe disposto a firmarli col suo sangue. Quando, in una richiesta al Padre, sono sicuro dell’appoggio incondizionato di Cristo, allora devo partire con una fede che infrange le montagne.
Abituiamoci a scandagliare le nostre preghiere così: Cristo chiederebbe questo per me? con me? Cristo approverebbe, passerebbe la mia preghiera?
Dà grande slancio di fede la consapevolezza di pregare secondo il cuore di Cristo. Ci sono poi problemi su cui Cristo ha tanto insistito, come l’unità della Chiesa, la carità tra di noi: allora presentiamoli al Padre quasi come delegati di Cristo.
Così Cristo non darebbe il suo nulla-osta quando chiediamo senza collaborare seriamente con Dio, senza fare la nostra parte: come approverebbe Cristo la richiesta di liberarci da una cattiva abitudine o da un vecchio difetto quando noi non alziamo un dito per combatterlo?
Cristo non mette il nulla-osta sulle preghiere magiche, Cristo lo mette solo sulle preghiere responsabili.

PERDONARE PRIMA DELLA PREGHIERA

Gesù ci chiede di presentarci al Padre col cuore limpido. La preghiera è l’amore di Dio che ci tocca, ma se il nostro cuore non è a posto con la carità, Dio non può raggiungerci. E allora Gesù ha dettato una regola importante prima della preghiera. Due sono i testi che contengono questo insegnamento chiaro di Cristo: Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa Contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati “.
(Mc. XI, 25)
Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono “. (Mt. V, 23)

Gesù insegna esplicitamente che il perdono va concepito come introduzione alla preghiera, quasi volesse intendere: indossate prima l’abito della Carità. Sì, perché quando siamo fuori della carità, abbiamo perduto il vestito di Dio. Non ha detto che è la carità la divisa, il segno del cristiano?
Non dobbiamo osare presentarci a Dio con la carità a brandelli. Gesù ci ha ammoniti di non farlo. E’ come un rituale di corte, di una importanza pratica eccezionale, perché è un rituale che, invece di esaltarci, ci tira giù dalle nuvole e ci fa camminare coi piedi per terra. E’ un rituale che, invece di segregare e creare una “noblesse “, fa andare verso i fratelli, quasi ad insinuarci che i fratelli sono prima di Dio, sono preziosi e importanti come Dio.
Se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate! “.
Non pare così semplice come Cristo ce lo comanda. Eppure Cristo lo comanda come una cosa ovvia di cui dovremmo renderci conto prontamente.
Evidentemente Gesù parla qui di un torto avuto e dice chiaro di dimenticare, di passarci sopra, di perdonare. Non è facile! Esige riflessione, esige calma, esige buona volontà, esige un cuore buono e generoso. Sovente la nostra difficoltà a perdonare viene da un errore grossolano che facciamo: noi spesso confondiamo il “sentire” col “volere “.
Gesù Cristo non si sogna di chiederci di “non sentire “le offese: è Dio che ci ha fatti sensibili, ma Gesù parla di volontà di perdono. La volontà di perdono la possiamo comandare sempre, la sensibilità no; la volontà di perdono è sempre possibile, la sensibilità ferita non rimargina sempre e in tutti con facilità e prontezza. Forse c’è un segno quando abbiamo veramente perdonato: quando siamo pronti a rispondere a chi ci ha feriti facendogli del bene. Quando, potendogli fare un piacere, non esitiamo nel farlo. Quando siamo capaci a controllare la lingua se parliamo di quella persona. Quando siamo capaci nel segreto, di implorare su di lui la benedizione di Dio. Se siamo capaci di fare tutto questo, abbiamo veramente perdonato, possiamo quindi accedere alla preghiera. Perché anche il Padre vostro perdoni a voi... “.
La preghiera è esperienza dì Dio, è un accogliere il suo amore. Chi non ha la carità, non ha il necessario per accogliere il suo amore: non possiamo attingere ad una sorgente se non abbiamo nulla, nemmeno le mani per attingere.
Se presenti la tua offerta.., lascia lì il tuo dono... “.
E’ proprio lo stesso pensiero di Cristo che continua: prima della preghiera Cristo ci ordina di avere l’abito di decoro, la carità.
E’ bella la tradizione della Chiesa che, prima dell’Eucaristia, ha sempre voluto il rito penitenziale e che proprio prima dell’incontro personale con Cristo, alla comunione, vuole il rito della pace tra fratelli.
Ma è necessario che non sia un pro-forma, è necessario vietarci di far teatro. Il rito penitenziale, in linea col pensiero di Cristo, deve veramente purificarci da tutti i peccati contro la carità. Ma un esame serio della nostra carità non si improvvisa. C’è troppo rischio, al rito penitenziale, di fare un atto farisaico. E allora il rito penitenziale si fa prima, in privato, prima di avviarci alla Messa.

“Lascia lì l’offerta... “.
Cioè: “non avere nessuna premura, intanto non me ne faccio nulla della tua Messa “ sembra dirci Cristo. C’è un’altra Messa che ti attende prima di tutto: prima celebra la Messa col tuo fratello, da’ a lui quello che gli devi dare, il tuo amore, poi vieni a fare l’altra Messa, quella con me, che è molto più semplice. La prima Messa, l’amore al fratello, è il segno che la seconda Messa, l’amore a Dio, è valida. “Se tuo fratello ha qualcosa contro di te... “.
Siamo ad un altro caso differente dal primo:
prima si parlava di torto ricevuto, qui c’è un torto che hai fatto, che devi assolutamente togliere di mezzo prima di accostarti a Dio.
Se mettessimo in pratica questi insegnamenti così semplici, così vitali di Cristo, come sarebbe bella la nostra vita! come sarebbe vero il nostro rapporto con Dio! come sarebbe forte ed efficace la preghiera! Ma noi, queste norme sapienti di Cristo prima della preghiera, le abbiamo buttate alle spalle, non diamo loro importanza e allora la nostra preghiera continua ad essere farisaica, perciò inefficace, allo Come sarebbe importante che infilassimo nel nostro libro di preghiera la nostra “lista nera “. La lista nera” di tutte le persone con cui abbiamo qualche ruggine o che noi abbiamo danneggiato e poi, prima dell’Eucaristia, fosse quella la nostra prima devozione prima di ogni altra ‘devozione: dare uno sguardo alla lista nera e cancellarla tutta. Come cambieremmo nel cuore se ci abituassimo a guardare in faccia la nostra realtà ogni giorno, le nostre durezze, i nostri egoismi! Si deve confessare che Cristo è veramente un grande maestro dell’uo.. ra non possiamo mai sperimentare lino in fondo la potenza della preghiera come ce l’ha presentata Gesù. mo!

PREGARE CON GLI ALTRI E PER GLI ALTRI

Gesù ha solo insegnato a pregare al plurale. La preghiera-modello del “Padre nostro” è tutta al plurale. E’ curioso questo fatto: Gesù ha esaudito tante preghiere fatte al “singolare “, ma quando lui insegna a pregare ci dice di pregare “al plurale “.
Ciò significa, forse, che Gesù accetta questo nostro bisogno di gridare a lui nelle nostre personali necessità, ma ci avverte che è preferibile andare sempre a Dio coi fratelli.
A motivo di Gesù che vive in noi e in cui viviamo, noi non esistiamo più da soli, siamo individui responsabili dei nostri atti personali, ma portiamo in noi anche la responsabilità di tutti i fratelli. Tutto il bene che è in noi, in gran parte lo dobbiamo agli altri. Cristo perciò ci invita a mitigare il nostro individualismo nella preghiera. Pregare con gli altri e pregare per gli altri, prendere a cuore i bisogni dei fratelli e insieme rafforzare la nostra preghiera individuale con la preghiera dei fratelli: questo pare un insegnamento specifico di Cristo sulla preghiera.
Finché la nostra preghiera è tanto individuali- sta, ha poco contenuto di carità, perciò ha poco sapore cristiano. E’ una gioia grande la preghiera purificata da ogni egoismo, ma forse è anche utile precisare che esistono problemi individuali che hanno una incidenza troppo profonda sugli altri: per questi problemi Dio vuole certamente che preghiamo.

La carità, la vittoria sul nostro orgoglio, il dominio sul nostro egoismo sono problemi che scottano e pesano molto sulla vita degli altri. Su questi problemi occorre pregare con molta fede e molta costanza. Ma forse una cosa da imparare è proprio questa: l’urgenza di farci aiutare nella preghiera dai fratelli.
Una strana promessa è quella contenuta nel capitolo XVIII dì Matteo:
“In verità vi dico: se due di voi, sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro “. (Mt. XVIII, 19)
Gesù ci ha svelato la potenza della preghiera di gruppo. Il gruppo ha una potenza particolare di azione su di noi. Anche Gesù, nel momento più cruciale della sua vita, ha voluto gente con lui a pregare: al Getsemani sceglie Pietro, Giacomo e Giovanni perché stiano con lui a pregare.
Il gruppo ha una potenza particolare su Dio e Gesù ce ne dà il segreto: nel gruppo unito nel suo nome c’è anche lui presente che prega.

La Chiesa prega sempre al plurale.

La Chiesa non è per la preghiera individualista:
sull’esempio di Gesù tutte le sue preghiere sono al plurale. Questo esempio della Chiesa va molto considerato, infatti è lei la grande maestra della preghiera dopo Gesù.
Pregare per i fratelli e con i fratelli deve essere un segno marcato della nostra vita cristiana anche quando siamo soli a pregare. La Chiesa non sconsiglia affatto la preghiera individuale, infatti i momenti di silenzio che propone nella Liturgia, dopo le letture, dopo l’omelia, dopo la Comunione, stanno appunto ad indicare quanto le sta a cuore l’intimità di ogni fedele con Dio, ma il suo modo di pregare ci deve far decidere a mai isolarci dalle necessità dei fratelli: preghiera individuale sì, ma mai preghiera egoistica. Veniamo ora ai richiami personali e speciali di Cristo sulla preghiera per gli altri.
Cristo vuole che si preghi per la Chiesa, Lui l’ha fatto in modo speciale per Pietro: Simone, Simone, ecco, Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te che non venga meno la tua fede e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli “.
L’ha fatto per i Dodici insieme:
(Lc. XXII, 32)
Padre... io prego per loro.., per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Padre, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato perché siano una cosa sola come noi... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno “.
L’ha fatto per la Chiesa che sarebbe nata da loro, ha pregato per noi:
“Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me “. (Gv. XVII, 20)

Gesù inoltre ha dato un ordine preciso di pregare per l’incremento della Chiesa: Pregate il padrone della messe che mandi operai nella sua messe “. (Mt. IX, 38)

Quando pregate dite: Padre sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno “. (Lc. XI, 2)

Gesù ha comandato di non escludere nessuno dalla nostra preghiera, nemmeno i nemici: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori “. (Mt. V, 44)

“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno “. (Lc. XXIII, 34)

Occorre pregare per la salvezza del mondo. E’ il pensiero di Cristo. E’ il comando di Cristo: ha messo questa preghiera proprio nel “Padre nostro” perché fosse la nostra continua preghiera, “venga il tuo regno “. “Il mondo è disperato per mancanza di preghiera... come preghiamo per i poveri malati dobbiamo imparare a pregare per il mondo malato “. (Agnes Sanford)

I bisogni del mondo devono essere sempre presenti nella nostra preghiera. Pure, occorre confessarlo, i bisogni del mondo non ci colpiscono come ci colpisce una disgrazia o una malattia.
Che mezzo ci può aiutare per esserne più coinvolti? Agnes Sanford consiglia di pregare in modo appassionato per i responsabili dell’umanità che hanno in mano le sorti del mondo. Il motivo è questo: abbiamo bisogno di concretezza perché la nostra preghiera sia partecipata e viva; il concentrarla sui responsabili del mondo aiuta di più il nostro interesse e raggiunge veramente le necessità del mondo.

CHIEDERE IN OGNI NECESSITA’

Gesù non ha insegnato che per alcuni problemi e difficoltà possiamo pregare e per altri no. Gesù ha espressamente e ripetutamente insegnato che per qualunque problema possiamo pregare Dio ed Egli risponderà: Tutto quello che domandate nella preghiera abbiate fede di averlo (già) ottenuto e vi sarà accordato (Mc. XI, 24)

“Se due di voi... si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio ve la concederà “. (Mt. XVIII, 19)

Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio “. (Gv. XIV, 13)

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato “. (Gv. XV, 7)

Tutto quello che chiederete con fede nella preghiera lo otterrete “. (Mt. XXI, 22)

Vi ho scelti perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga: perché tutto quello che chiederete al Padre nel nome mio ve lo conceda “. (Gv. XV, 16)

Non si può negare che sono sconcertanti queste promesse di Cristo: non si possono mettere limiti alla potenza della preghiera. Noi saremo tentati di limitare l’ambito della preghiera alle cose spirituali, ma Cristo non la pensa affatto così.
Nel libro “Le lettere di Berlicche” di CS. Lewis il demonio-capo scrive questa raccomandazione al demonio-apprendista “Tizzone ardente” al riguardo di come comportarsi con una certa signora che amava molto la preghiera: “Senza dubbio è impossibile distogliere quella donna dal pregare, ma noi abbiamo inventato il modo per rendere innocua la preghiera. Fa’ così: cerca di rendere le preghiere molto spirituali, convincila che Dio si interessa solo delle cose della sua anima e non si interessa affatto dei suoi reumatismi... ». Sì, ha ragione Lewis, è forte la tentazione di relegare Dio sempre al di là delle nuvole e non permettergli di entrare nell’intimo delle nostre cose. Ma Gesù ci ha istruiti su Dio in un modo molto diverso.
Gesù sfida il razionalismo:
Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri (Lc. XII, 6)

Dio entra misteriosamente nell’intreccio della nostra vita e della nostra libertà. Secondo Gesù, Dio entra nei più piccoli dettagli della nostra esistenza: conta i capelli del capo!
Gesù non poteva essere più geniale nel coniare i suoi slogan della provvidenza. Sono parole che bisognerebbe portare sempre sul cuore e che bisognerebbe sperimentare con frequenza. Pregare per qualunque necessità come ci invita a fare Gesù è appunto far entrare nella verifica della nostra esperienza diretta il suo insegnamento sulla vicinanza di Dio a noi.
Guardate i gigli del campo... Se Dio veste così l’erba del campo che oggi c’è e domani si getta nel fuoco, quanto più voi, gente di poca fede “.
(Lc. XII, 28)
Dio tesse il vestito al giglio.., e Dio tesse la nostra vita. Gesù aggiunge: Dio si interessa tanto del giglio.., che vale poco al confronto di voi! immaginate la cura che ha di voi? La presenza di Dio permea tutti i nostri atti e noi viviamo da incoscienti.
Dobbiamo imparare a far entrare Dio nei meandri della nostra vita e sconfiggere il nostro stupido razionalismo. E’ difficile, si capisce, perché dobbiamo lottare contro noi stessi, dobbiamo vedere ciò che non vediamo, sentire ciò che non sentiamo, dobbiamo credere. Eppure Gesù ci comanda di fare esperienza della vicinanza di Dio attraverso la preghiera fiduciosa su tutti i nostri problemi.
Sì, è duro per il nostro razionalismo dar credito a ciò che Cristo ci ha insegnato sulla preghiera. Ma Cristo l’ha insegnato! I santi spesso hanno fatto cose portentose proprio perché hanno accettato ciecamente l’insegnamento di Gesù. Ma Gesù non ha parlato per i santi, ha proprio parlato per la gente di poca fede, cioè per noi. Dunque sperimentiamo almeno se Gesù ha ragione o no. Verifichiamo le parole di Cristo attraverso la preghiera fiduciosa. Non ci costa nulla, siamo noi soli a guadagnare.
Vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo di quel che indosserete “.
(Mt. VII, 25)

...Non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo, ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno “.
(Lc. XII, 29)
Non affannarsi! Non stare in ansia! Dio è padre e ci è vicino in ogni più piccola necessità. Quale padre tra voi se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? o se gli chiede un pesce gli darà una serpe? o se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? “.
(Lc. XI, 11)

Gesù insinua: volete forse pensare che Dio sia meno di un buon papà? Chiedete e vi sarà dato! “.
(Lc. XI, 9)

Sì, sperimentiamo la vicinanza di Dio. E allora capiremo anche la profondità della pedagogia di Cristo: Gesù vuole esercitarci nella fede, svegliarci alla fede, farci crescere nella fede.

La preghiera fiduciosa è il polmone che fa respirare la fede: ci fa vivere accanto a Dio e fa vivere Dio accanto a noi, ci sveglia alla sua presenza. Ci apre ad un rapporto affettuoso, cioè vero, concreto. Noi abbiamo bisogno di far camminare la fede, di tirarla giù dalla stratosfera: la preghiera fiduciosa a Dio per tutte le nostre necessità e preoccupazioni fa proprio questo, fa entrare la religione nei meandri della nostra vita, la fa passare dal teorico al pratico e ci dà sicurezza e felicità.
E’ per risolvere i problemi fondamentali dell’uomo che Gesù ha insegnato a pregare. Chi impara a pregare impara a vivere “. S. Agostino).

CHIEDERE LO SPIRITO

Si potrebbe dire che tutto ciò che Cristo insegna sulla preghiera di domanda e di intercessione culmina in una vetta: Cristo insegna a chiedere al Padre la cosa più straordinaria, insegna a chiedere la somma di tutti i beni, il Bene infinito, lo Spirito Santo.
Qua! padre tra voi se il figlio gli chiede un pane gli darà una pietra? o se gli chiede un pesce gli darà al posto del pesce una serpe? o se gli chiede un uovo gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”
(Lc. XI, 11)
Rispondiamo anzitutto ad un problema di impostazione: possediamo già lo Spirito Santo o non lo possediamo? Se lo possediamo, perché lo dovremmo chiedere?
E’ certo che in noi, per il Battesimo e la Cresima, vive lo Spirito Santo, ma in noi e su noi agisce veramente? E’ accertabile dai nostri atti che siamo posseduti” dallo Spirito Santo? Che siamo “tempio vivo” dello Spirito? Noi, cristiani battezzati e cresimati, in che cosa differiamo dagli altri uomini? Ecco il punto. Basta un minimo di sincerità e dobbiamo dire: viviamo spesso come tutti gli altri, pensiamo come tutti gli altri, parliamo come tutti gli altri; la nostra vita è molto pagana e ben poco segnata dalla presenza dello Spirito, Ecco allora perché Gesù ci invita ad implorare dal Padre lo Spirito. Il linguaggio umano non si esprime con precisione, quasi certamente Gesù intende farci chiedere di aprirci allo Spirito che vive in noi, di ubbidire allo Spirito, di lasciarlo esprimere in noi profondamente perché lo Spirito è il principale movente della nostra vita: che Egli possa così - prendere possesso a poco a poco dei nostri pensieri, delle nostre parole e delle nostre azioni e noi possiamo così diventare in tutto degli esseri non più mossi dalla carne, ma mossi dallo Spirito.

Noi i padroni

Le parole di Cristo ci aprono anzitutto a questa realtà: siamo noi i responsabili del dono di Dio, noi possiamo avere lo Spirito o chiuderci a lui, possiamo dire di sì o dire no, possiamo dare “via libera” allo Spirito in noi o soffocare la sua azione.
E’ Dio che ci ha voluti così grandi. E’ una responsabilità che da le vertigini, ma è un grandissimo dono, perché è proprio per questo che noi abbiamo la capacità di amare. E’ per il dono della nostra libertà che noi siamo figli veri, creature cioè che amano veramente con tutta la potenza della loro volontà, creature che scelgono Dio mentre potevano non sceglierlo.
Siamo noi i “padroni dello Spirito “: l’espressione è talmente paradossale che pare persino offensiva, ma Dio ha fissato Lui questo tremendo privilegio: di poterci aprire allo Spirito e di poterlo rifiutare.
Gesù poi ha specificato con precisione il mezzo per dire sì allo Spirito: la preghiera. Ciò significa che in qualunque tempo, in qualunque situazione noi possiamo liberamente ottenere questo dono immenso di Dio.
E’ importante questo: possiamo commettere qualunque errore, ma il possedere o no lo Spirito è in mano nostra, dipende dalla nostra preghiera. Gli uomini possono privarci di tutto, ma nessuno potrà mai privarci della preghiera e con la preghiera noi abbiamo sempre tutto, perché abbiamo Dio, abbiamo lo Spirito. Possono esserci situazioni catastrofi- che intorno a noi, ma nessuna catastrofe ci toglierà mai la possibilità di pregare, quindi la possibilità di possedere Dio.

Avere tutto

Possedendo lo Spirito possediamo tutto, perché possediamo Dio; chiedendo lo Spirito chiediamo tutto, perché chiediamo Dio. Non esiste un’altra preghiera di ampiezza così smisurata come questa.
Abbiamo bisogno di umiltà? Chiediamo lo Spirito, è ben più che chiedere l’umiltà: è avere il costruttore di tutta la vita cristiana in noi. Abbiamo bisogno di carità? Chiedere lo Spirito è chiedere ben di più della carità: lo Spirito è la carità infinita personificata. Siamo fiacchi nella preghiera? Sentiamo che dovremmo chiedere più amore alla preghiera? Ma chiedere lo Spirito è chiedere nient’altro che il maestro in persona della preghiera. Non c’è preghiera che possiamo rivolgere al Padre così profonda come il chiedere lo Spirito.
Quando? Come? Dove?
In qualsiasi momento la preghiera è possibile, perciò in qualsiasi momento possiamo avere accanto a noi lo Spirito. Ci sono momenti molto gravi nella vita in cui si decide tutta la nostra esistenza; sono quelli i momenti privilegiati in cui possiamo avere accanto a noi Io Spirito per vedere meglio, sapere e decidere. Ci sono i momenti della tentazione in cui, da soli, non ce la facciamo: rivolgiamoci dunque allo Spirito, è lui la potenza infinita di Dio!
Ci sono i momenti del tedio, della pesantezza e della croce: lo Spirito è il “Consolatore “. Gesù lo ha presentato così, invochiamolo dunque così. Ci sono i momenti della debolezza e del peccato; lo Spirito è la santità, è la forza che ci è data per riprenderci, per avere buona volontà. Ci sono i momenti in cui un fratello ha bisogno di noi, dalla nostra parola può dipendere un orientamento nuovo per la sua vita. E’ il momento specifico dello Spirito.
Prima di rispondere consultiamo lo Spirito, invochiamo lo Spirito, mettiamoci in sintonia con la sua volontà e i suoi desideri.
L’Eucaristia è solo in chiesa, ma lo Spirito è presente a noi in qualunque posto, in ogni situazione e in qualunque tempo; è pronto a darsi a noi in qualunque momento, pronto a venirci incontro ed essere portato in qualunque luogo, davanti a qualunque personaggio. Basta la preghiera: a una preghiera ardente e sincera lo Spirito risponde sempre.

Lo Spirito non ha bisogno di formule per essere invocato. La formula brevissima di Gesù è completa: Padre per Gesù, dammi il tuo Spirito Santo! Basta un pensiero: allo Spirito non occorrono molte parole. Basta un semplice atto di fede e lo Spirito è accanto a noi per aiutarci.

Per chi?
Lo Spirito è a disposizione nostra e di tutti. Quanto spesso altri fratelli hanno bisogno del nostro aiuto! invocando su di loro lo Spirito diamo loro veramente tutto, che cosa potremmo dare di più?
Non riusciamo ad aiutare una persona? Ma perché affannarci a persuadere? Non si arriva più presto allo scopo se imploriamo su quella persona lo Spirito Santo? Abbiamo una persona amica che sta battendo una strada sbagliata? Non riempiamo la sua testa con prediche: c’è una cosa molto più intelligente da fare, imploriamo su di lei lo Spirito. Imploriamo lo Spirito su una persona con cui non riusciamo a collimare, forse lo Spirito ci illuminerà sui nostri torti.
Imploriamo lo Spirito su chi ha cattive abitudini: è una forza nuova che gli comunichiamo e che può entrare in azione in modo determinante. Imploriamo lo Spirito su chi ha importanti responsabilità. Imploriamo lo Spirito quando una persona ha bisogno di noi, avremo più luce a capire e ad aiutare. Imploriamo lo Spirito su chi parla in un’assemblea e su chi ascolta.
Imploriamo lo Spirito sul Capo della Chiesa e sui Vescovi. Imploriamo lo Spirito sui giornalisti e sui politici. Imploriamo lo Spirito su chi manovra il mondo economico. Imploriamo lo Spirito sugli uomini di scienza e sugli artisti. Imploriamo lo Spirito su chi gestisce i mass-media. Implorare lo Spirito sveglia spesso in noi il senso della collaborazione e ci forma alla corresponsabilità, spesso ci matura alla comprensione dei compiti difficili degli altri e spezza i nostri giudizi troppo facili ed affrettati.